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MARIA DI BORIO
L'INTIMA GIOIA
LETTERE
QUARTA EDIZIONE
TORINO -GENOVA
S. LATTJt^S d f ., Editori
LIBRAI DELLA REAL CASA
L'INTIMA GIOIA
DELLO STESSO AUTORE:
L'AMICA - Romanzo
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LE MEMORIE DI UNA SOVRANA
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Un voi. in-i2° — Lire TRE
I
MARIA DI BORIO
V
'INTIMA GIOIA
LETTERE
QUARTA EDIZIONE
TORINO-GENOVA
S. LATTES & C. - Bditori
LIBRAI DELLA REAL CASA
órì-z
15
PROPRIETÀ LETTERARIA
Torino, 1921 — Coi tipi dello Stab. Grafico Ditta Eredi Botta.
Donne, da uoì non poco
La Patria aspetta
LEOPBRDI.
j/ìlle mie giovarli amictje,
Questo libro è per voi.
Vorrei essere riuscita a trasfondere in essa
tutto V anelito del mio cuore acceso dinanzi alla
visione di gioia che può dare la vita, interpretata
con l'amore del bene.
Ma chi sa quante donne, fra quelle che già
conoscono il disinganno e il dolore, leggendo
queste pagine, specie quelle sul matrimonio e
sull'awMre, esclameranno con un amaro e scet-
tico sorriso:
Che illusione!
E anche a voi, sorelle Tuie nel dolore, vada
la mia parola — forse la più fremente e com-
mossa!
Da voi e per voi, per ciò che avete sofferto
e sopportato in silenzio, per tutto ciò che avete
sognato e non avete raggiunto mai, per tutti i
gridi di ribellione e di sdegno che avete soffo-
cati, per tutte le lagrime che avete versate, e
per tutte quelle che avete ricacciate in fondo al
cuore,,, da voi e per voi deve sorgere la fede in
un tempo in cui, sin dalla giovinezza, fatta la
donna più conscia e più sicura della sua alta mis-
sione, sappia, nella famiglia, creare la Scuola,
onde escano uomini e donne degni veramente
di conoscere e di dare l'amore.
No, sorella, queste pagine non sono il sogno
d'una utopista, ma il frutto d'un cuore, che,
sebbene provato, non è disamorato, sebbene ras-
segnato al soffrire, non è infiacchito, sebbene
ferito, non è esausto, non è spento, è anzi come
una torcia infiammata, che passa sicuramente
a traverso tutti i contrasti, tutto il dolore, e sale
verso la gioia che è la Bontà,
Maria di Borio.
LETTEEA I.
Mariolo Graneri a sua Madre.
già la chiesa era piena zeppa, già
suonava l'organo, ma ancora le signore entra-
vano, entravano, e a furia di destrezza flessuosa,
s'inoltravano, scivolavano tra la folla, avvolte
nelle loro ricche pelliccio, seguite dai loro brevi
strascichi di velluto, di seta, e passavano cosi
serene e disinvolte dove nessuno sarebbe potuto
passare, secondo me; mai inquiete della folla,
calme, e affatto noncuranti, affatto inconscie
della grande musica dolorosa e commovente di
Lorenzo Porosi... La zia Celine ride della mia
meraviglia continuata, sia che mi conduca in
una chiesa, sia che mi conduca in un teatro...
1 — L'intima gioia.
2 —
Qui tutto scintilla, anche fuori, nelle vie, tra
la nebbia invernale. Scintillano i cristalli, le
luci, le vetrine, i gioielli delle signore. Qui tutto
è frastuono: campanelli di biciclette, campane
di trams, trombe di automobili. Che differenza
dal quieto nostro paese!
Ma la novità è abbastanza attraente, e poi
la nonna mi dimostra tanto piacere di avermi
seco, è così affettuosa, mi colma di tante bontà,
che davvero avrei cattivo garbo se mi lagnassi.
Mi porta fuori in carrozza, mi presenta a tutti
i parenti; la sera poi lavoriamo insieme, discor-
riamo del babbo, di te; qualch evolta ella ricorda
fatti del suo passato, rievoca care figure lon-
tane, mi avvedo insomma che la mia com-
pagnia le riesce gradita. Essa dice addirittura
che aveva bisogno di me, dacché la zia Celine
è diventata così elegante e mondana, è andata
a stare in una casa nuova in piazza d'Armi,
e viene di rado fin quaggiù.
Io abito appunto la stanzetta che aveva la
zia quand'era ragazza, e la nonna soggiunge
che le par proprio di aver ritrovato una figliuola,
e che tu sei una nuora impareggiabile, tu che
m'hai mandata qui.
A dirti il vero, io sto più volentieri con lei
che con tutti questi parenti; mi trovo un po'
— 3 —
a disagio fra queste signore eleganti, chiac-
chierine, affaccendate, esperte di tròppe cose
che io non conosco, io avvezza alla nostra sem-
plice vita di campagna.
Già non sapevo di avere tante zie, tante cugine !
A prima vista mamme e figliuole sembrano
tutte giovani e belle, a tal segno le acconciature,
le vesti, i cappelli le rendono seducenti. Ma, a
guardarle bene, le meno giovani, cioè le mamme...
appaiono poi sciupate, consunte dal tempo; e
non hanno la tua beiraria serena, mamma,
ed hanno qualcosa di arso, di avido nel volto,
una espressione di donne preoccupate, come se
stessero aspettando sempre qualcosa. Natural-
mente io, che non avevo nessunissima idea di
questa esistenza al galoppo, vibrante e febbri-
citante, io mi sento spesso un po' stanca, un
po' stonata, ma la zia Celine sempre ripete :
— Ah ! era tempo che mio fratello ti lasciasse
venire qui da noi, a incivilirti un poco!
E questo mi offende quasi, sebbene ella parli
ridendo.
Mi pare che, con una madre come te, solo
che io avessi saputo approfittare della tua pro-
fonda e delicata e sapiente parola, non mi
sarebbe mai occorso altro, per imparare a
vivere.
— 4 —
Ma tu riiai voluto, l'ha voluto il babbo ch'io
venissi qui, ed ora mi contento, e farò anche
di contentarvi.
Del resto Torino non mi dispiace, e l'acco-
glienza che mi fanno tutti questi congiunti non
potrebbe essere più lusinghiera per me. Carmen
e Silvia San Sebastiano vengono tutte le mat-
tine a prendermi colla loro Miss. Insieme si va
in giro per le vie principali, si va a far com-
pere; oh! quante compere, mamma! io non
sapevo che ci fosse sempre bisogno di tante
cose lassù al Chiostro ne occorrono meno,
assai meno. Mi piacerebbe poter parlare di più con
quella vecchia e buona miss Crieg; sai quanto
desideri di potermi esercitare nell'inglese,
me lo dicevi anche tu: — Ora hai bisogno
di scioglierti un po' la lingua. — Ma quella
benedetta Carmen vuol sempre parlar piemon-
tese, dice che fa più presto e Silvia poi non
ha che un pensiero : rifare tutti i versi a quella
povera vecchia, che essendo miope, non s'avvede
di nulla!
Le cugine Vettori stanno organizzando un
corso di disegno presso il maestro R. e vorreb-
bero ci andassi anch'io. Ma debbo pure com-
binare per le lezioni di musica; e poi mi pia-
cerebbe molto frequentare il ciclo di conferenze
— 5 —
storiche e letterarie che si terrà all'Istituto
Margherita Come vedi, se a tutto ciò aggiungi
il tempo che, secondo la zia Celine, mi toccherà
per forza perdere dalla sarta (la zia dice che
son vestita come una piccola montanara ma
la nonna in questo protesta, e dichiara invece
che le mie tuniche bianche sono molto carine),
potrai capire che le mie giornate volino.
E la beneficenza? Essa ci prende in mille
modi. Qui vi sono molti « ricreatorii > dove le
signorine vanno tutte le domeniche a insegnare
alle operaie un po' di francese, di disegno, di
ricamo. Poi ci sono le « vendite di carità », per
le quali bisogna lavorare; ci sono i concerti
di beneficenza, le recite di beneficenza
È in complesso una vita un po' farraginosa,
ripeto, ma dopo tutto essa non mi dispiace; seb-
bene non possa neanche dire che in tutto mi
appaghi. Forse perchè tu non sei qui? Sai
quante volte parliamo di te colla nonna? Essa
ti ama proprio come una figliuola
Le feci leggere la tua ultima lettera e allora
insieme ti abbiamo evocata, e tu sei venuta...
eri vicino a noi, cara mamma, colla tua figura
gentile, colla bontà del tuo sguardo, con la
delicata carezza della tua voce, di certe tue
intonazioni speciali, di quegli « ah ! » che dici
— 6 —
sobbalzando, fremendo, ritraendoti tutta come
una sensitiva, quando la tua finezza di gusti è
offesa da qualcosa che non sia bello, non sia
retto e sincero.
Vidi ieri Donna Adriana, che mi abbracciò più
volte colle lagrime agli occhi, e mi chiamò
anche, per isbaglio. Cristiana,,» mia cara Cri-
stiana!.,, Dunque ti somiglio, mamma? dunque
ella ha potuto, sia pure anche solo per un
momento, scambiarmi per te, l'amica diletta,
non mai dimenticata, sempre desiderata sovra
tutte le amiche?... Donna Adriana mi piacque
tanto, e volentieri sarei stata con lei Finterò
pomeriggio; ma la zia Còline volle condurmi
seco ad un thó in casa d' una ricca signora
straniera, un'americana, che ha comprato una
bellissima villa oltre Po, dove riceve molta gente.
E conobbi cosi la donna più snob che tu possa
immaginare. Mrs, Gray e brutta, ma anche la
sua bruttezza è sfarfallante; veste sfarzosamente;
ha gioielli maravigliosi ; ha delle statuette, dei
dipinti, che sono stati comprati per lei da buoni
conoscitori ; e lo dice, e dice anche subito quanto
li ha pagati, ed ha l'aria di voler far com-
prendere che non le importa proprio niente
di buttar via il danaro a palate purché la
gente se ne avveda.
— 7 —
Essa ha pure al suo seguito una specie di
professional beauty della stagione, una signo-
rina che, la primavera scorsa, fece grande
impressione nella società più elegante di Boston :
Miss May Welfare. Se tu l'avessi veduta, ieri
sera, aggirarsi per quelle sale tutte luminose
e fiorite: proprio una rosa di maggio, era! La
vaporosità del suo vestito pareva toccasse
appena la sua bella e svelta persona; il volto
usciva, da quelle nuvole, da quel bagliore roseo
delle garze e delle sete, come colorato anche
leggermente di roseo, ed io, quando ella mi
passava vicino, mi sentivo tanto piccina, e scura,
e brutta ! Non potrei dire di essermi divertita,
a quel ricevimento, ma la zia mi dichiarò che
è felice di avere una ragione di non rispon-
dere sempre di no ai molti inviti che riceve
ai thè dansants, ora che può dire a suo marito:
« Ho da accompagnare Mariola ! »
Tratto tratto la zia ti compatisce; pare che
tu ti sia molto sacrificata, stando sempre lassù,
nella solitudine della campagna a curare la
salute del babbo, i tuoi figliuoli, i tuoi [terreni.
È vero, mamma?
La zia Celine ha un certo particolar suo modo
di scrollare la testa bionda, ripetendo le parole
d'una moderna scrittrice francese : « Dans la
— 8 -
course au sacrifice, les femmes doivent toujours
donner l'avance d'une lète de longueur aux
hommes, car ce soni les hommes »
Ella scherza; ma la nonna non ride, quando
le ode dire queste cose; anzi, sospira.
Mamma cara, perchè ridurti per sempre in
quell'isolamento ?
Ecco una domanda che non avevo mai fatto
a me stessa.
Mi pareva cosi naturale che si dovesse stare
lassù ; ma ora, pensandoci, perchè ? Non potevi
curare la mal ferma salute del babbo anche
in città? educare noi coli' aiuto delle scuole?
Che cosa t' indusse a cercare il silenzio e la
poesia un po' austera — me ne avvedo solo ora
— di quella grande casa posta lassù, fra tutte
quelle vette di monti deserti? dove una volta
i monaci stavano in contemplazioni sacre, e
dove tu hai cresciuto la tua famiglinola giu-
liva? Ah! giuliva sì! Chi più felici di noi? Son
persuasa che Alfredo pensa, come penso io, che
si stava molto bene sotto la tua ala protettrice,
nel nido caro, preparato da te cosi vicino ai
boschi selvaggi Da un lato son contenta di
esser venuta via, di averti lasciata per un poco,
mamma. Mi pare di conoscerti meglio
La nonna stasera mi domandò perchè io
parlo cosi poco, tra la gente. Non so! Com-
prendo molte cose; ma non so manifestarle.
Quando parlo, sento che posso apparire quasi
sciocca. Manco di prontezza di spirito. Non dico
mai, subito, ciò che avrei detto dopo un momento
di riflessione. Le persone così dette spiritose
m'intimidiscono in modo strano; comprimono,
direi, il getto del mio pensiero.
Forse per questo tu hai voluto mandarmi un
poco in mezzo alla gente ? ,
LETTEEA II.
Donna Cristiana Graneri a sua figlia.
Cara,
Vuoi sapere? E saprai.
Ebbi sempre per principio di non svegliare
la curiosità della vita in te, anzi tempo; ma di
risponderti con verità, man mano che venisti
domandandomi dei perchè.
Tuo padre non poteva, non dirò guarire, ma
non poteva vivere che qui. Egli desiderò più
volte che io ti dicessi quale era il suo male; a
me parve invece fosse meglio per te, per lasciarti
crescere in piena letizia, e sovratutto per non
privare tuo padre stesso della letizia di rispec-
chiarsi in due occhi nei quali mai non passasse
— 12 —
l'ombra d'una speciale inquietudine... a me parve
di far bene, lasciandoti ignorare la grande
ansietà della sua e della mia vita.
Ignorare! Certe verità, nell'ambiente di casa,
si assorbiscono quasi inconsciamente, e certo
non tutto ciò che io ti verrò narrando ti riu-
scirà nuovo.
Due anni, Marida, due brevi, vaporosi anni
di sogno, io fui felice, secondo la idea consueta
che gli uomini hanno della felicità. Tuo padre,
giovane, buono, bella figura di gentiluomo, bril-
lante ufficiale, ottimo marito, mi colmava il cuore
di altera gioia.
Un anno dopo il nostro matrimonio eri nata
tu, un boccioletto di rosa fresca e sana, e, te lo
dissi, ero felice.
Ma un giorno, un terribile giorno ! tuo padre
fu portato a casa privo di sensi, bianco in volto
come un morto Era caduto da cavallo, nel
cadere era andato a battere di petto contro una
barriera... inutile ch'io riviva qui, su queste
carte, quegli angosciosi momenti, Marida!
Due mesi dopo egli dovette abbandonare il
servizio; i dottori lo dichiaravano etico.
Tu non sai, tu non puoi sapere, bimba mia, gli
orrori, gli abissi d'orrori, che stan racchiusi in
questa parola. Bisogna vedere, bisogna assistere
— 13 —
ai progressi di questo male, bisogna trovarsi,
anche, davanti alle lotte, alle ribellioni, d'una
bella, giovane vita com'era quella di lui.
Tutti i dottori più illustri che abbiamo in
Torino, e fuori, noi consultammo. Poi condussi
in vari sanatori il mio diletto infermo. Fu in
Isvizzera, durante una fredda e pura stagione
invernale, riuscita in parte salutare a tuo padre,
che cominciai a nutrire qualche speranza e che,
insieme col valente dottore di quei luoghi, presi
questa solenne risoluzione, la quale — ora posso
dirlo davvero — lo salvò.
Ritirarci qui al Chiostro, nella vecchia casa
abbandonata che ci aveva lasciata una zia;
chiedere a queste alture, agli aromatici sentori
di queste pinete, la vita pel mio diletto.
Iddio mi esaudì. Quassù tuo padre visse, e visse
non inutile a sé ed agli altri. I medici mi assi-
curano che il suo male non è più un male del
quale si muore; ad una condizione però: che
egli non abbandoni mai queste altezze.
Non so se tu potrai renderti pieno conto della
portata grande di questa risoluzione. Strappare
per sempre tuo padre alla vita socievole, alla
compagnia di tutti i suoi congiunti, ridurci nella
solitudine più completa, specie in inverno; e
portare anche te quassù, iniziando una vita
— 14 —
nuova, una educazione neirisolamento e nel
silenzio, con me sola per maestra, poiché met-
terti in collegio non avremmo potuto, né tuo
padre, né io: eri il nostro raggio di sole! Egli
ti teneva un po' lontano da sé, é vero, col pre-
testo dei suoi studii... ma aveva nondimeno la
consolazione di vederti crescere, di udirti cin-
guettare, e gli allietavi la vista ed il cuore.
Cara Marida, noi non siamo sempre stati nelle
agiatezze come ora; prima che s'ereditassero
le sostanze della zia Maria, ed avendo il babbo
dovuto rinunziare cosi presto al servizio mili-
tare, durante molti anni noi fummo quasi nelle
strettezze. Questi terreni allora non fruttavano;
io cominciai ad occuparmene, e poi il babbo,
migliorando la sua salute, potè proseguire il
mio lavoro; ma in quei primi tempi la mia vita
fu dura; potrei paragonarla ad una via molto
erta, così erta che per arrampicarmi su di
essa io dovevo aiutarmi anche colle mani, e
lacerarmele.
Chi non ha conosciuto la povertà che vuole
e che deve nascondersi, non conosce sino in
fondo l'amarezza della povertà. Io dovevo far
figurare, sempre, in ogni circostanza, dieci ciò
che in realtà era cinque. Questo mestiere per
una donna di ventanni, presso un marito
— 15 —
infermo, è arduo. Ma non mi lagno, Dio sa che
non mi lagno. Ho imparato a conoscere presto
tutta la forza, e la bellezza, e la gioia del lavoro.
Le miserie, le ambascio, le difficoltà, che allac-
ciano ed opprimono, mi hanno maturato il cuore
e fortificata Tintelligenza. Io ho conosciuto il
dolore sotto molteplici forme, ma, senza cono-
scerlo, io non sarei la madre che sono e che
spero di essere tutta la vita. E questo dolore,
per quanto io mi sia studiato di non lasciartelo
scorgere, specie negli anni della tua infanzia,
è nondimeno stato, nell'atmosfera in cui sei cre-
sciuta, è stato una misteriosa forza fluida che
emanava da me a te. Io dirò con franchezza:
il non lasciarsi sopraffare dal dolore è prova
di fortezza d'animo; ora, quando una simile forza
esiste, essa deve produrre qualcosa di superiore.
Tu, Mariola, vita della vita mia, tu devi essere
buona, forte e soave, devi essere la gioia, la stella
benefica del nostro cielo!
Ricordo la mattina in cui mi parve di udire
nelle cose una voce arcana, che mi ammoniva :
« Tu vali e sai troppo poco ».
E quella mattina, dinnanzi all'immensa cer-
chia di queste mie montagne amiche, così pros-
sime al cielo due risoluzioni presi: diventare
migliore, affinchè tu in me vedessi riflessa, per
-~ 16 —
quanto pallidamente, la Bontà. Diventare mene
ignorante, affinchè tu trovassi sempre in me
un po' di Verità, affinchè sulle vie del sapere
tu avessi in me una compagna piena di sim-
patia per tutti i movimenti di spirito, che ti
avrebbero agitata certamente nel futuro.
Pochi anni dopo il nostro arrivo quassù,
moriva quel caro amico di tuo padre, istituen-
dolo tutore dell'unico suo figliuolo, del care
Alfredo, già orfano della mamma. Tuo padre
volle seco il pupillo, e questa fu una nuova fonte
di bene per tutti noi. Forse tu saresti cresciuta
troppo differente dagli altri, in questa solitudine.
Accanto al fratello d'adozione il pericolo fu
scongiurato: ed io poi mi avvidi presto che,
consacrandomi un poco all'educazione d'un uomo
futuro, allargavo in molte cose i miei concetti
della vita, anche per ciò che ti risguardava.
Ma ora che ti sei fatta una signorina, abbiamo
stimato tutti e due, il babbo ed io, che ti sarebbe
giovato di conoscere la vita d'una grande città,
di veder gente e cose nuove. Vivi adunque sere-
namente presso la nonna, apri bene i tuoi occhi
in faccia alla vita multiforme. Io, di quassù, ti
vigilerò, oh! non meno di prima, stai pur certa!
Anche i tuoi studii si gioveranno di questo
mutamento.
-- 17 —
Ho sentito e sento per te il bisogno che tu
assista a qualche corso di lezioni, che tu oda il
Linguaggio del sapere. L' uditore, quando sia
veramente attento, assiste, e, per molti riguardi,
partecipa alla produzione intellettuale del-
l'oratore.
Per questo, ben conoscendo il B... dai suoi
critti, desidero che tu segua il suo corso sto-
ico-letterario, sempre che tu possa farlo, senza
'ecare disturbo alla nonna. Ma qui, venendo
Illa parte della tua lettera in cui accenni ad
un principio di vita farraginosa, agitata, ti farò
:'iflettere un momento.
Io ti allontanai da me per qualche tempo,
olio scopo che la tua vita diventi maggior-
aiente uno studio pratico, direi; il quale studio
3Ì fa senza avvertirlo, poiché è la vita stessa,
la vita reale e sociale, che insegna.
Ma vorrei subito metterti in guardia contro
tutto ciò che è febbre, morbosità di azione, e
vanità di vita.
È il grande guaio del giorno! E se la nonna
molte volte disapprova e sospira ha ragione.
La giovine moderna è in continua agitazione,
è presuntuosa, si occupa di un numero stra-
grande di cose, ma tutto sfiora, senza nulla
2 — L'intima gioia.
— 18 -^
approfondire. Coltiva le lettere, le arti, in mod(
superficialissimo. ^
Non si pensa a dare alle ragazze una coltun
solida, ma si desidera che esse l'abbiano hril
laute: una coltura che nulla insegna intorm
al significato ed al valore della vita, e che, se
ci prepara qualche volta delle intellettuali, rara-
mente ci prepara donne intelligenti e savie....
e quante volte le intellettuali non sono intelli
genti ! Io per me, tra l'ignoranza e la posa del-
rintellettualismo, non saprei davvero dire quaU
sia il male peggiore. Vediamo, ad esempio,
libri che si vendono, che vanno di più, come
dicono i librai, e ci dovremo convincere che k
giovine moderna legge assai poco intorno
quanto più le gioverebbe di conoscere, intorno
a quanto fortifica la intelligenza e la volontà
intorno allo svolgersi e al funzionare di questa
società nella quale vive, né legge ciò che potrebbe
sollevarla alla pura visione del bene, del vere
e del bello. Quali pensieri occupano la mente di
questa giovane? Quali azioni riempiono la sua
giornata? Pensieri egoistici e vanitosi: azioni
futilissime, compiute seriamente. Serate, goùters.
the dansants, visite, lunghe sedute dalla sarta
e dalla modista E queste fanciulle, che saran
donne domani, giungeranno al termine dei loro
— 19 —
giorni migliori, credendo di aver veduto tutto
Funiverso, credendo di aver vissuto!
Non così sarà di te, nevvero? Pur frammi-
schiandoti a certe correnti di vita mondana,
tu devi trovare in te stessa, nel tuo cuore che
amo tanto, nella tua mente, che non credo sia
impreparata, tu devi trovare la forza che innalza
il concetto della vita.
Tuo padre mi chiamò, per fare un giro nel-
l'orto. Nel pomeriggio il sole di dicembre scalda
ancora, e abbiamo ancora delle foglie sul grande
cespuglio di limoncina, e quassù tutte le piante,
tutte le erbe respirano in pace: direi che sen-
tono morire il loro verde con una serenità fidu-
ciosa nel ritorno d'una stagione più clemente.
Nella grande luminosità montana a lungo
abbiamo discorso di te, Marida !
I
^^^^=^^^^^r^7^^^^^==^^^
LETTEEA III.
Mariolo a sua Madre.
Oh ! cara mamma, hai ragione, molte cose io
le sapevo già dal tuo cuore, sebbene le tue
labbra non le avessero proferite mai Ora ti
ringrazio della tua lettera, di avermi creduta
finalmente degna di conoscere di più, di tremare
e di sperare con te.
Se stesse solo da me, non credo che tarderei
molto a ripigliare il volo verso il nido caro;
ma penso che son qua per ubbidirvi, e faccio
tutto il possibile per rendermi utile alla nonna,
Ciò che non sempre mi riesce, debbo dirlo
Essa è spesso di malumore, per ragioni che non
mi confida, ma che credo d'indovinare. Sai, la
— 22 —
zia Celine ha gusti e idee opposte a quelle di
sua madre, e insomma, la vita presso di te
era più facile e più serena. Sono anche un po'
contristata per altre ragioni. Non vorrei farti
spender troppo, ma vedo che ho bisogno di una
quantità di cose La sera, quando mi ritrovo
sola nella mia cameretta, dico bene a me stessa :
« Che cosa t'importa di non essere come tutte
le altre? di far bella figura, di parer ricca?
Non è la ricchezza che dà la felicità, e bisogna
saperla disprezzare, la ricchezza »
Cara mamma, bisogna trovarsi in mezzo a
certa gente, bisogna udire una May Welfare,
per esempio, parlare di ciò che occorre spendere
per avere un cappello, un vestito decenti (è la
sua parola), bisogna vedere l'importanza che
tutte le donne, tutte, anche le più vecchie,
danno alla toilette, al lusso, all'eleganza in
generale, per capire che è difficile il saper
disprezzare la ricchezza.
Qualche volta, quando penso a ciò che m'hai
insegnato, mi vien da ridere, in mezzo a tutta
questa gente moderna! Mi pare anche, o mia
buona e poetica mamma, che il tuo criterio
sul valore della vita non sia quello di certe
signore, che pure han l'aria di credersi molto
savie ed esperte. Son cose che non so rendere
— 23 —
ma quante volte, la domenica sera, per esempio,
quando convengon qui dalla nonna cinque
0 sei signore, quasi tutte mamme che han
figliuole da marito, e cominciano a scambiarsi
certe domande, sulla sostanza di questa e di
quella famiglia, a manifestare certe idee sulla
gioventù, sulla serietà che essa dovrebbe avere,
sulla importanza che bisogna dare a certe cose
e persone, quante volte io penso che tutto
quanto queste signore lodano, amano, rispettano
e stimano, è l'opposto di tutto ciò che tu lodi,
ami, rispetti e stimi.
Vuoi che ti dica tutto? Mi pare che, per
certune, il potersi vestire da una buona sarta,
l'aver ogni mattina due o tre portate a tavola,
ogni sera l'averne tre o quattro (col dolce!),
il tutto ben servito, in una casa molto ben
tenuta, concreti l'idea d'una persona che ha
saputo interpretare saviamente la vita, senza
tante frascherie, con buon senso pratico. Ah!
E le amicizie... quante sorprese, mamma, nelle
amicizie! Ieri, in casa di Carmen, convennero
molte signorine. Eravamo invitate ad un piccolo
concerto. Erano tutte in istrettè relazioni fra
loro, solite a vedersi un po' dappertutto, ai rice-
vimenti, al teatro, alla patinoire, ecc Io sola
ero là dentro un po' novellina, e mi sentivo
— 24 —
guardata con una specie di supremazia. Ad ur
certo punto entrarono le tre sorelle Sant'Agnese
sai, quelle che villeggiarono vicino a noi Testate
scorsa. Io, naturalmente, mossi loro incontro
con amichevole premura Ma che mai poteva
essere successo? Esse non fecero quasi mostra
di riconoscermi; poi mi sorrisero a fior d
labbra, con quel sorriso che principio a cono
scere, e che in società vuol dire: « Non se
che farne di te! »
Lassù in montagna ci si trattava col tu; qui
esse ripresero subito un cerimonioso lei,
E poi, a vedere come si riunirono alle altre
signorine, scambiando baci e piccole parole
carezzevoli e idee graziose, in una specie di
gergo franco-italiano, susurrandosi secreti al-
l'orecchio, ridendo maliziosamente; io provai
un gran senso di smarrimento, fatto, non so
di umiliazione e di amarezza.
Ero una spostata, in quella sala, vestita
com'ero (maluccio!). Mi sentivo ingoffata, non
riuscivo quasi più a muovermi, ad aprir la
bocca, a guardarmi d'attorno con naturalezza.
Tutte quelle ragazze, invece, avevano una sciol-
tezza, una sicurezza invidiabili. Ogni loro mossa
mostrava con vantaggio il disegno inappun-
tabile delle loro gonne, le curve artistiche dei
— 25 —
loro cappelli. E quando il breve concerto fu
terminato, ed esse principiarono a sorridere di
quella povera violinista bisognosa, per la quale
avevano organizzato la riunione, e dimostra-
rono tanta ignoranza in fatto della musica che
discutevano con tale arditezza di giudizio; e poi
passarono a discorrere dei loro divertimenti,
delle loro relazioni, delle loro mamme, dei loro
fratelli, e delle amiche delle loro mamme, e
degli amici dei loro fratelli, allora il mio sba-
lordimento fu completo ! Aggiustavan la gente
a rapidi tocchi con certi sottintesi che non
sempre intendevo; sovrattutto sbeffeggiavano
le donne che non sanno vestirsi. Elodia di
Sant'Agnese aveva un'arte speciale per valu-
tare gli oggetti di vestiario, di ornamento. La
signora tale aveva una cravatta che pareva
di ermellino, ma era di coniglio; le perle di
quest'altra signora eran false, ecc.
Poi Lulù, l'altra sorella di Sant'Agnese, che
pare abbia la specialità del genere, cominciò
ad imitare il viso, i gesti, a contraffare la voce
e la pronuncia di certe persone. Eccitata dalle
risa della brigata, più nulla l'arrestava; dopo le
compagne assenti, serviva anche certe signore
attempate, sfoggiava la sua valentia, riprodu-
cendo il modo di ragionare, gl'intercalari di
— 26 —
quelle vecchie: e le amiche le facevan ripetere
continuamente i gesti, le smorfie, ridendo, pre-
mendosi i fianchi per non scoppiare.
Oh ! Mamma cara, sai ? Non credo che le
signorine del tuo tempo fossero così.
Sento la malevolenza e la frivolezza mondane
avvolgermi intorno, come un polverìo impal-
pabile, che respiro quasi senza volerlo.
Non sciupo tutto il mio tempo in codesta
vita, grazie al Cielo!
Vedo Candida Torre, qualche volta.
Vado a visitare i poveri insieme con lei.
Ma anche qui trovo delusioni e dubbii
Quante miserabili creature, che del bene e
del male non hanno più, o meglio, non hanno
mai avuto nozione!
Come fare, di dove incominciare, per porger
loro qualche aiuto morale ? E quanto agli aiuti
materiali, poiché Candida ed io non siamo
ricche, che cosa possiamo fare? La nonna, che
ha conosciuto la marchesa di Barolo, me la
porge spesso come esempio — « Quella, quella
fece i miracoli, col suo amore di Dio e del
prossimo! » — esclama.
Sì, è vero, a udire tutto ciò che quella donna
ha ottenuto, ricavato da certe abbiette creature,
v'è da accendersi Ma, c'è un ma! Essa era
— 27 —
ricca, ricchissima, e andava ai poveri colle mani
colme.
Noi invece rechiamo certi aiuti irrisoni, che
forse inaspriscono ancora quei disgraziati
Quale immensa sudiceria materiale e morale,
in quelle lor case! Ma il modo, il modo efficace
e pronto di opporsi ad essa, di scacciarla? Ho
veduto delle mamme ammalate dormire con tre,
quattro bimbi, nel medesimo letto, senza len-
zuola Famiglie abbandonate dal marito e
dal padre, ubbriaco mezza la settimana.
Ho veduto delle ragazze di quindici, sedici
anni, coi volti gonfi e lividi per le battiture
inflitte da genitori snaturati. Ho vedute delle
bambine rosee e bionde e belle, nei loro cenci,
delle bambine che colle loro labbra di fiore
mentivano palesemente, sfrontatamente, per
avere qualche lira, qualche soldo
E che cosa ho saputo fare per loro? Deporre
nelle loro mani due o tre buoni per farina o
pane
Non t'ho parlato ancora di Candida, che ho
ritrovato poco mutata, dacché la conobbi qui
a Torino, qualche anno fa. È forse diventata
più bella, e anche più mesta, dopo la morte
del padre. Non le rimaneva più che lui ! Io
— 28 —
andrei volontieri a vederla tutti i giorni, ma
non sempre posso: la nonna non mi lascia
andar fuori sola, sebbene veda che ormai, alla
mia età — ventanni tra poco, mamma! — tutte
le signorine escono senza farsi accompagnare.
Candida studia, lavora molto, fa una vita
un po' solitaria ed austera. I pochi momenti
che passai con lei son rimasti in fondo alla mia
anima con un profumo di soavità. Ella non
somiglia, moralmente, alle altre signorine che
conosco; e neanche il suo volto somiglia agli
altri volti. Ho ancora in mente come la rividi,
la prima volta, il mese scorso. Quando entrai
nel suo salotto, ella non mi avverti subito ;
scriveva, e a tutta prima io non scorsi che la
linea d'una guancia molto bianca e delicata,
sulla quale scorrevano lagrime e un dolce
volume di capelli scurissimi, intrecciati intorno
al capo, come in una medaglia di Pisanello.
Ella ebbe, nel riconoscermi, un dolce sorriso
sulla bocca mesta, e mi spiegò che stava trascri-
vendo le poesie che suo padre aveva lasciate
inedite: poesie che ella vuol far pubblicare e
aggiungere all'opera letteraria di quel delicato
e affettuoso scrittore. Compresi la sua mestizia,
le sue lagrime, e, non so perchè, con lei subito
trovai modo di parlare a lungo e col cuore.
-^ 29 —
Ella ti ricorda bene, mamma, ricorda la gita
che fece al Chiostro quell'anno che villeggiava
a Porosa colla zia, e dice che quel luogo Tattrae,
nella sua austerità silvana.
Qui in città, sebbene ella abbia molti parenti
che vorrebbero accompagnarla di qua e di là,
Candida conduce una vita un po' speciale, molto
dedita alle cose dello spirito e alla beneficenza.
Essa fu che mi volle far iscrivere all'asso-
ciazione delle pie signorine che visitano i poveri.
Io, come hai potuto vedere, mi dimostro un po'
scettica ma essa alle mie parole di scora-
mento risponde con un piccolo, misterioso:
€ Vedrai, a poco a poco »
Vorrei somigliare a lei, sempre ; invece sono
a sbalzi, a ondate. Ora altro non stimo anch'io
che la dolce pace di casa, la laboriosità, i libri,
l'adoprarsi per gli altri Ora, non so! la sot-
tile attrazione della vita cittadina, mondana,
il suo movimento, le [sue mille faccio mutevoli,
la sua novità e il suo splendore mi prendono;
e poi anche m'invade come un senso d'umilia-
zione al pensiero che noi non siamo affatto up
to date, mamma! che siamo quasi rustiche e
quasi povere al confronto di tutta questa gente,
e (la mia confessione sarà completa) quando,
la sera, non esco colla zia Celine, non viene
— 30 —
nessuno a vederci, mi trovo sola come ora, per
esempio, dopo che la nonna è andata a letto, e
odo passare in istrada tante carrozze, tante
automobili, e immagino la gente festosa che
esse trasportano da una sala a un teatro un
senso di tristezza mi prende, mi pare che la
gioia della vita mi passi vicino, senza far
cenno anche a me di seguirla!!
Son brutti e futili pensieri, lo so; ma adempio
alla promessa fatta prima di partire, durante
quell'intimo, lungo colloquio che ebbi teco, in
quella tua stanza che sarà sempre per me
come un santuario, nel quale ogni tua parola
risuona a lungo, dopo che Thai proferita Ti
ricordi? Mi dicesti: « Promettimi di scrivermi
sempre tutto ciò che si agita nel tuo cuore ».
®(mmc)®(m^mm®^mmM)
LETTERA IV.
Donna Crisfiano Graneri a sua figlia.
tu mi dai immagine d'una
giovane creatura che si sofFreghi gli occhi, tra
ammirata e sbigottita, per le cose che intra-
vede in un paesaggio in mezzo al quale sia
stata condotta in modo improvviso. Da un lato
sarebbero vedute profonde, degne di suscitare
l'attenzione, la indagine coscienziosa e anche
commossa della tua mente; dall'altro lato, da
mille altri lati, tutto ti pare suono fugace,
nuvola errante, fantasmi che ti passano d'ac-
canto, e che ti fanno quasi paura, come
racchiudessero in sé una malia sottile, forse
velenosa ?
— 32 —
Marida, tu lo sai, tu sei per me un argo-
mento vivo e perenne di amore, di soavi e
trepidi pensieri. Andiamo insieme, passo passo,
per queste nuove vie. Questa comunione intima
delle nostre menti e dei nostri cuori sarà buona;
e non solo per te. Se noi sapremo sempre comu-
nicare ai piedi della Verità^ ci gioverà senza
dubbio questa specie di lontananza materiale,
che rende più vivo e più assiduo il bisogno
dell'avvicinamento spirituale.
Potranno rimanere molte volte confuse le
cose che vorrei dirti, poiché molte son quelle
che io stessa intra vvedo appena; ma la Luce
assiste coloro che cercano la Luce.
Fin da quando io cominciai a intendere i miei
doveri di madre, di madre educatrice, una cosa
sovratutto curai in te, il carattere; volli che
sulla tua tempra femminea si imprimesse questa
forza. Si può esser buoni, intelligenti, geniali,
e non aver carattere, cioè non avere quella
energia costante della volontà, quel non so che
di continuato, di pertinace nei propositi, quella
fedeltà ai proprii principii, quella forza morale,
insomma, che scaturisce dal profondo di un'a-
nima, la quale sa d'onde viene, dove va, e
perchè va.
Ora si può aver carattere in due modi.
— 33 —
V'è chi nasce con questa forza; per cui il
iispiegarla gli riesce facile e spontaneo, quanto
3UÒ esser facile il respirare, il camminare, il
tarlare ; tempra tutta d'un pezzo, tempra che
^i riscontrava di più fra i nostri padri che
fra noi.
E v'è chi riesce ad aver carattere solo dopo
un lavoro interno, dopo essersi reso ragione a
3è stesso delle cose; per modo che, in quest'ul-
tima natura, lo svilupparsi e lo invigorirsi della
volontà avviene per mezzo di osservazioni, di
esperienze, di letture, di meditazioni. Questa è
la forma di carattere più moderna, direi. Ma
la differenza non monta, purché questa forza
3i sia; e, per carità, Marida, non smarrirla,
fa di crescerla sempre più in te, in mezzo alle
agitazioni della tua nuova vita.
Abbiamo noi la possibilità di formarci un
carattere ì Io sono convinta di si, in massima
parte. È una legge psicologica ormai da tutti
riconosciuta che qualsiasi pensiero, se a lungo
intrattenuto, a poco a poco raggiunge le forze
motrici del cervello, finisce col convertirsi
in atto.
In altre parole, il pensiero genera l'azione.
Ti raccomando a questo proposito il libro
inglese : Character-bidlding, Thought-power di
Ralph AValdo-Trine.
3 — L'intima gioia.
— 34 —
Se noi procuriamo di pensar bene, se ci man
teniamo in idee di generosità, di purezza, d
forza, formeremo in un certo modo un sistema
di pensiero che s'imprimerà su tutte le nostn
azioni, e avremo allora un carattere.
Il primo impiego che tu devi far subito d
questa forza è contro quel gran flutto sovver-
titore di tante belle doti umane, ch'è l'amore
del lusso. Che cosa v'è in questo strano gust(
di sfoggiare oggetti e abitudini molto costose
che cosa v'è di tanto irresistibile ? Non so ! Mg
nella storia della umanità grandi naufragi s
son veduti, cagionati da questo abbagliante
signore ! E tu stessa, per quanto di cuore sen-
sibile e delicato, per quanto educata modesta-
mente, tu stessa ti confessi scossa, un poco.
Ora le signore non si preoccupano neanche, ve-
stendosi, della foggia che loro conferisce, di avere
un aspetto signorile, di dimostrare esteriormente
nelle loro persone e nelle loro case, un fine gustc
estetico, sobriamente educato. No! ciò che monta
è di avere quanto è costato molto, è di raggiun-
gerò il maggior segno esteriore della ricchezza.
Gli occhi scaltriti della signora mondana in
due minuti valutano esattamente la toilette della
sua vicina, sanno classificare questa vicina. E, per
ottenere che quésta classificazione non la umilii,
— 35 —
uanti sacri fìzii non farà la donna vanitosa !
\. pensarci v'è da fremere. C'è sovratutto da
remere, se consideriamo il lavoro di devasta-
ione che quest'amore del lusso può recare nel-
'anima d'una donna stavo per dire: che non
ia ricca; ma in fondo credo che la rovina
norale aspetti anche la donna ricca, in simil
iaso. Non sarebbe cristiano, anzi, pensare diver-
amente, e non compiango meno quella May
kValfare per cui il gran scopo della vita è
'aver cappelli e vestiti che costino parecchie
nigliaia di lire, non la compiango meno di
erta fanciulla non ricca, che la sete delle ric-
ihezze spinge in vorticose mondanità, in fondo
bile quali non troverà che umiliazioni e disin-
ganni. Sono entrambe destinate, se qualche
rande avvenimento non sopraggiunge a scon-
olgere addirittura le linee del loro orizzonte
norale, a non conoscere mai la vera gioia
iella vita. Ci sono tante belle opere da com-
)iere nel mondo, e il mondo stesso, in quanto
Teazione di Dio, è così bello, Marida! Ma la
lonna mondana non vede nulla, non ha che
m pensiero: Soverchiare tutti, tutti sbalordire
ol suo lusso !
Per essa tutti gli avvenimenti sono nuvole
ihe passano, uno spettacolo, nient' altro! Ella
— 36 —
esce da un passato che ignora, e va verso ur
avvenire che le rifiuta i suoi secreti miglior
e più sacri. Il culto del lusso, della frivolezza
delle mondanità, sembra abbia inaridito in essg
tutte le fonti del sentimento, spenta ogni fed(
nell'ideale. Per lei la vita si riduce a fatti ma-
teriali.
Io ringrazio Iddio, figliuola mia, che tu abbia
quella specie di disgusto per tutto ciò che 6
scevro di poesia, d'idealità, e mi fece sorridere
di compiacenza quella tuapaginetta sulle signore
molto savie ed esperte Ho anche comprese
ciò che dovesti provare, ritrovandoti fra quelle
signorine cosi mutate, perchè, invece d'essere
sotto la gran cappa del cielo, erano in una sala
di ricevimento. Io pure ho conosciuto disin-
ganni consimili; più innanzi negli anni m'è pure
accaduto di trovarmi con donne che, discor-
rendo nella intimità, pareva fossero disamorate,
sazie d'ogni mondan rumore, tanto che a me
occorse allora di mostrarmi meno triste di
loro, più rispettosa, più innamorata, direi, di
questa che, dopo tutto, trovo una gran bellezza
— la Vita! Ma quale strano senso di mara-
viglia, di disorientamento mi colse, quando,
incontrandomi con quelle stesse donne a con
versazioni, a balli, a teatri, esse mi apparvero
— 37 —
cosi diverse da me, così mutate! Esse allora
erano allegre, scherzavano, parevano godere di
tutto: io diventavo taciturna, stanca, mi sen-
tivo più sola e più abbandonata e, a misura
3he il frastuono cresceva, sentivo crescere in
me il desiderio del silenzio e della quiete.
Provi anche tu di questi abbattimenti? È buon
segno, è segno che vieni presentendo qualche
altro, un ben più alto scopo alla vita, che non sia
quello di correre da una sala a un teatro, a un
oncerto, vestita più legg-iadramente possibile
È segno che tu aspiri a veder più chiaro in
certe parole sublimi, entro le quali finora non
hai intraveduto che fugaci e misteriosi bagliori.
Cerchiamo insieme queste chiarezze, Mariola!
Insieme desideriamo maggiore bellezza mo-
rale, maggior coraggio nel procedere avanti,
maggiore bontà e ardore ed elevazione di vita.
E, anzitutto, per aver davvero un carattere,
per non lasciarci sedurre daiie frivolezze mon-
dane, per diventare migliori, non dimentichiamo
mai che occorrono saldi principii religiosi. La
fede cristiana sia come il suolo, il fertile suolo
nel quale prendon radici tutte le nostre facoltà
intellettuali, affettive e volitive.
Allora soltanto esse diventeranno buone piante
feconde di fiori e di frutti.
~ 38 —
Non essere poi troppo pessimista per ciò che
riguarda la tua azione — per quanto debole
— presso i poveri, presso i disgraziati e gli
ignoranti.
Non io, che ho veduto ormai da vicino molte
miserie umane, stenterò a riconoscere che
l'andare ad una povera madre ammalata, a
certa gente cui manca il pane da sfamarsi,
l'andare a loro facendo una predica, invece di
porgere un pronto e valido aiuto materiale, sia
per lo meno una ingenuità 1
Ma in questo mondo, specie tra cristiani, tutte
è concatenamento ; cioè, a fare il bene possone
cooperare le menti e i cuori degli uni, e le
sostanze degli altri.
Una donna giovane, di cuore puro e acceso
un uomo esperto e dal sicuro giudizio, una ricca
caritatevole signora, che le infermità tratten-
gono in casa, possono essere altrettanti aneli]
nella catena del bene.
Quando io cominciai a conoscere una delle
migliori gioie di questa terra — la gioia delle
spirito che impara e sente di progredire -
quando nel mio studio solitario in apparenza,
ma in realtà popolato di fantasmi, trovai un
diletto squisito, avvenne che a poco a poco finii
col provare una specie di rimorso. Rimorso di
— 39 —
odere troppo egoisticamente di quelle conso-
izioni spirituali, od almeno di goderne e farne
odere solo nella stretta cerchia della mia fa-
aiglia; e allora sentii che è dovere, secondo le
lostre forze e le nostre condizioni di vita, di
jutare anche gli altri intelletti, d'indirizzarli
Jla ricerca del buono, del vero, del bello.
Noi dobbiamo aprire a chi fatica nelle fatiche
Qateriali uno spiraglio di luce; è dovere, si, di
ignuno di noi; ossia offrirgli un piccolo lume
!ol quale inoltrarsi in quelle regioni ove, en-
rato che sia, cercherà subito da se più luce,
)iù vastità d'orizzonte. Basta, io credo, susci-
are questo desiderio in certe creature che ora
'imbestiano nella più corrotta ignoranza. Il
•esto ogni spirito svegliato e scosso saprà farlo
la sé, ripeto. Almeno non istarà più a noi,
ionne non esclusivamente consacrate alla mis-
ione dell'apostolato, il farlo.
Sei giovane, Mariola, ma poiché il tuo cuore
^ià vibra ai suoni confusi del dolore che giun-
gono fino a te, e tremi, e rabbrividisci se la
niseria, la menzogna, la cupidigia umana ti si
nostrano, è segno che Iddio, che la Sua gran
^oce penetra in te.
Questa sublime penetrazione é incominciata
appena: essa crescerà, se la tua anima moverà
— 40 —
generosamente incontro alla grazia, se non t
indugierai troppo per via, se non cederai a cert
allettamenti della vanità e dell'ozio. Tu m
conosci, e devi aver compreso che ti ho man-
data in mezzo alla gente, affinchè tu imparass
a odiare lo spirito del mondo; intendimi bene
non la società nella quale vivi, ma lo spiriti
del mondo.
Si può odiare il mondo, e amare gli uomini
temperare il nostro gusto d'indipendenza col
l'amore del dovere sociale; amare la quiete
ma lasciarsi attrarre verso l' azione, quand»
l'ora è venuta; dire come Plutarco: Rifuggi
dalla gente per gusto, e la dolcezza della mie
indole mi vi riconduce,
A poco a poco, neir attrito giornaliero co
tuoi simili, tu verrai a comprendere sempre pii
che la donna ha una grande responsabilitj
nella vita; responsabilità della quale, in pas
sato, non sempre è stata conscia. Molte, troppi
volte, ella è stata impari alla missione ch<
avrebbe dovuto sostenere nella famiglia e nelh
società.
Non so che cosa l'avvenire ti prepari, figliuole
mia, ma so che la donna, se ha da esser degn^
di questo nome, ha da esser capace di essei
madre un giorno. Madre secondo la natura, e
— 41 --
madre soltanto secondo la grazia (cioè oprando
intorno a sé maternamente verso chi soffre,
verso gli abbandonati, gli ignoranti), a questo
provvederà Iddio, ma la donna, in qualsivoglia
condizione di vita, deve formarsi un cuore e
una mente capaci di pietà e di amore, deVe
nutrirsi di buoni pensieri, e diiìbnderli intorno
a sé; essere di ferma ragione, di volere costante
e paziente, essere destra e laboriosa, saper con-
sigliare con saviezza e confortare con genej'o-
sità. E poi ancora, su tutte queste doti positive,
ella deve, sempre, saper soffondere un dolce
lume di poesia materna.
Sì, dovunque ella vada, dovunque ella si trovi,
accanto a un padre, a un fratello, a un marito;
al capezzale d'un infermo; dalla cattedra d'una
scuola; in mezzo alle turbe degli affamati di
pane, e in mezzo alle turbe degli affamati di
luce, la donna deve saper esser madre . . .
Hai veduto Alfredo? Secondo quanto mi
scrisse, ora dovrebbe essere a Torino. Come sta?
Com'è? mutato?
6)©©©6)©6)©©©©©6)
LETTERA V.
Mariola a sua Madre.
Vorrei fare tante cose, mamma cara, e spesso
mi avvedo, la sera, che non giunsi neanche a
fare quello che più mi premeva, scriverti !
La nonna da qualche giorno è un po' influen-
zata, e quindi non esce, e tutti i parenti ven-
gono a vederla, e un gran tempo si perde.
La numerosa parentela impone dei sacrifizii,
non c'è che dire ; quante volte preferirei scri-
vere, leggere, invece di ascoltare e proferire
tante cose vane!
Spesso la zia Celine capita un momento, subito
dopo colazione, e ci lascia poi qui i figliuoli,
mentre essa va a sbrigar faccende e visite.
Ora mi avvedo che custodire ragazzi di settey
otto anni, discorrere con loro, non sempre è
— 44 -^
facile e divertente. Domandano tanti 'perchè
e rispondere a tutto è arduo! Questo devi sa-
perlo anche tu, mamma, tu che non rispondi
neanche mai a tutto ciò che ti scrivo
La nonna è molto cortese ed affabile; ada-
giata nel suo seggiolone, ella accoglie tutti
con un sorriso benevolo; non mostra mai di
essere stanca di ricevere, non ha quella specie
di febbre che coglie me tanto spesso, e durante
la quale temo di lasciar comprendere che,
mentre in apparenza ascolto e sorrido, nel mio
interno manderei tutti a farsi benedire!
Sono nei miei Uues, come diceva miss Maud.
Sì, si, son proprio un po' di cattivo umore ; ho
un bel leggere e rileggere la tua ultima let-
tera, cosi buona, cosi piena di generosi pen-
sieri anzi, più la leggo e più, non so! provo
un indefinibile malcontento di me stessa, e di
molta gente che mi circonda, un tedio, per
tante cose e persone !
So bene che cosa tu pensi, e che cosa mi
diresti, se tu fossi qui: guardandomi con quei
tuoi cari occhi amorosi, sorridendomi con quel
mite sorriso che sa tante cose, mi diresti : « La
vera cristiana non conosce mai il tedio, né di
sé, né degli altri ».
Ma io non sempre trovo nella mia anima la
— 45 —
vera forza cristiana. Prego sempre, ogni giorno,
ma un po' cosi, per abitudine, e spesso le parole
che proferisco non destano nel mio cuore quegli
alti sentimenti che dovrebbero destare, se la
preghiera fosse buona. Forse non so pregare ?
Come mai non t'ho parlato ancora di Alfredo?
di questo caro fratello che non vedevo da tre
anni, che desideravo tanto di rivedere, e
col quale mi son già bisticciata due volte dacché
è tornato a Torino?
Tra poco egli partirà pel Chiostro, ha pre-
mura di riabbracciare te ed il babbo, si vede
che vi ama sempre con affetto grande, vera-
mente di figliuolo, con riconoscenza immensa,
vi ama insomma come vi meritate d'essere
amati ; ma mi domandi se in questi tre anni
passati all' estero è mutato ? Fisicamente non
molto; cioè, Vingegnere Alfredo è un po' più alto
e un po' più complesso, e più scuro in volto,
ma il mutamento non è notevole: moralmente,
invece, esso è assai maggiore. Alfredo è diven-
tato un po' sardonico, sarcastico, pungente, qual-
chevolta Mi prende in giro, perchè mi sono
iscritta ad un corso letterario-scientifico, perchè
appartengo a qualche opera di beneficenza, perchè
vado a qualche concerto, e mi chiama: mademoi-
— 46 —
selle Vintellectuelle; non risponde quando l'inter-
rogo sul movimento femminile nel Belgio
Eppure qualcosa dovrebbe sapere! perchè dimo-
strare tanta indifFenza, quasi un disprezzo per
certe questioni? Non sarà mica andato sempre e
soltanto da^W Institut dXM Officine, e viceversa? Se
gli parlo un po' sul serio di queste cose, egli
ride, e, certo per farmi dispetto, dice che è tor-
nato in Italia con un bell'ideale di donna fiam-
minga, rubiconda, rotondetta, ignorantissima,
con due occhi placidi, un sorriso da pastorella,
e una capigliatura bionda come la birra
A udirlo parlar così ci patisco! Non lo volevi
così neanche tu, nevvero? quando gl'inculcavi
il rispetto per tutte le cose dello spirito, e lo
educavi con tanta finezza.
Mentre ti scrivo egli sta di là colla nonna:
legge forte un libro che piace molto alla cara
vecchietta; ella sorride, guarda quel volto che
il lavoro nelle officine ha acceso d'un rosso
opaco, e quando egli solleva gli occhi dal libro,
gli accarezza la fronte, i capelli Come amano
i giovani, le vecchie nonne! Ma con lei Alfredo
è tutt'altro, è buono, premuroso, conciliante :
solo con me è cattivo.
L'altra sera, in casa della zia Celine, egli ha
chiacchierato, riso, motteggiato sempre con una
~ 47 —
vecchia signora, ridicola sotto la parrucca bionda,
e il rosso carmino delle guance e l'oltraggiante
(ossia oltraggiata?) bianchezza della veste di
trina vaporosa e soave! Tornando a casa, sai
che cosa egli mi disse?
Che con quella signora, almeno, si poteva
discorrere senza stare colla paura addosso di
dire qualche sproposito d'arte o di letteratura... !
In ultimo si burlò d'una signorina che c'era
a quel ricevimento; una ebrea fattasi cristiana
(secondo Alfredo), per entrare nella buona
società e poter chiamare madrina una signora
dell'aristocrazia e sposare un conte od un
marchese.
Vedi, non credo che Alfredo sbagliasse: ma
appunto perciò soffersi, e soffro, e Oh! mio
Chiostro, mia grande casa solitaria, posta cosi
in alto, sopra i prati ondeggianti e i boschi
folti; caro asilo dove tutti son buoni e sinceri
e semplici, o caro Chiostro, come mi sembri
lontano!
Per dirti tutto, mi sono anche guastata con
Candida.
Ora abbiam fatto la pace, s'intende, ella è
cosi buona! ma dovevo pure confessarti questo,
per farti comprendere appieno il mio stato
d'animo.
— 48 —
Eravamo andati. Candida, Alfredo ed io, alla
conferenza del poeta G. Ripeterti tutte le no-
bili, belle, altissime cose che egli ci disse mi
sarebbe impossibile. Per più di un'ora egli ci
diede le sue ali d'aquila, e ci accostammo al
sole, mi parve!
Tu sai come mi accendo, quando mi accendo.
Tratto tratto mandavo uno sguardo ad Al-
fredo; ma egli non mi rispondeva e non
sapevo veramente perchè egli fosse venuto, dal
momento che prima di accompagnarmi egli
aveva avuto parole cosi scettiche per la mia
grande aspettativa Certo per farmi dispetto,
dopo! Difatto quando uscii da quella sala,
avevo il viso rosso rosso e sentivo che i miei
occhi ardevano di santa gioia spirituale. Avrei
abbracciato tutti come fratelli, mamma, e a
tutti avrei gridato: Vero, che bellezza?!
Strinsi dunque una mano di Candida, una di
Alfredo, e parlai con tutta Teffusione del mio
cuore. In quel momento, almeno in quel mo-
mento! credevo che il cuore d'Alfredo battesse
all' unissono col mio. Ma egli, freddo freddo,
calmo calmo:
— Io non mi prostro come te, Marida. Ci
vuol altro! C'è molto da discutere, su quanto
disse quel signore, molto
— 49 —
E cominciò, sarcasticamente, crudelmente, a
decapitare, direi, tutti i più fulgidi e soavi fiori
che avevo veduto sorgere come per miracolo
sotto il soffio di quella calda parola di poeta. Tu
lo sai : contro uno scetticismo piccino, fatto di
sofistiche ricerche di peli nelFovo, nulla resiste.
10 sentivo tante cose, pensavo tante cose, e
volli parlare, rispondere, ma la foga dei miei
affetti ebhe questo bel risultato: di farmi sof-
fiare, soffiare come una gatta rabbiosa, di
rendermi inetta a proferire una sola parola
assennata.
Allora mi rivolsi a Candida, e con impazienza
le dissi:
— Ma parla, parla dunque anche tu !
Con un quieto sorriso negli occhi dolci, ella
si contentò di rispondere:
— E non vedi che tuo cugino lo fa apposta.....
per farti dispetto?
Fu Tultimo colpo! Mi fermai in mezzo alla
via, li fulminai tutti e due con^ uno sguardo
irato, e li lasciai quasi correndo, infilando la
prima via di traversa
11 domani fu Candida che venne a cercar
me. Cosa insolita, poiché ella quasi sempre mi
aspetta a casa sua; e con quella particolar sua
voce in cui la nobiltà del cuore, il dolore che
4 — L'intima gioia
— 50 -
già ha conosciuto, fluiscono in una vena sot-
tile di malinconia, ella mi persuase di tante
cose, sovrattutto che ella ama ogni idealità della
vita assai più di me, mamma, poiché le pue-
rili passioni mai non insorgono a precluderle la
via della ascensione! Ah! perchè il cielo della
mia anima è così mutevole?
T'invio la conferenza, che han subito pub-
blicata, del poeta. Vedi se non ho ragione di
esaltarmi, se Alfredo... Insomma non voglio
ricominciare... Perchè tutti gli uomini non
somigliano a questo poeta innamorato di pu-
rezza ? perchè, tra la gente, par quasi di essere
ridicoli, quando si palesano certi ideali?
ler sera dissi che mi sarebbe tanto tanto pia-
ciuto di poter manifestare la mia riconoscenza a
questo Maestro di poesia, e allora, Alfredo, giù
una risata, una grande risata che non finiva
più: — Figurarsi, figurarsi che gioia gli darebbe
l'approvazione di Mademoiselle Vintellectuelle
LETTERA VI.
Donna Cristiana Graneri a Mariola,
Cara, mi dici che non rispondo a tutti i tuoi
perchè » ; è vero ; ma chi mai potrebbe,
nima cara? viva, fremente anima? A molti di
uesti « perchè » la vita sola potrà darti una
isposta, in questo io non m'illudo. Si dice bene
he i giovani vanno là d'onde noi veniamo,
che noi li possiamo accompagnare; ma questo
vero solo in parte. Certi viaggi nelle regioni
el pensiero e del sentimento bisogna farli
a soli, se devono fruttare.
Ad ogni modo, anche quando vorrei e forse
aprei risponderti, non sempre mi riesce di
irlo con ordine. E come potrebbe essere diver-
— 52 —
samente? Tu conosci la mia vita; scrivo a
sbalzi, comincio qualche volta la mia lettera
la mattina, quando tutti dormono ancora; la
riprendo la sera, quando tutti tornano a dor-
mire. Ma un carteggio nel quale faremmo
qualche capitolo d'un libro non è affar nostro,
nevvero? L'amor mio, quando scrive, manifesta
molto disordinatamente le sue idee, così come
sgorgano. La penna corre, il foglio bianco
invita Consolo, ammonisco qualche volta ; mi
consolo, mi ammonisco anche, ma non fo pre-
diche preparate.
Bimba cara, mi hai confidato il lamento del
tuo cuore — « Non so pregare! »
A questo sì, risponderò subito, innanzi tutto.
Alla tua età bisogna rendersi ben conto di
che cosa sia la preghiera. Iddio non ce la insegnò
come un mezzo di ottenere le buone, le dolci,
le placide cose di questa terra, ma per ottenere
di saper rinunciare al voler nostro, di saperlo
far fluire nel Divino Volere. Non come un mezzo
di mettere in fuga il male, ma come quello che
ci darà la forza di saperci opporre ad esso e
di vincerlo.
Ora, per avere questo puro spirito della pre-
ghiera, bisogna che esso zampilli da una fede
vera. Finché eri bambina questa fede in te
— 53 —
poteva nutrirsi di latte; occorre adesso nutrirla
più sostanziosamente.
La signorina moderna — a meno che essa
non venga imbavagliata, a meno che non le
vengano turate le orecchie — nell'aria stessa
che respira, nei discorsi che più d'una volta
ode fare intorno a sé, nei ritrovi più consueti,
nei contatti più inevitabili, in un salotto, in
un treno rischia di raccogliere e di assorbire
molte idee contro la sua fede. Non parlo del vero
e proprio ateismo; è troppo brutale per recar
danno in un cuore di donna ; ma quella specie
di misticismo dai contorni mal definiti, dai nomi
molteplici, ispiratore di una morale un po' vaga
ed elastica; quel vezzo, ora di moda, di dubitare
un po' di tutto non è tale da fortificare
l'anima contro tanti pericoli e tanti scoramenti :
da conferirle una direzione ferma e costante
nel bene. E ogni tua lettera, ogni tua parola,
quasi, mi conferma sempre più nel convinci-
mento che la gioventù prova questi scoramenti,
:][ueste debolezze, e che ha bisogno grandissimo
ii una forza soprannaturale, sorreggitrice.
Voi avete sete di luce, di gioia, d'ideale;
ìmate lo spazio infinito; ed è vano credere che
3asti dire:
— « Fermatevi ! Ciò che sognate è follia.
— 54 —
Frenate il vostro cuore e la vostra immagi-
nazione ».
Ali, volete, ali per volare.
Ora queste ali solo la fede può darle.
Ma una fede che faccia nascere l'amor di Dio,
un desiderio continuato e vivo di meglio cono-
scerLo, di avvicinarLo, di venire a contattc
con Lui.
Un grande scrittore, considerando le ansie, le
ambascio, le lotte di questa nostra età moderna,
Carlo Dickens, ebbe a dire che il Cattolicismc
lo attraeva, perchè nel CattoUcismo l'anima
trova il migliore e più completo suo contatto con
Dio, E pare già Socrate sentisse questa necessità
dello spirito umano, quando esclamava che s\
deve fare ogni maggiore sforzo per approssimarsi
quanto più si può a Dio Il grande filosofe
non poteva presagire che ravvicinamento, rin-
contro, sarebbe avvenuto, soave e folgorante,
per la discesa di Dio stesso!
Attingi dunque col tuo cuore e colla tua
mente alle vive sorgenti della nostra religione,
Marida, e sempre più, sempre meglio otterrai
questo divino contatto. Non appena si giunge
in vista del male, non più a traverso la storia,
ma a traverso la viva realtà, conviene uscire
dalla infanzia, entrare nel pieno vigore della
— 65 —
fede, se non vogliamo vederla languire in noi
e diventare infeconda. Il che può avvenire in
più modi : ciò che avviene più frequentemente
alla donna moderna è che la sua religione
non sia più regola di vita, ispiratrice di azioni
buone, di condotta onesta, ma semplice forma-
lismo, meccanismo senz'anima
Se lion procuriamo di ottenere l'alleanza
della ragione colla fede (bada che quest'al-
leanza non esclude il concetto del sopranna-
turale, tutt'altro!), se noi scacciamo come vani
sogni certe aspirazioni verso le più alte vette
spirituali, vietiamo all'anima certi viaggi verso
la dimora di Dio, non più la ragione rimarrà
in fondo al nostro essere, ma rimarranno solo
gli istinti; e simili allora a nave priva di timone
e di àncora, erreremo in balìa di tutti i venti.
Tu sei sincera, semplice, desiderosa di bene,
ma non calma, non forte ancora.
Leggi il Vangelo.
Non subito lo intenderai bene, completa-
mente: ma lo intenderai sempre meglio, a
misura che lo mediterai, e la tua anima
prenderà un più forte slancio verso Iddio, e
finirai collo scoprire i tesori di quella dizione
perfetta, nella quale nulla è di esagerato, ma
tutto è pieno di una vita profonda. Leggilo,
— 56 —
e non sarai una cristiana incerta, fiacca, facile
ai compromessi colla natura e col mondo. Ogni/
giorno consacra, una mezz'ora a questa lettura
spirituale — Vangelo, Epistole, Atti degli Apo-
stoli, interpretazioni date dai Santi Padri della
Chiesa.
L'ignoranza è la grande nemica delle anime.
È anche necessario ormai per la donna il
conoscere certi atteggiamenti dello spirito filo-
sofico moderno, poiché è necessario che ella
sappia discernere le sane dottrine da quelle
che insidiano ai principii religiosi. A misura
che il tuo spirito si sveglierà a queste cose,
tu dovrai studiare certe questioni, famigiiariz-
zarti con tutta una serie di problemi filosofico-
sociali che, come disse il Santo Padre recente-
mente, ora sono giunti a interessare anche le
turbe; problemi la cui soluzione include le
direzioni pratiche della vita famigliare e sociale.
Nulla deve la donna trascurare di tutto quanto
può servire a ridestare la coscienza, ad iniziare
una migliore educazione morale e religiosa in sé
e intorno a sé.
Quando trattasi di povere contadine, di donne
non destinate mai a conoscere certi conflitti
spirituali, parlare della foi du charhonnier sta
bene, lo comprendo. Ma nelle nostre famiglie.
trattandosi di donne destinate ad udire tanti
sofismi contro la fede, destinate forse a diventar
mogli e madri di uomini che affondano nello
scetticismo, che ricevono in pieno petto la cor-
rente di tante idee perniciose e devastatrici,
parlare della foi clu charbonnier per queste
donne, mi pare un'amara ironia, una cattiva
burla, e una ipocrisia. Del resto, ogni qualvolta
mi avvenne di udire certe signore mondane
vantarsi, quasi, di questa ignorante loro fede,
m'avvidi che eran donne le quali desideravano
andare a Messa la domenica mattina con un
cappellino nuovo, nella chiesa più aristocratica,
e a teatro tutte le sere, a udire le più volgari
pochadeSy o i più frivoli conferenzieri; donne
che la grande neghittosità del loro spirito ren-
deva incapaci d'ogni studio coscienzioso, ma
essendo esse timorose di scandolezzare la gente
cosi detta _p^r bene, di lasciar trasparire che non
avevano nessunissima convinzione, se la cava-
vano con questa frase bell'e fatta: « Oh! io per
me odio le discussioni, non approfondisco, e me
ne vivo contenta colla mia foi du charbonnier ».
No, Marida, questa sarebbe colpa. Noi ab-
biamo bisogno che la fede non sia soltanto
quella specie di vago misticismo ch'è passato
nelle nostre vene insieme col sangue dei nostri
— 58 —
padri; ma abbiamo bisogno che essa illumini
tutta la nostra vita, tutte le nostre azioni, sia
la forza motrice di tutto il nostro essere. Non
basta accettare, senza conoscerli, i principii
fondamentali della nostra religione; tenerla
convenzionalmente, questa religione, in un an-
golo del nostro spirito, e chiamarla fuori in
giorni e ore determinati. Bisogna che il nostro
spirito e la nostra fede siano una cosa sola,
lersera, accanto al fuoco, dove spesso facciamo
assai tardi, tuo padre mi diceva molte cose
consolanti sullo stato attuale della sua anima.
Lettore insaziabile, come egli è diventato dopo
la sua segregazione quassù, egli mi diceva che,
non essendo mai riuscito a trovare il libro
scientifico ove sia detta Vultima parola, egli
ha finito col darmi ragione e col ricorrere
sempre più ai libri di Dio, alla Bibbia, al
Vangelo, dove trova la quantità di luce e anche
la quantità di ombre, che formano il più per-
fetto equilibrio per la mente umana.
E a proposito del Vangelo, fu detto molte
volte, fu scritto ancora recentemente da una
scrittrice protestante, la quale, fra parentesi,
scrive con un fervore di proselitismo che manca
troppo spesso a noi donne cattoliche; fu dunque
scritto che i nostri sacerdoti non consigliano
— 59 —
più la lettura del Nuovo Testamento. Ora questa
è per lo meno una parola avventata.
I migliori, i più illuminati nostri sacerdoti,
non fanno che raccomandare questa lettura, e
vorrei far leggere a quella valente scrittrice
le seguenti parole del Lacordaire: « Apprenez
VÉvangile dans VÉvangile mème, et non dans
cette multitude de petits livres d'une orthodoxie
douteicse, d'une sentimentalitè fade, sans seve,
sans vitalitè, sans puissance ».
Anch'io, insieme col babbo, lessi molti libri di
letteratura, di scienze sociali, di storia; ma più
vado avanti cogli anni, e più sento come una
forza alle spalle che mi spinge a cercare più
in alto, nella parola di Dio, la verità regola-
trice della vita. È la religione quella che mi
addita la via nei momenti più ardui e dolorosi,
che porge una soluzione a tutti i problemi del
mio spirito, risponde a tutti i frementi perchè
del mio cuore; mi trasporta lontano sulle vette,
e mi sorregge forte sull'orlo dell'abisso ; mi for-
nisce savie e pratiche ragioni nelle contingenze
della vita giornaliera, e mi schiude sentieri lumi-
nosi in regioni divine.
Lo so, ti si muoverà più volte contro con
questa obbiezione, man mano che procederai
— 60 —
nella vita: « Nella tua religione non tutto si
spiega; né essa tutto ti spiega il Mistero ».
È vero. Non tutto.
Ma che cosasi spiega completamente, quaggiù?
e che monta se alcuni veli ancora ne avvolgono,
dal momento che, pure fra queste penembre
terrene, attenendoci alla parola di Gesù Cristo,
siamo sempre in possesso dell'ago orientato verso
il bene e la luce?
La nostra religione, Marida, si adatta cosi
mirabilmente a tutti i bisogni della umanità,
che le sue leggi sono le leggi stesse della vita:
è questa una verità che forse ora non potrai
comprendere pienamente, ma la esperienza te
la confermerà.
La dottrina del Vangelo è continuamente
presentata a noi come un argomento di vita,
e le anime più incredule si sentono scosse allo
spettacolo di questa vita che splende in noi e
che a loro vien mancando.
Fu il trionfo di tutti i Santi di farne sentire
il palpito nelle loro parole e nelle loro azioni.
E questa forza di vita deve anche salvare
l'umanità presente da una corrente minacciosa,
il cui fragore forse di già è giunto, o presto giun-
gerà, fino a te.
Ora come non mai è sentita e proclamata la
— 61 —
necessità della solidarietà umana, della fratel-
lanza, della uguaglianza. Ma, sotto il bel velo di
queste parole, quante follie, quante ingiustizie,
quante ipocrisie, quanti obbrobrii si compiono!
Quanti poveri ignoranti fratelli son tratti in
inganno da certi Caini e da certi Giuda della
« fratellanza »...
Solo il Cristianesimo ci porge il mezzo sicuro,
ideale e pratico ad un tempo, di raggiungere
la pace e la gioia, affratellandoci in Colui che
abbraccia l'uomo con tutte le sue aspirazioni,
tutte le sue debolezze, e lo solleva nelle regioni
della Bontà e dell'Amore.
Sera.
Ciò che mi dici d'Alfredo non mi fa mera-
viglia. Ho gran desiderio di rivederlo, di par-
lare un po' a lungo con lui.
Egli è buono, e non dubito né del suo cuore,
nò della sua intelligenza, ma, che vuoi! questa
specie di mutamento avvenuto in lui era quasi
inevitabile.
Alfredo ha veduto tante cose e persone nuove,
ha viaggiato, ha imparato un po' a pigliare il
mostro dalle corna, come dicono gl'inglesi, raffi-
gurando la vita attiva a qualcosa che bisogna
domare, lottando forte. Alfredo ha studiato le
scienze positive, ha imparato a fare da sé, nelle
— 62 —
contingenze pratiche, a diventare un uomo di
proposito, e tutto ciò sta bene ; ma, sentimental-
mente, spiritualmente parlando (non inorgo-
glire, che tra poco ti dirò pure qualcosa di meno
lusinghiero) egli è inferiore a te, per ora.
Ed è così di quasi tutti i giovani deiretà sua;
la natura stessa degli studii che fanno produce
una lacuna nelle loro anime. La scienza posi-
tiva limita le sue indagini ed i suoi sforzi a
tutto ciò che può procurare la felicità materiale
dell'uomo.
Ma questo non basta! e per ogni cuore gene-
roso deve pur venire il giorno nel quale sente
che esso ha raggiunto una barriera insupera-
bile, e allora deve nascere il bisogno di cercare
una luce che venga da più lontano, più dall'alto !
A noi donne spetta molte volte di fare inten-
dere di che natura sia questa luce. Noi, a cui
vien concesso maggior tempo e vengono anche
concesse migliori occasioni di ascoltare le voci
interiori, dobbiamo trasfondere nei nostri padri
e fratelli e mariti e figliuoli le idealità che ci
fanno palpitare, dobbiamo camminare al loro
fianco accese di quella fede che veramente
afferma contro ogni diminuzione morale, salva
da ogni frivolezza, tien desti ogni giorno, ogni
ora, verso l'umanità che avanza nelle tenebre.
— 63 —
di quella fede che fa convergere tutte le forze
a beneficare, a progredire, senza fermarsi, senza
fiaccarsi mai.
Questa specie di nuovo dissidio intimo, nato
tra il modo di sentire d*un giovane e d'una
giovane del nostro tempo, ha luogo in mille
campi. Le due generazioni, la maschile e la
femminile, su molti punti non s'accordano più
0 non s'accordano ancora.
E sempre per la stessa ragione; perchè la
necessità d'intendere presto e bene il senso
pratico della vita priva gli uomini di indagarne
e d'intenderne il senso spirituale, ideale.
Inoltre per ragioni molto remote, ataviche,
è frequente nell'uomo una specie di disprezzo
verso la donna innamorata di progresso, bra-
mosa di alta coltura, entusiasta pel trionfo di
ideali sociali, d'interesse collettivo, per ciò che
riguarda l'evoluzione femminile, la vittoria della
personalità, ecc. Questa ostilità nell'uomo per
tutto quanto, insomma, può chiamarsi movi-
mento spirituale femminile, è innegabile.
Perchè?
Per una parte i signori uomini hanno torto,
e col tempo certo muteranno : ma torto, in tutto,
non si potrebbe dire che abbiano, per adesso.
C'è modo e modo di amare le cose spirituali,
— 64 —
e, sovrattutto, non basta gridare : Noi abbiamo
valore ! bisogna valere davvero qualcosa.
Certe idee belle, grandiose ci hanno innamo-
rate un po' troppo precipitosamente. Creature
d'impulso e d'entusiasmo, noi molte ne abbiamo
accettate, senza studiarle, senza meditarle.
Le parole: idealismo, altruismo, intellettua-
lismo, hanno preso un po' di sorpresa certe donne,
che si buttano nel movimento moderno con un
concetto vago; e vanno, vanno, senza sapere
bene né dove vadano, ne che cosa vogliano.
Accettano tutto ciò che ha colore di progresso,
e s'impancano a discorrere, a discutere su ciò
che sanno assai confusamente, e spesso pigliano
cantonate madornali, ciò che fa molto ridere i
signori uomini, e li indispettisce anche a ragione.
Ecce foemina ! gridano queste pioniere avan-
zate; ma, ahimè! sono gran brutti esemplari!
Sono le donne esaltate, le donne che posano^
le intellettuali, le pedanti, le spregiudicate.
Si dice: Il femminismo è una necessità sto-
rica; e nessuna forza è capace di fare indie-
treggiare l'idea che avanza.
Verissimo : ma, per rimediare a certi danni
che tutti scorgiamo, non e' è che un rimedio,
andare avanti un altro passo sulla via del pro-
gresso. Si, ben venga la donna che desidera
— 65 —
davvero di istruirsi, di lavorare, di recare aiuto
ai suoi simili : ma badi di istruirsi, di lavorare
e di recare aiuto con senno, con pazienza, con
pertinacia; senza vanità, senza febbrili sogni,
senza temerarie pretensioni.
Pur troppo ci sono invece molte donne, così
dette femministe e intellettuali, che paiono
suscitate apposta per far prendere in uggia ogni
progresso femminile
Comprendo benissimo, conosco l'origine delle
parole che ti sfuggirono a proposito del poeta G.
Esse procedono da un vero sentimento di rico-
noscenza.
Chi, nelle ore dolci e silenziose, in cui si fa
una specie di viaggio dentro la nostra anima,
chi non vede levarsi le figure indimenticabili,
veramente amate e venerate, di coloro (pochi
sono, sempre pochissimi) di coloro che, forse
senza saperlo, furono i nostri maestri spirituali,
i nostri ispiratori?
Manifestare questa riconoscenza con parole
riesce spesso impossibile, e potrebbe anche esser
vano: ma è possibile invece rendere omaggio
internamente a quegli spiriti che ci benefica-
rono; cercando noi, sempre più, di uniformare
i nostri pensieri e le nostre azioni agli ideali
che essi ci additarono.
5 — L intima gioia.
LETTEKA VII.
Nlariola a sua Madre.
Ora comincio a farmi molte amiche, ossia
compagne: tutte le signorine che conoscono
Carmen e Silvia. È curioso il bisogno che e' è,
nel nostro così detto mondo, di essere conosciuti.
Non occorre tanto Tavere doti naturali, ingegno,
ricchezza, un bel nome, quanto il mostrarsi un
po' dappertutto, il risolversi a sortir y come dicono
i francesi, per essere bene accolti nei salotti.
Comincio anch'io a fare un po' di tirocinio.
Chiamo tutte le signorine col loro piccolo
nome: Lulù, Nini, Jutù Mi lascio chiamar
68 —
incc
Lola da tutte, mi vesto meglio, e sono insomm
diventata une des leurs.
Magra soddisfazione, sai !
Tutte queste signore e signorine che si prò
fessane amiche, amiche strette, amorose, e
trattano con dei: «Carina! tesoro! bellezza!);
in fondo non si amano affatto, e s'invidiano,
si guastano colla massima facilità.
Quando giunsi qui, la zia Celine aveva pe
compagna indivisibile una certa signora Lea
che veramente mi piaceva poco, forse sovrat
tutto perchè vedevo che dispiaceva moltissim
alla nonna. Ma pareva proprio che la zia avesse
subito il coup de foudre deiramicizia; non pò
teva più stare un sol giorno, che dico? un;
mezza giornata, un'ora, senza la sua cara Lea
Andavano insieme a far visite, dalla sarta, a
concerti, ai teatri; erano come sorelle; la zia
sapeva tutto quanto accadeva in casa della
signora Lea, e capivo benissimo che non c'era
un contrasto, una piccola o grande disputa
tra la zia Celine e suo marito, che la signora
Lea ignorasse. Ebbene, improvvisamente; non
so per quale scoperta, che la zia definisce di
tradimento (una parola che fece sorridere la
nonna come troppo altosonante!) esse si abban-
donarono, per sempre! dicono, e ora quando
ISO
ifa
Lo
pi
la
ili
il
m
— 69 — .
'incontrano per via non si salutano, e se per
aso si trovano in un salotto insieme, il guaio
i fa grave
Lo zio Marco diceva iersera colla nonna che
rmai era avvezzo a queste febbri intermittenti
i amicizie sviscerate e di inimicizie implaca-
ili di sua moglie, e sorrideva anche lui, e
onchiudeva con una scroUatina di spalle: Ami-
izie di donna !
Ecco una parola che mi spiacque. Siamo
unque cosi futili e volubili, noi donne?
Voglio credere all'amicizia io !
Quante volte provo il bisogno di palesare i
niei pensieri, i miei sogni, anche quelli più
bili, a qualcuno che abbia la mia età, i miei
usti, le mie tendenze; quante volte, in fine
ella mia giornata, mi sento male, di cattivo
imore, disgustata, solo perchè non mi sono
ncontrata con nessuno che provasse simpatia
)er quanto ne desta in me!
La nonna ha grande rispetto per tutta la
uà parentela, i cui legami non dimentica,
mche quando si sono allentati assai: zie, zii,
ugini e cugine di terzo, di quarto grado, ella
ima rimanere in relazioni con loro, e narrarti
n qual modo, pel matrimonio avvenuto Tanno
tale, fra il cugino del nonno Giovanni, o la
»
— 70 —
nipote della cugina Rosa... oufF! ! io non mi (
raccapezzo mai! Ma essa dice che, da piacer
a non piacere, bisogna saper mantenere le rei a
zionidi parentela, che questo è doveroso; mentr
l'amicizia, specie fra donne giovani, è spesso peri
colosa, quasi sempre una illusione, essendo que
st' amicizia insidiata da un microbo micidial
che si chiama la vanità femminile
Del resto la nonna non s'avvede che molt
cose son mutate, anche nei salotti. Ella ama 1
conversazione, ed è ancora memore dei saloti
d'una volta, e non li vuole dimenticare, e m
rimprovera spesso di non saper mantenere L
buona conversazione, la sera, quando ella riceve
Io per me ciò che fosse ai suoi tempi questi
cosa non so: so che ora essa mi piace poco
trovo che spesso basta di discorrere, riuniti ii
molti, per diventare vani e contraddicenti,
anche stupidi. Che cosa ci manca dunque, a no
moderni, per saper mantener vivo e scintillante
onestamente vivo e scintillante, direbbe la nonna
il fuoco della conversazione ? Io m'avvedo ch(
non so dire due parole assennate e cordiali, se
non quando sono a tu per tu con una persona
Ah! ma se la nonna poi venisse con noi, colls
zia Celine e con me, a fare certe visite nei sa-
lotti delle signore giovani!
— 71 —
Ne vedo della gente, sai! d'ogni risma e
ìolore.
Incontro spesso quella signorina May Wel-
are, la quale ora ha fatto la conquista d'una
icchissima signora qui di Torino, moglie di
m industriale, desideroso anch'egli quanto la
noglie di prender posto /ra la gente arrivata.
Ulora essi si lasciano guidare completamente
la questa americana, che mette loro sottosopra
a casa, organizza i loro ricevimenti, i loro
riaggi. Già, quando miss May parla di viaggi
.tan tutti a sentirla a bocca aperta
Un giorno narrava ch'era stata in Palestina,
i diceva maraviglie del suo attendamento da-
manti a Nazareth, tra i melograni in flore, dove
1 loro dragomanno riusciva a dar loro dei
>ranzi degni del « Savoy Hotel ». Da Nazareth,
la Nazareth! Mamma! portar via il ricordo di
in pranzo inaffiato di champagne è per darti
1 tono! Per me la frivolezza di certe donne,
ma frivolezza dall' aspetto cosi importante,
;osi logica nella sua stravaganza, è cosa che
ni opprime per la stessa sua vacuità. Tutte
[ueste signore, all'infuori dei loro « giorni fissi »
àvono sempre fuori di casa. Dai loro sguardi,
lalle loro parole trasparisce una inestingui-
bile sete di svago, di novità, di qualcosa di
— 72 —
eccitante — < Che cosa si fa di bello domani? )
— questa ò la domanda consueta che si scam-
biano, e parlano sempre più volentieri di doman
che di oggi, e paiono in continua ansietà. S
lagnano di non trovar tempo a leggere, a suo-
nare un po' di proposito; e se qualche libn
leggono, è sempre francese, di quelli che si per-
corrono in un' ora. É ora diventato di mod^
l'infranciosare il nostro bell'italiano, anzich(
parlare addirittura francese, e allora si sciu-
pano tutt'e due le lingue. Leggono anche qualch(
libro inglese, queste signore, ma non di quell
che piacciono a te, non si legge più il tuo Tha-
ckeray, il tuo Dickens no, ma certi libri
invece, molto più ameni, molto più funny, come
esse dicono.
E le loro case, come sono fredde e mute
quando non si aprono, una volta o due il mese
a quei ricevimenti chiassosi, nei quali la pa-
drona di casa non mira che a questo : —
ottenere nel minor spazio di tempo possibik
la maggior folla possibile di signore chic, s'in-
tende. Non importa se la gente non trova quas;
più modo di sedere in quei salotti, non importa
se la padrona di casa non riesce a parlare a
tutte le sue visitatrici ; se, per servirti una
tazza di the, ti premono, ti urtano da tutte
— Ta-
le parti, ti versano sul vestito il latte o il rhum
richiesto dalla tua vicina non importa tutto
questo intanto la padrona di casa gongola,
forse pensando che il giorno prima, in casa
della sua più diletta amica c'era meno ressa,
molto meno
Eppure la zia Celine continua a dire che io mi
devo assuefare a tutte queste usanze mondane ;
mi raccomanda anche d'imparare il significato
relativo del linguaggio mondano, poiché « nel
mondo > tutto è relativo; e ride del mio modo di
sognare l'amicizia, per esempio
Com'è difficile essere davvero
quali vorremmo essere: sviluppare, concretare
nelle nostre azioni le idee che abbiamo acca-
rezzate nella solitudine della nostra cameretta,
sulle pagine d'un buon libro, o d'una buona
lettera che venga dal Chiostro!
Intanto salgo sempre più raramente alla
casetta di Candida!
^^"^^"^^^^^K^^^^KSf^^XS/^t^
LETTEEA Vili.
Donno Cr/si/ono Granerì a Marìola.
Cara,
Oggi è domenica, ritorno dai vespri, sono
le cinque, non c'è più il sole e non è ancora
buio, è un gran silenzio, una grande pace dap-
pertutto, è domenica anche neiraria ! Questa
è una sera che mi fa pensare, non so neanch'io
perchè, allo sguardo color marrone d'un cane
fedele, che ci tiri pel vestito, per ricordarci la
sua presenza ed il suo affetto. Quante cose ti
vorrei dire, e come il mio spirito, in tutta questa
pace silente, vola a te, si sente con te !
Credi pure all'amicizia, Mariola, desiderala,
chiedi a Dio di ma, cominciamo da principio.
È facile convincersi che nessuno può vivere
solo, ossia, non può vivere bene e non può fare
— 76 —
il bene, da solo. Ogni essere umano ha bisogno
di aiuto, di vincere mille forze ostili, di conci-
liarsene mille altre, mercè la cooperazione dei
suoi simili. In altre parole, noi abbiam bisogno
di compagnia, in questo viaggio della vita, di
parenti, di amici, di relazioni. Molte volte, così,
di sfuggita, tu accennasti alle noie che procura
una parentela parecchio estesa, alle perdite di
tempo che essa cagiona, ecc. D'accordo, qualche
volta si va proprio incontro a molti sacriflzii,
piccoli e anche grandi ; eppure di questa paren-
tela noi non possiamo e non dobbiamo far
senza; eppure tutti questi legami famigliari
sono benefici, e più una famiglia è unita ed
estesa più essa è forte, e noi vediamo che nei
paesi dove questo rispetto, questo amore della
parentela è più vivo, più viva e duratura è la
prosperità del paese stesso.
Tu, a costo di rinunciare ad alcune tue ten-
denze ed aspirazioni, fa di mantenere sempre
saldi questi legami, e non venir mai meno a
ciò che chiamerei il senso d'onore famigliare;
tieni sempre alta la bandiera della tua casa,
abbi il culto della unione, della concordia e del
decoro fi'a consanguinei. Una famiglia in pace,
nella quale tutti i suoi membri siano intesi a
recarsi aiuto l'un Taltro, e non conoscano Tin-
— 77 —
vidia, la gelosia, TindifFerenza, i meschini ran-
cori; una famiglia cosi è una potenza.
Lo so, lo ripeto, la famiglia richiede sacrifizii.
Ma è appunto alla tua età che bisogna impa-
rare a farli.
Certe persone attempate, un po' troppo rigide,
un po' pedanti, con idee antiquate e ostinate ;
certe altre, troppo futili, sfaccendate, accatta-
pensieri altrui e poi ancora, certe persone
troppo franche, troppo ruvide, capaci, col pre-
testo della esperienza, di darti in modo conti-
nuato, quasi aggressivo, ammonimenti che non
desideri, consigli che non hai chiesti, tutte
queste persone in parte possono già esser sorte,
in parte forse sorgeranno sulla tua strada.
Ebbene, tu devi sopportarle, devi renderti ca-
pace di dedicare a questi congiunti quanto in te
è di più sereno, di più conciliativo e benefico.
Poi vengono le relazioni, cioè i rapporti, più
0 meno stretti, fra conoscenti. Neanche di queste
relazioni noi non possiamo far senza.
È bene spiegarsi subito, cara. Andare in visite
tutta la santa giornata, stare in sala a ricevere
per ore e ore di seguito persone oziose, e chiac-
chierare oziosamente, o peggio, facendo mal-
dicenze, è cosa riprovevole, cosa che del resto
ti spiace tanto che non occorre ti metta in
~ 78 —
guardia contro di essa. Ma la vita socievole ha
le sue indiscutibili esigenze ; ne ha di già per te,
ora ; ne avrà di più fra qualche anno se, per
esempio, sarai maritata; se tuo marito avrà
una carica, avrà dei superiori, degli inferiori,
coi quali tu, per forza, dovrai 'trattare.
Tout se tieni, diceva la mia istitutrice fran-
cese, cioè: gli altri han bisogno di te, tu hai
bisogno degli altri. Sii gentile sempre, attenta
con tutti ; fa di saper ascoltare chi ti parla ;
reca in tutto ciò che dici molta sincerità e cor-
dialità, evita quanto più puoi di appartenere
alla famiglia degli orsi.
L'attrito coi nostri simili è necessario, esso
chiarisce le idee, spesso anche le fa nascere,
ed elabora in noi un più sano ed equo criterio
della vita.
Ma tutto questo di cui son venuta finora in-
trattenendoti, cioè i rapporti tra parenti e cono-
scenti, non è l'Amicizia.
Mi venne spontaneo di scrivere la parola con
una lettera maiuscola, poiché noi abbiamo din-
nanzi a noi una grande cosa, Mariola. Ed anche
questa parola, al pari d'un'altra, che non esiterò
a chiarirti a suo tempo — l'Amore — anche
questa è una grande parola sciupata.
L'Amicizia è cosa rarissima, lo dissero sempre
— 79 —
i filosofi, e fu anche detto che si ìduò attra-
versare tutta la vita senza incontrarsi in questa
rara cosa, pur essendo dotati di molte virtù
e di molto sentimento. Può darsi. Ma a me
piace questo pensiero di Socrate : — « Sebbene
il vero amico sia raro, se* ne trova sempre uno
per Tuomo capace di essere, egli stesso, un
vero amico ».
Ogni cuore forte e puro attrae a sé la forza
e la purezza, a qualsiasi età, ma sovrattutto in
giovinezza. L'amicizia contratta sui ventanni
ha un aroma che le altre amicizie più non
hanno; un aroma che perdura, che pervade
tutta la vita del sentimento e del pensiero, che
spande un'idea di dolcezza, anche quando tutte
le altre cose luminose e dolci impallidiscono
e dileguano. Io te ne parlo con ardore perchè
ne ho fatta l'esperienza.
É rara, si, l'amicizia: rara, poiché essa é fatta
di generosità, di fedeltà, di aspirazioni vicen-
devoli verso il bello, il vero, il bene ; rara,
poiché essa deve essere scevra di egoismo,
d'ogni calcolo personale, d'ogni senso di oppor-
tunismo; deve essere sincera sino in fondo alle
ultime sue scaturigini ; deve essere capace di
sacrifizio. Ma, secondo me, il non credere che
essa possa nascere e durare in noi é come
— so-
nori credere che la nostra mente e il nostro
cuore siano capaci di sensi di bellezza e di bontà.
So bene che lo scetticismo di certuni giunge
appunto a negare questa capacità, ma noi non
saremo mai fra questi scettici, nevvero, Mariola?
Altissima è la mia idea dell'amicizia : un
minuto di comunione intima con un cuore che
ci comprenda parmi assai più prezioso d'ogni
trionfo che l'ambizione possa riportare in mezzo
agli uomini. L'amicizia nasce quando due anime
s^incontrano in quel profondo di dove scaturi-
scono le nostre aspirazioni migliori ; e quando
ci si incontra in questo modo, la gioia è im-
mensa, indimenticabile. L'amicizia è dunque il
segno d'un'anima molto profonda e molto viva.
« Poesia! » alcuni sarebbero capaci d'esclamare.
Ma io non esito a rispondere che dove non è
poesia non è tutta la vita.
« E le delusioni, le amarezze, gl'inganni a cui
si va incontro? » — odo ancora domandarmi.
Anzitutto, è sicuro che se una fanciulla, una
donna, crede e chiama amiche tutte quelle fan-
ciulle e quelle donne colle quali s'incontra nei
salotti, tutte quelle leggiadre, leggiere, volubili
e futili creature che si scambiano piccoli baci
picchiettanti come colpettini di becco, e si dicono
« angelo » e « tesoro » ogni minuto.
— 81 —
graziano a vicenda con tutta l'effusione del
cuore per una visita fatta insieme ad una sarta
o ad una modista senza dubbio che a questo
modo ma, non te lo dissi dapprima? —
grande parola sciupata, TAmicizia!
In tutte le cose noi troviamo, in gran parte,
ciò che vi sappiamo mettere noi — questa è
una profonda verità! Ora, se tu sai mettere
nella tua vita la grande e pura idea dell'Ami-
cizia, è quasi impossibile che essa non sorga
viva e consolante sul suo sentiero.
Ma, ripeto, le probabilità del suo sorgere sono,
fuori d'ogni misura, maggiori nella giovinezza.
Per prosperare, l'amicizia ha bisogno di espan-
dere le sue radici nella speranza, nell'ideale,
nell'entusiasmo; ora, in giovinezza, tutte queste
cose soavi pulsano assai più gagliardamente in
noi, cosicché l'amicizia prende allora in fondo
all'anima tali succhi di germoglio sano da avere
le migliori garanzie di vita sicura e libera.
Libera, cioè indipendente da qualsiasi conside-
razione di interessi materiali, di posizione, di
ambiente. Più tardi, molte necessità d'indole
positiva ci comprimono, molti doveri famigliari
e sociali ci si impongono, molti casi ci fanno
mutar vita, abitudini, paesi; e rendono assai più
difficile quell'incontro ideale che è l'amicizia:
6 — L'intima gioia.
— 82 —
ma, ove sia avvenuto prima, cioè in giovinezza,
e se il nostro cuore e la nostra mente si saranno
serbati puri, un'amicizia quale l'intendo io, è
una forza, un conforto, un asilo sicuro per tutta
la vita.
Lo notasti anche tu, molti pensano: — « A che
prò l'amicizia in una vita di donna? Essa deve
maritarsi, avere figliuoli, e un'amicizia molto
viva potrebbe persino nuocerle ».
Io non lo credo, Marida. Una forte amicizia
nobilita, ingrandisce l'anima, ci rende più atti
a comprendere i nostri simili, ci rende, in una
parola, più umani.
Ed è necessario, a chi voglia cogliere il pieno
significato della vita, lo sviluppare, al massimo
grado, la sua umanità.
Se ho voluto parlarti così altamente di questo
sentimento, gli è sovrattutto perchè io la scorgo
sul tuo orizzonte, questa cosa rara e preziosa —
l'amica.
Candida!
Sì, figliuola mia.
Ecco un'amica generosa e sincera. I legami
che vi uniscono son quelli dello studio, dell'arte
e della carità.
Cosi unite potrete fare molta strada, e buona,
e spesso anche bella. Sia la vostra amicizia sem-
— 83 —
plice, leale, senza gesti enfatici, scevra di senti-
mentalismo, di quell'esiguo spirito di secretelli
minuti, di confidenze all'acqua di rosa, che blan-
discono la fantasia e lasciano freddo il cuore.
Nell'indole dolce e ferma insieme, che ammiro
in questa giovane, l'amicizia non correrà il
rischio di ridursi in smancerie, in morbide
fatuità. Emani la forza dalla dolcezza del vostro
afietto, e sempre il cuore lavori per l'anima.
E la vostra amicizia non morrà.
Se saprai fare dei sacrifizii per mantenerla
viva, ciò s'intende, Mariola. Senza sacrifizii nulla
può vivere quaggiù, e quelli che richiede una
vera amicizia sono talvolta grandi.
Conosci il detto della Bibbia: < Chi ha tro-
vato un amico, ha trovato un tesoro ». Ma con-
servare questo tesoro non tutti sanno.
Ci sono le difiìcoltà del temperamento, delle
tendenze. Siam tutti dotati di buone e di cattive
qualità: nell'amica bisogna saper apprezzare
le prime, non dimenticarle mai, neanche nei
momenti in cui le seconde prendono il soprav-
vento. Ci sono i momenti di stanchezza, di tedio,
di scoramento, momenti pericolosi, ai quali nes-
suno può sottrarsi, e durante i quali pare nulla
franchi la spesa di muovere, di agire, di vin-
cere bisogna farseli perdonare a noi stessi, e
— 84 —
saperli perdonare airamica. Ci sono gli impulsi
cattivi, sì, veramente cattivi. In fondo a ognuno
di noi vivono, ahimè! germi di orgoglio, d'in-
vidia, di piccine voglie e di morbose scontrosità.
Bisogna stare in guardia contro tutto ciò; fiac-
care la testa a tutti questi malvagi impulsi,
quando vediamo che la vorrebbero sollevare.
C'è poi, grandissima nemica, l'invidia altrui,
di tutti coloro, cioè, che non hanno amicizia e
non sono capaci di provarla. Alla gente volgare
una vera e pura amicizia dispiace quanto, forse,
un vero e puro amore.
Bisogna stare in guardia anche qui.
Non ascoltare le maligne insinuazioni, le
parole veramente velenose, qualche volta, che
mirano a distruggere un legame prezioso. È poi
quasi impossibile che a lungo andare — non
siamo che umani! — tra amiche, tra le migliori
amiche, non sorgano dei malintesi, dei dissapori;
non venga il momento in cui, o per una parola
imprudente e troppo vivace sfuggita all'una, o
per un esagerato risentirsi dell'altra, si rasenti
il pericolo d'una rottura.
Allora, allora sovrattutto conviene ricordarsi
che un amico è un tesoro, che l'incontro di due
anime è raro, che Iddio non concede forse due
volte che questo incontro pieno, spontaneo, lumi-
— 85 —
noso avvenga ; e ricordarsi bisogna di tutto ciò
che la nostra amica ha fatto per noi, di tutte
le buone sue qualità, di tutto ciò che avevamo
promesso di fare e di essere per lei; cercare le
vie del compatimento, della indulgenza, della
conciliazione: allora dobbiamo trovare la bella
forza di accorrere presso l'amica, per andarle
a dire, dal profondo del cuore, la parola che
rischiara, che calma, che cancella e che riunisce,
trovarla a costo di qualsiasi sacrifizio del nostro
orgoglio e del nostro egoismo.
— Une haute amitié remplit bien mieux qu'une
commime le coeur de Vhomme, Les petites choses
flottent dans sa capacità; il rvy a que les grandes
qui s'y arrétent et y demeurent — disse B. Pascal.
Metti adunque nel tuo cuore una grande ami-
cizia, Marida, e sarai più contenta di vivere, e
troverai mille occasioni di vivere più genero-
samente.
Lo so, ciò che ti consiglio è una di quelle
vigorose sostanze che poche donne ricercano;
ma io ti voglio donna forte; troppe donne deboli
e fiacche ci sono pel mondo.
sr=
LETTEEA IX.
Mariolo a sua Madre.
Mamma cara, feci leggere l'ultima tua let-
tera a Candida! Ella mi abbracciò, e mi disse
con quella sua voce limpida: « Ringrazia tua
madre anche per me ».
Avevo chiesto alla nonna di lasciarmi andare
subito dopo colazione fin lassù, alla modesta Ca-
sina di Candida, in Val Salice. Essa non discende
in città tutti i giorni; ama lavorare in una
specie di serra dove ha una grande collezione
di giacinti e dove il rumore delle vie popolose
giunge alForecchio di lontano. Nella serra pro-
fumata ella ha la sua tavola da scrivere, la
macchina da cucire, una scansia con molti libri ;
— 88 —
è quel luogo un semplice e sereno rifugio di
un'anima tutta vibrante di ricordi e di speranze.
A un tratto, dopo di aver parlato di altre cose,
Candida mi disse, guardandomi fissamente con
quei bruni suoi occhi, nei quali parve affacciarsi
un pensiero tanto leale e bnono:
« Io mi sento di darti quest'amicizia, cosi
come la intende tua madre, Marida; la vuoi? >
Eravamo intenerite tutte e due, ma non
fecimo frasi. Il tuo modo di sentire forte e sem-
plice ci aveva troppo persuase e pervase; e poi,
credo di poterlo dire, le nostre due nature non
inclinano proprio a ciò che ti dispiace tanto,
alle sdolcinature, alle smancerie.
Si stette insieme a lavorare per qualche
tempo, poi ella mi lesse alcune bellissime pagine
di un libro che piacerebbe anche a te — Le
prose di Enrico Nencioni. — Esso mi attrasse
per la speciale forza degli affetti, manifestati
in un italiano che innamora, colorito, armo-
nioso, aggraziato e signorile.
Discorrendo, discutendo cosi di tante cose,
degli autori che preferiamo, delle città, dei paesi
che vorremmo visitare, interrotte anche due o
tre volte dal sopraggiungere di povere madri,
di ragazzetto che Candida protegge e aiuta,
vennero presto le sei, assai troppo presto!
— 89 —
Nel salutarmi, Candida mi domandò:
— Tua madre deve conoscerla per prova
l'amicizia? Chi ha questa fortuna di essere
l'amica sua? lo sai?
Fu una parola suggestiva. Desiderai ritornare
da Donna Adriana, che vidi appena due o tre
volte, dacché son qui; parlai di lei colla nonna,
colla zia Celine.
Esse mi dissero ciò che fu per te quest'ami-
cizia mentre eri a Torino, come vi amaste e
quanto ti costò di doverti ridurre lassù al
Chiostro, sovrattutto per questa tua sorella di
adozione.
— « Ma, si sa. Cristiana era nata per sacri-
ficarsi, e si sacrificò tutta la vita » — conchiuse
la zia con quella sua bonarietà un po' leggera,
con quel suo strano sorriso quasi impaziente di
donnina che non giunge a comprenderti, ma
ad ogni modo ti ammira.
E son tornata da Donna Adriana; ella mi
parlò a lungo, mi fece molte domande, rispose
a tutte le mie. Mi disse che soffri veramente
e per molto tempo della tua partenza; « ma poi,
a poco a poco — soggiunse — sentii che si può
essere molto uniti anche da lontano ; e del resto
non mi sarebbe mai venuto in mente che tua
— 90 —
madre potesse, per me, rinunziare al suo di-
segno di nuova vita. Io incontrai Cristiana ne
momento in cui più spasimavo sotto Tatroct
dolore della perdita delTunico mio bambino. Ave-
vamo ventanni appena, entrambe, e tua madre
pur essa soffriva, acerbamente, per la salute d
tuo padre ».
E qui, con poche parole chiare e tenere
Donna Adriana evocò la tua figura di donn^
mesta, e così bellina ! il tuo volto pallido, i tuo
occhi, nei quali era tanta luce d'azzurro, i tuo
occhi che dicevano la verità e la cercavano....
« Io credo che la simpatia sia questo — elk
« prosegui — da certi sguardi, da certi inde-
« finibili e fuggevoli accenti, vedere improvvi-
« samente formarsi, in fondo all'anima nostra
< come una conca trasparente, dove si rispecchia
< tutta la vita intima, tutto il sentire più secreto
« della persona che abbiamo davanti. Cos
« nacque la simpatia fra tua madre e me. I
« in breve essa fu qualcosa di più : fu amicizia
« I dolori di tua madre furono i miei : i mie
« furono i suoi. E anche delle gioie fu cosi. Già
< poiché dal nostro incontro nacque pure una
« possibilità di provar gioia; tutte le gioie che
« derivano dalla forza dell'anima, dal desiderio
« di progredire, di migliorare insieme. Tua madre
— 91 —
K si allontanò poi da me: ma continuammo a
K scriverci, a comunicarci i vicendevoli sforzi
(n nellaricercadelbene.Fuallorache io cominciai
« a dedicarmi, sola com'ero, a coloro che sof-
« freno, alla gente che lavora. Tua madre mi
« guidava, da lontano, in tante cose, ed io forse
« posso anche dire che guidavo lei. L'azione di
« Cristiana si svolse principalmente nella fa-
« miglia, nella economia domestica, nelle cure
« prodigate a tuo padre, nelF educarti, cara
« bambina, lo procurai di portare un po' di
« balsamo a tante miserie materiali e sovrat-
« tutto morali. Quelle miserie che sono l'abbru-
« timento nel vizio, la degradazione nella colpa
« e nella vergogna.
« A vicenda noi dunque, più d'una volta, ci
« aiutammo, ci indicammo i mezzi per conse-
« guire buòni frutti nelle nostre diverse mis-
« sioni. Vivendo nel movimento intellettuale,
« io qualche volta diedi consigli, fornii libri per
« la triplice coltura che tua madre desiderava di
« dare a sé stessa — coltura religiosa, coltura
< pedagogica e coltura economica.
« E tua madre, oh! tua madre, colle sue let-
« tere e certo anche colle sue preghiere, mi
« sorresse, m' incoraggiò, mi incitò talmente
« sull'ardua via da me scelta, che io, nel ri-
— 92 —
« pensarci, provo sempre un immenso slancio
« di riconoscenza e d'affetto Dio sa che, dopo
« la sua partenza pel Chiostro, ebbi momenti di
« vero scoramento: ma dovetti poi, col tempo,
« convincermi di una verità. Io non ho mai
« avuto ciò che volevo, quando lo volevo : e
« nondimeno, se considero gli eventi della mia
« vita, m' avvedo con riconoscenza che Iddio,
« volta per volta, mi ha sempre dato ciò che
« mi occorreva per andare avanti. Prima di
« incontrarmi con tua madre io, natura assai
« impulsiva e violenta, ero una ribelle, nel mio
« dolore ; esso mi aveva atterrata e vinta. Tua
« madre era una natura più equilibrata, più
< sana, ed è proprio delle nature più sane, non
« già di non soffrire, ma di risolvere e trascen-
« dere praticamente, non meno che idealmente,
« il mistero del dolore e del suo significato nel
« mondo.
« In complesso noi potremmo essere una prova
< luminosa che una sincera e retta amicizia fra
« donne, anziché intralciare il progresso del
« cuore e della mente, lo agevola, fa volgere
€ con più ardore le nostre aspirazioni in alto >
Stasera, appena giunsi a casa, volli scriver
subito queste belle parole di Donna Adriana,
— 93 —
per timore di non saperle poi più ridile esat-
tamente: ma forse questo non dovrei temerlo:
mi pare di sentire sempre più che esse si sono
impresse nella mia memoria in modo non can-
cellabile dal tempo.
Oh ! Mamma ! nò posso dimenticare le parole
della zia Celina: Tua madre era nata per sa-
crificarsi, e si sacrificò tutta la vita ....
LETTERA X.
Donna Cristiana Graneri a Marìola.
la zia Celine ha
torto di farti credere ch'io non abbia mai co-
nosciuto altro che il sacrifizio. Iddio non mi
ha chiamata a questo stato di perfezione, ci
vuol altro !
Tu che conosci la profonda bontà, Talto spi-
rito di tuo padre, devi comprendere che il dedi-
carsi, a lui ammalato, è dedizione che racchiude
un immediato e grande compenso; il concetto
che ora hai potuto farti della mia amicizia con
Adriana deve pure persuaderti che molti giorni
io ho potuto segnare colla matita rosa sul libro
— 96 —
della mia vita e le consolazioni che tu m'hai
date, che mi darai ancora, Mariola mia?
Del resto, la felicità è cosa assai relativa, ed
io, che dalla gente la quale mi conosce solo in
modo superficiale, sono giudicata una donna un
po' grave e mesta, io ho invece sortito da na-
tura un temperamento felice.
Amo la vita, la trovo bella.
Guarda, son levata da qualche ora appena,
ed ho già potuto attingere molti buoni pensieri
nel libro di Dio; pensieri che mi hanno ripo-
sata la mente, e me l'hanno disposta al lavoro;
ho potuto prendere la penna per scriverti; ora,
i libri, il lavoro, il raccoglimento interiore,
ebbero sempre per me le grandi attrattive!
Quale luogo, quale vita, meglio di questa mia
casa e di questa mia vita quieta, potrebbero
appagare i miei gusti? E dovrei considerarmi
una vittima dell'esistenza?
Mi piace di soffermarmi sui pensieri che il
mattino si levano nella mia anima. Questo
gusto nacque presto in me.
Ricordo che da bambina, stando sola in giar-
dino, per esempio, il tempo mi volava via senza
che me ne accorgessi. Quando la mia gover-
nante mi cercava, si stupiva di trovarmi cosi
quieta e serena e mi domandava che cosa avevo
— 97 —
fatto, io non rispondevo. Non avrei saputo
rispondere.
Cogliendo fiori, inseguendo farfalle, sedendo
in riva ad una fonte, avevo ascoltato, m' ero
curvata, per così dire, sui pensieri che sboc-
ciavano in me, come per respirarli, per vederli
bene, prima che svanissero.
Avevo fatto meco stessa dei lunghi discorsi,
che forse avrebbero qualche pregio per te, se
sapessi rintracciarli nella mia memoria.
Gioie intime, Mariola, che nulla, che nessuno
potrà mai rapirci!
Del resto, il sacrifizio è il fondamento della
vita dell'anima. Per raggiungere una vetta,
per progredire, bisogna esser pronti a lasciare
qualcosa di noi, dietro di noi; a lasciare qual-
chevolta il sangue della nostra anima, come
disse un grande poeta.
E guai alla società nella quale la donna,
sovrattutto la donna! non sia convinta di questa
verità.
Gridino, s'esaltino finche vogliono i seguaci di
certi filosofi sulla inutilità del sacrifizio, cre-
dano che la pietà faccia parte della morale
degli schiavi (Nietzsche) io ti dico che vi sono
nella vita, ad ogni svolta di sentiero, dei passi
nei quali bisogna o sacrificarsi o diminuirsi
7 — L'intima gioia.
— 98 —
moralmente. 0 ascendere fino alla sublimità
dello spirito, o discendere fino alla abbiezione.
E l'ascendere dello spirito non può avvenire
se non colla distruzione in noi delle nostre
tendenze inferiori, degli istinti che lottano colle
aspirazioni.
La legge fondamentale della vita è la mor-
tificazione dell'inferiore a profitto del superiore.
Bisogna saper rinunciare a tutto ciò che, pia-
cendo, non conduce dritto alla nostra meta —
il bene.
Ecco come sorge la necessità del sacrifizio.
Il primo concetto del sacrifizio mi venne da
una maestra che ebbi, sui quattordici anni, a
Firenze, dove dimoravo allora con mio padre.
Ella si chiamava Oh ! Elisa Fioravanti,
quanto ti ricordo bene!
Lascia ch'io m'indugi un poco intorno a questa
cara figura di donna ora scomparsa: intorno
a quel tempo che è già cosi lontano, Marida mia.
Avendo perduto la mamma prestissimo, io
ero stata fino allora quasi esclusivamente edu-
cata da una maestra francese, mademoiselle
Meuniot, che ti rammentai tante volte.
Quell'anno ella non aveva potuto lasciare
Torino per seguirci, ed io, che da due mesi
ormai, in Firenze, non ricevevo più nessun inse-
— 99 —
gna mento ordinato, cominciavo ad annoiarmi,
ed xnche a impensierirmi. Ero ciò che si potrebbe
de^nire una ragazza savia, riflessiva; sapevo
ciré alla mia età bisognava studiare; volevo
danque studiare, e mi sentivo sovrattutto igno-
lante di quanto riguardava la mia lingua, il
mio paese.
Mio padre, per farmi piacere, s'informò presso
alcuni suoi amici per trovarmi una maestra, e
gli fu indicata questa signorina Elisa Fioravanti,
laureata in lettere.
Ricordo ancora la mattina piovosa di gen-
naio in cui attraversai col babbo gran parte
di Firenze, che pareva tutta quanta immersa
nel grigio, ed entrai in quella modesta casa di
via de' Servi, salii quelle scale buie, fui intro-
dotta in una stanzetta molto fredda.
Prima ci venne incontro un uomo alto e
magro, dal grosso naso paonazzo; un uomo
strano, repulsivo, con certi occhi esaltati, orlati
di rosso, e le pupille che pareva nuotassero in
un'acqua torbida.
Ci disse, in un fiorentino da fiaccheraio arro-
gante, che sua figlia, la professoressa, sarebbe
venuta tra poco ; intanto egli desiderava inten-
dersi con mio padre, intendersi sulle ore e sui
prezzi delle lezioni.
— 100 —
Sua figlia si riaveva appena da una grave
malattia — «per mandarla fuori di casa,guah!...
ci voleva tanto. Per le lezioni date in casa sua,
un po' meno ».
L'impressione che ci fece quell'uomo fu pes-
sima; e quando egli ci ebbe lasciati soli, io
accennai a mio padre, come per dire : « An-
diamocene? ».
Ma ora entrava la signorina Fioravanti.
Io sentii subito, non appena l'ebbi guardata,
che la commozione dipinta su quel pallido, este-
nuato volto si comunicava a me, mi diceva:
« Abbiate pazienza non giudicatemi da lui ! ».
Elisa Fioravanti era alta e magra anch'essa;
era pettinata in un modo molto strano, come
una vecchia, ma una vecchia che avesse avuto
i capelli troppo scuri e troppo densi ; aveva una
bocca fine e delicata, gli occhi un po' socchiusi
sotto palpebre pesanti, aveva, nelle linee degli
angoli frontali, un qualcosa che mi ricordò le
madonne del suo paese, quelle più antiche.
Ma il grande, l'irresistibile fascino stava nel
suo modo di parlare: facile e piano e molto
elegante ad un tempo, d' una eleganza forse
inconscia. La parlata toscana usciva da quella
bocca sfiorita come una cosa viva, che attraeva.
Con urbanità schietta, con nativo decoro e
~ 101 —
gentile compostezza, la donna italiana ci fece
subito comprendere quanto diversa ella fosse
dal padre suo: ma di lui non fece parola, na-
turalmente. Avvedendosi che la debolezza di
Elisa Fioravanti era ancora grandissima, mio
padre, con accorta e cordiale diplomazia, dispose
le cose in modo che, recandomi io da lei, le
lezioni mantenessero il loro prezzo più alto.
E così cominciò per me, Marida, un sereno
e forte periodo di studii, e, ciò che più monta,
di iniziazione alle cose più salutari all'anima.
Mi fu poi sempre grato di pensare che la
stessa persona, la quale mi fece conoscere la
mia lingua — questa forza sottile, aerea, che
vola sul mondo dell'intelletto e lo domina, — -
fosse pur quella che mi fece conoscere quel-
l'altra misteriosa forza del mondo morale, ch'è
il sacrifizio.
Elisa Fioravanti, oltre all'insegnamento che
impartiva a me e ad alcune altre signorine,
teneva in pensione due ragazzi ai quali dava
ripetizioni di latino e di greco; ella li accom-
pagnava al Ginnasio, li andava a prendere;
ella assisteva suo padre, che si faceva servire
appuntino da lei, lo quietava, quando, cosi spesso,
e senza ragioni apparenti, egli montava su
tutte le furie, la ingiuriava, la minacciava
— 102 —
(compresi a poco a poco che il disgraziato era
un alcoolista). Spesso anche l'unica servetta
mancava: il vecchio era così cattivo! — e allora
Elisa cucinava il pranzo e la cena, e poi, la
sera, dopo aver dato tutte quelle lezioni, dopo
aver lavorato cosi faticosamente colle sue pic-
cole smorte mani, ella stava su qualche volta
sino al tocco, a correggere i compiti, a studiare
per conto suo.
Ella amava tutti gli studii, tutto ciò che po-
teva alimentare il suo austero, puro e solitario
spirito: ma a me, in quel tempo, ella insegnò
sovrattutto ad amare la nostra lingua, come ti
dissi -già. Fu con lei e da lei ch'io cominciai ad
intendere la bellezza di questo linguaggio, che
tanti, per ignoranza, accusano di pesantezza,
di monotonia, e che in bocca di Elisa, nei libri
ch'ella mi faceva leggere, aveva una ricchezza
incomparabile, una vivacità deliziosa, una ele-
ganza armoniosa, nobile, dignitosa, si ! ma non
scevra mai di disinvoltura, ed anche piena di
ardimenti inattesi ed efficaci. Ella mi iniziò a
tutte le bellezze dei nostri classici, mi fece amare
Dante, il Petrarca, i nostri novellisti, tutte le
poesie e le prose nostre migliori, e fu dall'amore
di questa maravigliosa e viva lingua, fu nel
penetrarne lo spirito, nell'ammirarne i tesori
— 103 —
accumulati di secolo in secolo, che nacque in
me, alto, commosso e fervidissimo, l'amor di
patria. Ah ! questa cara patria bisogna amarla,
Marida, bisogna che l'amiamo sovrattutto noi,
suoi figliuoli istruiti e coscienti! Ora anche
questo bell'ideale s'intiepidisce, svanisce nei
cuori. È un gran male
Io ho sempre fatto ogni mio possibile per
crescerti in questo amore. Dio voglia che il tuo
animo di donna abbia a rendere un buono,
schietto suono di italianità cristiana.
Ma torniamo a quel tempo !
Elisa Fioravanti cominciava a provare un
vivo interessamento per me, ed io provavo una
profonda riconoscenza per lei. Ero studiosa e
laboriosa, ma, fino a quel punto, n'en dèplaise
Mad}^^ Meuniot, avevo dovuto far molto da me.
Poco ella sapeva spiegarmi, e ricordo ancora
adesso il vero, compassionevole mio smarri-
mento, quando, trovandomi con ragazze più
istruite di me, leggendo la vita di certe donne,
facevo dei confronti, e m'avvedevo di essere
così indietro Perchè amavo tanto lo studio ?
Che cosa speravo da esso? Non so bene ! È questa
una domanda che rivolsi a me stessa molte
volte. Forse desideravo dare un indirizzo alle
energie del mio spirito e del mio cuore. Non
— 104 —
ero ambiziosa. Non mi credevo di grande in-
gegno, anzi, mi sentivo in molte cose un po'
tardiva, ma certo avevo sin d'allora compreso
che l'istruzione aiuta, avviva l'intelletto.
Una idea isolata s'imprime difficilmente nello
spirito, ma quando questa idea d'origine nuova
trova un punto di contatto, già preparato nella
mente, essa si associa a ciò che le è analogo,
e forma, con ciò che precede e che segue, una
catena il cui prolungamento conferisce la forza.
Più s'è ricchi, e più è facile arricchirsi. Ecco ciò
che allora non avrei di certo saputo definire,
ma ecco ciò che mi spingeva a studiare, a
ricercare continuamente la compagnia di Elisa
Fioravanti. La quale mi comprese, mi aiutò,
forse anche trovò in me, nella mia viva ed
accesa ammirazione, un conforto.
Ormai si stava insieme molte ore, tutti i
giorni, e s'andava anche fuori, insieme. Ella
amava la sua Firenze, le sue chiese, i suoi
musei, i suoi monumenti, i suoi giardini ; e ne
aveva pratica grande, e pareva ne conoscesse
tutti i secreti, e me li fece amare. Un'aspira-
zione costante e strana in quella umile inse-
gnante, in quella donna obbligata a sbrigare
i più grossolani lavori di casa, in quella figliuola
tacita e tormentata, le accendeva lo spirito per
— 105 —
la bellezza dei marmi e dei dipinti ; e nel com-
prendere e nello spiegare i pensieri armoniosi
e religiosi racchiusi in quella immortale arte
fiorentina, pareva ella vivesse una vita nuova,
più libera e pura.
Di Firenze ella amava pure immensamente
la campagna luminosa e soave ; quando faceva
bel tempo, ella mi conduceva fuori le porte,
ed io ricordo una di quelle passeggiate, in par-
ticolar modo.
Era un giorno di marzo; sui colli la stagione
che i poeti provenzali chiamavano « la sta-
gione del rinnovellamento » si sentiva in modo
profondo, raggiava intorno a noi, ci batteva
sul viso il suo alito fresco e odoroso; mai come
in quel punto mi parve che tutta quella dol-
cezza fosse assorbita, goduta dal pallido volto
della donna, forzata a languire tante ore di
seguito nel mucido odore della stanza del padre
alcoolista.....
Che giorno era! Dalla terra saliva al cielo
una grande arcana promessa ; le chiome degli
ulivi contorti, agitati dal vento, eran d'argento
soffice; laggiù, a valle, sopra l'Arno, il cielo
inverdiva delicatamente, tra sfumature rosee;
le colline, all'ingiro, immerse in leggeri vapori'
violetti, parevano velate di grazia, e Firenze,
— 106 —
tutta Firenze, che si stendeva nella pianura,
aveva un'apparenza morbida, piena di poesia.
Raggiunto una specie di spiazzo, dove il sole
riscaldava più forte, trovai delle violette, le
prime dell'anno, e anch'io gridai col poeta
inglese, stranamente commossa, gridai : In
ginocchio ! Ecco le violette ! (Tennyson).
Vi sono momenti nella vita in cui sentiamo
che in noi si svolge qualcosa di nuovo, di supe-
riore al nostro essere consueto: sono qualche
volta avvenimenti brevi e oscuri, ma, perchè
hanno una lunga eco nel cuore, diventan
grandi. Là, in ginocchio, mescendo il mio re-
spiro a quello dei dolci fiori, davanti a quella
campagna argentea e luminosa, in vista della
città del giglio, io ebbi un improvviso sussulto,
un delicato senso di giovinezza che sbocciava.
Con anima non più di bambina, in tono som-
messo e un po' tremante, rivolsi una domanda
a Elisa Fioravanti : — « Non aveva ella mai
incontrato nessuno che avesse inteso l'anima
sua, il suo cuore? »
Ella mi rispose con tutta la sincerità, tutta
la fiduciosa gentilezza della sua natura.
E allora fu, Marida, ch'io vidi il sacrifizio,
come se mi fosse sorto dinnanzi con aspetto di
cosa viva.
— 107 —
Sì, ella aveva, sui vent'anni, conosciuto una
persona, un giovane, che, per le aspirazioni,
i gusti, i principii da lui palesati, ella aveva
sentito di poter amare. E s'erano veramente
amati, e si erano promessi. Solo, egli era un
modestissimo impiegato, e gli toccava man-
tenere la madre inferma; non aveva dunque
la possibilità di preparare la nuova casa.
Ma ella. Elisa, era già laureata, suo padre era
allora segretario presso una ditta commerciale,
ella poteva dunque assumersi l'impegno. Per
dieci anni, lavorando da mane a sera, logo-
randosi un poco, ogni giorno, i polmoni ed il
cervello, ella andò accumulando una piccola
sostanza. E frattanto, in questi dieci anni, il
cuore e l'anima dei due giovani venivano, con
sempre maggior gioia, scoprendo nuove affinità
fra di loro, nuove, più forti e più alte ragioni
di amarsi.
Era per finire quel lungo, arduo periodo di
preparazione, di lotte combattute nel campo
delle difficoltà materiali da quell'esile e corag-
giosa donna, era ella per raggiungere la vit-
toria, il premio finale, tanto sospirato, tanto
sognato, quando il padre di Elisa Fioravanti
fece rovinare ogni cosa. Un giorno egli tornò
a casa con una torva disperazione nello sguardo,
— 106 —
e dichiarò alla figliuola che se egli non trovava
subito, subito! una certa somma, egli era un
uomo perduto
Elisa qui non si spiegò molto (chiaramente,
ma io compresi. Certo il disgraziato doveva
aver sottratto una somma alla cassa della ditta
che lo impiegava: una somma che aveva gio-
cata, 0 consumata chi sa come, perduta, in-
somma, irremissibilmente.
Ora, dillo tu, Marida, che altro rimaneva
da fare a quella povera Elisa, se non pagare?....
Pagare! Prendere quei denari fatti colle fibre
del suo cervello, colle speranze del suo cuore
e darli, e rinunciare a tutta la luce della sua
gìOYmezza», sacrificarsi in una parola!
Ecco il dilemma. 0 diventare superiore a
sé stessa, o discendere fino agli ultimi gradini
dell'abbiezione ; cioè non salvare suo padre,
lasciare ch'egli perisse, che finisse in carcere,
forse in galera la sua vita. Si sacrificò. Salvò
il padre. Certo senza far grandi parole, ne
grandi gesti, molto semplicemente. E anche
molto semplicemente ritornò alla sua vecchia
catena, senza gioie, senza speranze, senza palpiti,
ormai: ricominciò da capo a lavorare, a fati-
carsi, a logorarsi ; ma non più per lui, per
l'uomo nobile e buono, l'uomo amato e amante ;
— 109 —
per Tuomo, invece, che l'aveva sempre sacri-
ficata, Tuomo che ormai senza impiego, ina-
sprito, avvilito, cadeva sempre più in basso,
diventava sempre più egoista, torvo, violento ;
s'ubbriacava con sempre maggior frequenza,
spendeva per se tutto quanto ella guadagnava,
la succhiava viva !
Eppure, ripeto, perchè è su questo punto che
voglio fermare la tua attenzione, Marida, che
altro poteva ella fare ? quale altra via si apriva
dinnanzi a lei, se non quella del sacrifizio?
Solo quella, solo quella ! Vi sono, più d'una
volta, casi della vita nei quali il sacrifizio è
inevitabile, se vogliamo fare il nostro dovere.
Il fidanzato di Elisa, addolorato, ma non
mutato, non ribelle alla sorte, era partito per
l'estero, dove aveva sperato di trovare possi-
bilità d'un guadagno più pronto e maggiore,
cosi da riedificare lui ciò che il padre di Elisa
aveva distrutto.
— Dunque non ogni speranza ò svanita ! —
io esclamai allora — Ella potrà ancora, e forse
tra breve, esser felice?
Elisa si fermò un momento sulla strada, e mi
guardò a lungo con quei suoi occhi teneri, più
aperti del consueto, e biondi come topazii e pieni
— 110 —
di lagrime ; poi, con una mossa improvvisa,
sollevando le mani alla testa, si scoprì
Rimasi sbigottita !
La testa della poverìna mi apparve nuda,
quasi calva, con appena qua e là alcuni lievi
ciuffetti di corti capelli grigi. Fu un attimo:
quasi subito cappello e parrucca! ricopersero
la testa, ma io non dimenticherò quella vista
pietosa, mai, mai più ! Nuovamente le palpebre
pesanti velarono lo sguardo tenero, e la bocca
sfiorita tremò, tremò tutto l'estenuato volto,
mentre ella mi diceva piano: — « Hai veduto?
Capisci ? capisci chi ritroverebbe il mio fidan-
zato, se ritornasse ? Sono una vecchia ; Tul-
tima mia malattia m'ha ridotta cosi. E le
vecchie non si sposano! »
Molto amorosamente, e anche sinceramente,
io mi ribellai a quelle crudeli parole : ma ella,
scrollando la testa, più non rispondeva. Forse
troppo forte era il groppo che le lacrime le
facevano alla gola; forse troppo forte era il
suo convincimento che le vecchie non si sposano,
che non devono sposarsi.
Ancora a lungo noi andammo quel giorno
su della collina, che, pei mandorli e i peschi
fioriti, pareva una gran nuvola rosata e fresca.
Ancora a lungo tacque la mia nobile guida.
^ 111 —
Poi, come la sera cadeva, e tutta la natura
s'ammantaya d'una bellezza più austera, ella
mi parlò nuovamente con quel magnanimo suo
cuore, e nelle sue parole io sentii sempre più
il bisogno eroico di vincersi ancora, di assi-
curare sempre meglio la dominazione dello
spirito sulla fralezza del corpo, il proposito
fermo di sforzare senza tregua il suo io a
tacere, a piegarsi
Il Signore risparmiò a quella umile eroina
il dolore di dover dire al suo fidanzato: « Guar-
dami io non ti posso più sposare ». Forse
le risparmiò anche il dolore maggiore di dover
leggere sul volto amato l'assentimento alle sue
parole
Te lo dissi. Elisa Fioravanti è morta!
Ella morì pochi anni dopo la mia partenza
da Firenze, prima che il suo fidanzato tornasse.
Ora certamente ella sa perchè sofferse tanto
quaggiù : ma io non credo che ella abbia avuto
mai nel cuore e sulle labbra di quei « perchè? »
disperati e ribelli che mettono in sussulto tutta
l'anima di certi infelici. Sacrifizio nobile e alto
fu il suo, sovrattuttto perchè ella seppe sop-
portare la sua sofferenza, senza conoscerne il
significato, ma fidente che dovesse averne uqo,
e grande, e bello, e divino, di là dalla vita.
~ 112 —
Non tutte le esistenze sono come questa,
Mariola. Non tutti passano nella vita solo dolo-
rando, ma io voglio che tu sappia fin d'ora
disprezzare certe superdonne moderne, seguaci
presuntuose di filosofi che spesso conoscono
solo di nome.
Voglio che tu sappia che, o prima o poi, viene
il giorno d'una grande rinuncia, d'un grande
sacrifizio, in ogni vita; e a quel giorno bisogna
sapersi preparare con piccole rinuncio e piccoli
sacrifizi quotidiani.
Bada che io non sono una miscredente della
felicità; molte volte già te lo dissi. Ma ti esorto
a non credere alla felicità di solo piacere. Se noi
riconosciamo che il dovere s'impone all'uomo
e che egli può adempierlo perchè è libero, allora
non e più il piacere il solo bene, e non è più
il dolore il solo male: una cosa sola è buona,
in modo assoluto — la volontà di far bene.
E una cosa sola è cattiva, in modo assoluto
— la volontà di far male.
Parole forse un po' difficili oggi per te,Mariola.
Potrai serbare questa lettera, e rileggerla poi
^^j-^S^T — ^^ "^^^^
LETTERA XI.
Marìola a sua Madre.
La zia Celine ha il suo piccolo Nanni amma-
lato — febbri gastro-reumatiche, disse ieri il
dottore.
Ora che egli è venuto sappiamo che cosa
fare, abbiamo una regola, indicazioni precise, e
non si discute più. Ma il primo giorno che
Nanni stette in letto, ci fu da piangere e da
ridere in pari tempo.
La nonna dava pareri che non contenta-
vano lo zio Marco; la vecchia balia di lui, ora
bambinaia di Nanni, era dell'idea della nonna,
e lo zio Marco, non potendo indispettirsi colla
g — L'intima gioia.
^ 114 —
suocera, faceva portar la pena del suo malumore
a quella povera donna... Poi, la zia Celine è
socievole, lo sai, riceveva dunque tutti i parenti
e le amiche che capitavano a prender notizie;
essa è anche di natura mutevole, incerta. Entra-
vano tutti in camera : zie, cugine, amiche, e
tutte manifestavano la loro opinione, consiglia-
vano qualche rimedio: opinioni e rimedi diffe-
renti, ma di cui ogni autrice assicurava l'infal-
libilità.
Intanto lo zio, in un'altra camera, sbuffava
S'un punto solo tutta quella brava gente
andava d'accordo; nel dire: « Non ascoltare
troppo i medici i medici son fatti apposta
ner ingrandire i mali, per complicarli! Val più
un po' di pratica che tutta la scienza »
Intanto il povero Nanni stava male. La zia
non sapeva più a chi dar retta, s'aggirava in
quella camera con un'aria trasognata; e il
malatino, al quale, in breve spazio di tempo,
avevan fatto inghiottire l'ipecacuana, un caffè
amaro, applicata una pezzuola diaccia sulla
fronte, un'altra calda sullo stomaco, si lagnava,
piangeva, supplicava che lo lasciassero stare.
Ti assicuro che quando, verso sera, cessarono
le visite premurose delle amiche, e venne final-
mente il dottore, il quale, per i tanti malati che
— lis-
ci sono a Torino d'inverno non può mai venire
così presto come si vorrebbe, ti assicuro che
in quella casa parve ritornasse l'aria respira-
bile. Egli diede pochi ordini chiari e precisi,
definì il male, tranquillò i genitori, e l'acco-
mandò il silenzio e la quiete.
Oggi nel pomeriggio Nanni stava già assai
meglio; poteva sedere sul letto. Io indussi la zia
Celine ad andare un poco fuori, e rimasi al suo
posto.
Dove pigliavi, mamma, le belle storielle che
3Ì dicevi quando eravamo bambini, Alfredo
^d io?
Le inventavi tu, nevvero? Io ne ricordavo
incora alcune, e le dissi a Nanni, che mostrò
li interessarsi immensamente. Come amano i
'acconti i bambini! Ne promisi degli altri al
nio piccolo ammalato, ed ora sto pensando,
3rep^rando
Capisco ora che non altro sistema tu avesti,
)er farci ritenere e amare la storia, per farci
lascere le idee morali, farle prosperare nei
lostri piccoli cuori, non altro che questo: nar-
arci leggende, aneddoti, che sono come i fiori
Iella storia.
Nanni ed io siamo diventati buoni amici, e
questo modo, solo intrattenendolo di cose
— 116 —
amene, solo ah ! solo ch'io sapessi rispondere
ai molti suoi «perchè », comincio a comprendere
che gli potrei fare un gran bene.
A proposito: sai che ho avuto un piccolo
successo letterario?
Donna Adriana desiderava qualche bozzetto,
qualche racconto da pubblicare in una rivista
che ella ha destinato alle giovani operaie. Una
sera, dopo aver pranzato in casa di questa tua
cara amica, mi parve di sentirmi in vena; scrissi,
buttai giù una breve novella, che, riletta e rive-
duta poi il domani, non mi parve brutta: la
portai a Donna Adriana, ed essa dichiarò addi-
rittura che era una cosa riuscita, che l'avrebbe
tosto fatta pubblicare. Ora la vedrai, mamma....
Sai che fui molto contenta? Donna Adriana m
disse che proprio dovrei coltivare questo dono
che, secondo lei, ho ricevuto dalla Provvidenza
Che sia vero, mamma ? Solo a scrivere questa
cose sento che faccio il viso rosso
LETTEEA XII.
Donna Cristiana Graneri a sua figlia.
Cara, mi rimane un momento prima di pranzo,
lo impiego a mettere qui sulla carta, in ordine,
i punti sui quali stasera voglio risponderti a
lungo .
Accetterai la mia buona intenzione e nul-
l'altro, bimba mia! e ti contenterai di un'altra
lettera molto disordinata, scritta proprio colla
penna avente la briglia sul collo.
M'ero seduta appena al tavolo, quando un
rumore di carrozza e di sonagliere, rumore
inusitato ormai quassù, scosse tuo padre che
leggeva, scosse me che ti stavo scrivendo.
Era Alfredo. Oh! cara, fu un buon momento!
Egli ci ama davvero e seppe dimostrarcelo.
Fu festa per tutti — pei domestici, per la vecchia
— 118 —
Grigia in scuderia, per il povero Fido, che da
tanto tempo soffriva solitariamente, e pareva
avesse smesso il bisogno di saltare e correre
pel giardino persino pel tuo miscetto, fi
giorno di festa; anch'esso, dopo la partenza tua
e di tutta la nostra gioventù, aveva sempre k
palpebre abbassate sugli occhi, il pelo arruffato
ora bisognava vedere come si fregava alk
gambe d'Alfredo, inarcando la schiena, faconde
il ronciglio colla coda..... e Alfredo che qualche
volta, per farti dispetto, lo tormentava, ora s
curvava ad accarezzarlo come avresti potute
farlo tu, tale e quale
Gran bella cosa la giovinezza! L'amano tutti
Ora sono le undici di sera, e Alfredo mi lascis
appena. Abbiamo sempre discorso, e in fonde
sono contenta di lui. Tutta llague, sai, quelh
specie d'indifferenza, di disprezzo, che dimostre
per quanto ti interessa. Vedo, sempre più, che
le fatiche di tuo padre e le mie non vanne
perdute, che la buona educazione e i buon
esempi giovano. Alfredo ha soltanto una grande
sovrana antipatia per tutte le 'pose, e dice d
aver conosciuto certe signore molto dernier-cri
molto intellettuali, che gli hanno ispirato ur
sacro terrore. Rido ancora, qui, da sola, ne]
ricordare certe sue descrizioni
— 119 —
Una macchietta di signora, per esempio, che
un giorno lo ricevette in un salotto dove teneva
s'un tavolino, a portata di mano, come se quello
fosse stato il ciho giornaliero del suo spirito,
una vecchia edizione di Erodoto, alcuni libri di
Nietzsche, di Wilde, la quale signora gli disse a
più riprese, sospirando :
— « Io amo gli autori antichissimi e anche
i moàermssìmì, paradossali Io sono, sotto più
d'un aspetto, un paradosso vivente io stessa >
Ce ne sono delle donne così, pur troppo!
Intellettualismo , sentimentalismo, dilettan-
tismo, ecco gli acerrimi nemici della intelli-
genza, del sentimento, e dell'arte vera. Ecco ciò
che in fondo sente Alfredo.
Nel parlargli, oggi e stasera, io lo rivedevo
bambino, ragazzo, e rivedevo anche te, in quei
primi anni del vostro sviluppo intellettuale e
morale.
Alfredo era schietto, franco, qualche volta
fino alla ruvidezza, fino alla violenza. Posso
veramente dire che egli assorbì le goccie di
verità, che man mano io lasciavo cadere nella
sua anima, con una avidità che molte volte
mi commoveva.
Ben presto egli professò la verità in modo
assai più assoluto del mio. Nessun velo, nessuna
— 120 —
concessione egli ammetteva; nessuna reticenza,
nessuna esitanza.
Tu eri diversa. Non certo meno sincera, non
certo capace di menzogna; ma più timida, meno
risoluta, meno franca, e molto più sensitiva, e
con certe complicazioni sentimentali, nel tuo
modo di pensare e di agire.
Le vostre due nature si manifestavano, in-
somma, fin d'allora, assai chiaramente.
Tu un po' involuta, meditativa, amante del
sogno, dell'ideale, fino a smarrire, qualche volta,
il giusto senso della misura nel reale.
Alfredo, più pratico, più logico, più sicuro nei
suoi criterii. Anche negli studii siete sempre stati
così; né io ho cercato mai di sforzare la natura;
persuasa, convinta come sono, che educare non
vuol dire reprimere le tendenze, ma condurle,
volgerle verso sempre maggior luce; in altre
parole, lasciai, pure guidandovi, lasciai che ope-
rasse in voi la natura, educatrice non fiacca e
non tediosa.
Alfredo dimostrava una mente attaccata con
tenacia alla esperienza dei fatti, al raziocinio;
e se in te l'organo potente di respirazione
morale, che si chiama immaginazione, si svi-
luppava nelle letture di cose poetiche, affettive,
in lui si sviluppava più facilmente nelle letture
— 121 —
di fatti eroici, di grandi conquiste della scienza.
Il vago, l'impreciso, ti seduceva, o mia Marida ;
Alfredo rifuggiva dalFimproprietà, dalla esage-
razione con scrupolo persino soverchio, a segno
che leggendo una volta in un libro la parola:
Verissimo, mi osservò: « Non bastava dir
vero? »
Ma è strano, più volte lo osservai a tuo
padre, che, nonostante queste differenze, tu
finivi coll'andare molto d'accordo con Alfredo,
ossia, dirò più esattamente, pur bisticciandovi,
tu avevi continuamente bisogno di Alfredo, e
Alfredo continuamente cercava di te!
Forse è la vecchia storia: vi cercavate, sen-
tendo di completarvi, insieme.
La donna in generale reca nel suo spirito
maggior poesia (checché ne dica il Carducci!).
L'uomo (e non parlo qui del Poeta, questa
divina eccezione nell'umana famiglia), l'uomo
d'oggi giorno, sovrattutto, è uno spirito amante
di scienza più che di poesia, preoccupato del
fatto più che del sogno, tanto più freddo intorno
alle cose di arte e di letteratura in quanto che,
adducendo il pretesto dell'arte e della lettera-
tura, tante cose insipide e false si dicono e si
fanno oramai!
Ma non mai Alfredo, ma nessun uomo Intel-
— 122 —
ligente, onesto e di cuore, si riderà della donna
che, non fatua, non assetata di vanitosi ed
egoistici trionfi, attenda agli studii e li compia
colla vera coscienza della sua missione nel
mondo.
Alla tua età, Marida, basteranno anche poche
ore al giorno consacrate a questi studii, per
dare alla tua mente ancora incerta, ancora
confusamente illuminata sulla meta cui tendere,
una forza viva, capace di fortificare altrui. E
innanzi tutto sorgerà per te una verità che,
dalla tua ultima lettera, m'avvedo, tu già in
un certo modo intuisci.
La donna troppo spesso ignora ciò che dovrebbe
sapere prima d'ogni altra cosa: allevare ed edu-
care l'infanzia, conoscere l'igiene del corpo e
della mente.
A ragione ti maravigliarono, ti resero quasi
impaziente, da un lato tutte quelle buone signore
che volevano imporre le loro opinioni a Celine;
dall'altro lato le incertezze e l'inesperienza di
questa madre.
Tu hai sentito che molte di queste signore
parlavano senza sapere; ora, quando la parola
diventa consiglio, e chi lo dà non ha la com-
petenza necessaria per darlo, esso è ridicolo
spesso, e sempre inopportuno. Sinora la donna
— 123 —
era lasciata nella più completa ignoranza, in
fatto d'igiene, di quella salute fisica, che ha poi
tanta importanza per la salute della mente :
Mens sana in corpore sano.
Diventata madre, la donna doveva tutto im-
parare colla esperienza, e avventurata quella
che aveva il buon senso di comprendere che
le grandi parole come intuizione^ divinazione,
ispirazione materna al capezzale d'un bimbo
malato diventano una forma di dilettantismo,
spesso non solo innocuo ma nocivo, ove questa
intuizione e divinazione e ispirazione (che del
resto non bisogna negare) non sieno dirette
dal sapere.
Ma, francamente, non c'è da fremere pen-
sando che coloro alle quali era direttamente
affidata una cosi grande responsabilità, cioè la
salute, la vita dei figliuoli, nessun insegnamento
ricevessero a questo riguardo? Per cui la sorte
di tante preziose creature veniva a subire la flut-
tuazione di menti deboli e impreparate, oppure
queste creature venivano spesso abbandonate
alla ignoranza e ai pregiudizii e alle superstizioni
delle vecchie governanti, o nella migliore delle
ipotesi, affidate a quelle nonne, le quali, se ave-
vano un sano criterio, una reale e benefica pra-
tica pei figliuoli dei loro figliuoli, dovevan confes-
^ 124 —
sare che questo criterio, questa pratica eran
frutti di tutte le inesperienze, di tutti gli errori
in cui eran cadute a riguardo dei figliuoli pro-
prii Per fortuna, un po' di luce s'è fatta, su
queste cose. Le donne cominciano a desiderare
un po' di istruzione sull'igiene; ed è con piacere
che ti vedo interessarti a questi studii, ed è con
insistenza che ti esorto a seguire il corso d'igiene
intorno a cui mi scrisse Donna Adriana. Non
già, intendimi bene, per giungere colla tua
scienza, che sarà sempre rudimentale, a fare
senza il medico, ma per evitare, ti ripeto la
parola, qualsiasi dilettantismo nella difficile
arte di esser madre, educatrice un giorno.
Per comprendere, innanzi tutto, che a rag-
giungere la vita completa, a poter vivere sempre
di più e meglio, occorre premunirsi non solo
contro tutto ciò che può cagionare la morte, ma
occorre sovrattutto sfuggire agli indebolimenti,
ai deperimenti, che le cattive abitudini, l'igno-
ranza di certe leggi fisiologiche cagionano. Se
anche queste lezioni avessero semplicemente per
risultato di farti volgere uno sguardo intorno
a te, sarebbe già un bene. Vedrai quanto siano
pochi gli uomini che, giunti all'età anche solo
matura, stiano veramente bene; vedrai invece
molti uomini afflitti da malanni, da incomodi,
che, lo confessano essi stessi, avrebbero potuto
— 125 —
risparmiarsi, se avessero avuto alcune elemen-
tari nozioni d'igiene. Infine e sovrattutto desidero
che tu ricavi da queste lezioni la convinzione
che la giovane madre di domani, o la educa-
trice, qualsiasi donna, la quale abbia probabilità
di accostarsi all'infanzia, deve conoscere le leggi
fondamentali dello sviluppo umano, e salvarsi
dal pericolo di fare ciecamente il danno di tante
creaturine. Solo conoscendo, per esempio, l'ori-
gine e la portata delle emozioni cerebrali, di
certi fenomeni mentali, si può aiutare la natura,
avviare al bene le potenze del bambino, com-
patirne certe debolezze, certe stranezze.
Bimba cara, la notte è molto inoltrata, ed io
non t'ho scritto ancora tutto ciò che pensavo
per te e di te! Buona notte! Com'è bella questa
che io scopro dalla mia finestra! Notte serena,
fredda e luminosa; un'aria nitida, tersa; molte
stelle sospese sulle curve soavi dei monti
Esse mi parlano di Vicende e di Vite che noi
non abbiamo conosciute, mi riempiono il cuore
d'amore e di rispetto per la Creazione. E mi
tornano in mente le parole d'un grande filosofo
moderno: «Il cristiano è un uomo la cui Vita
immerge le sue radici nell'infinito ».
— 126 —
Stamane nevica. Buon giorno, neve! bianca
amica mia! Nei giorni passati vedevo, in basso,
grandi nebbie, e pensavo che laggiù, a Torino,
l'inverno, quello scuro e umido, doveva esser
giunto, mentre ancora noi eravamo immersi
in un'aria di acciaio azzurro, e accarezzati da
un puro sole biondo, quasi bianco. Ma ora, ora
la neve, quella buona, viene, ci visita, impregna
l'aria di pensieri alati, dolci, e anche bianchi ;
copre tutte le verghe dei cancelli, compie
un'opera di ricamo sul verde dei pini, fa appa-
rire tutto il paesaggio più solenne e più intimo
Il babbo s'è chiuso nel suo studio con Alfredo,
al quale vuole per forza rendere conto dei suoi
affari di tutela; Alfredo si schermisce, ma poi al
babbo, sai, bisogna cedere!
Ed io riprendo a discorrere teco.
Dunque, dunque anche tu cominci a provare
la tentazione, le òéguin per la letteratura?
Dico «. anche tu » perchè è un piccolo, grande
sogno che ormai molte donne sognano! Ma,
bada, può essere molto pericoloso, nel senso
che può metterti per una via falsa.
Mi domandi dove prendevo le novelle, i rac-
conti che vi facevo. Li trovavo quasi senza cer-
carli, figliuola mia. Essi scaturivano dai ricordi
di un libro letto in compagnia di tuo padre,
— 127 —
da un tuo sorriso, dalle tue lagrime di bimba,
da una nuvola che migrasse verso le lonta-
nanze dei cieli, dalle armonie che ascoltavo la
sera, all'Ave Maria, lavorando presso i miei cari.
La mia vita fu quassù molto monotona, in
apparenza, ma io ti so dire che quelle mie
modeste giornate erano soffuse di vera poesia,
e spandevano in me una vita dello spirito, che
aveva radici profonde nella fede e nell'amore.
Ti confido questo, Marida, perchè molte donne
dedite all'arte hanno interpretato tutto ciò che
è spiritualità, poesia, in modo così strano e
orgoglioso, ch'io ho premura di mostrarmi a te
in tutta la semplicità delle mie risorse intel-
lettuali.
Pur troppo molti anche considerano la poesia
come un lusso, un molle appagamento, una
delizia nelle ore di sentimentalità oziosa: cosi
ridotta a simulacro di tutto ciò che è nobile,
vitale, alto per costoro essa è cosa che urta
i nervi sani, e da scacciarsi in nome del buon
senso.
Ma la vera poesia è ben altra cosa!
Curvarsi sulla realtà stessa, non con disprezzo
e con sdegno, ma con amore ; e con quest'amore
indagarla, sviscerarne il bene ed il male, il
bello ed il brutto, trovare ciò che si nasconde
— 128 —
di profondamente umano, come dice R. Word-
sworth, in tutte le cose del mondo, e in tutte
anche presentire e salutare il sovrumano: dare
un sorriso a tutte le gioie, e una lagrima a
tutti i dolori che s'incontrano, ecco la poesia.
Scrivere poesia, non tutti possono; ma fare
poesia ogni donna dovrebbe. Colla sincera e
pura commozione del cuore, colla forza della
virtù, coll'alacrità dello spirito, colla finezza dei
modi, colla signorilità del contegno, colla mente
rivolta a intendere, a consolare, a sollevare,
deve far poesia la donna.
Se poi avvenisse che per un dono speciale e
raro dello spirito, dono misterioso, indefinibile,
che spira non si sa bene di dove, e come vuole,
e quando vuole ; tale da rendere assai vigile e
grave chi lo possiede; se poi avvenisse che per
questo dono dello spirito, e per circostanze e
condizioni di vita favorevoli al suo esplicarsi,
potesse la vita reale fondersi colla vita lette-
raria, e questa fusione si compiesse in piena
sincerità, in piena armonia della mente col
cuore, io la saluterei in te con vera gioia, non
esito a dirtelo.
Ma quanti ma, prima di poter fare questo
saluto!
Oggi giorno le donne scrivono tutte un po'
— 129 —
meglio che in passato; ma non basta saper
dire con certo garbo ciò che vogliamo dire;
ma non basta sentire, a ventanni ! qualche
frullo d'ala nella fantasia, qualche fremito,
qualche sussulto nel cuore, per credersi chia-
mati dall'Arte ; ci vuol altro ! Guardiamoci dal
dilettantismo, anche qui. L'arte è una grande
cosa, alla quale bisogna accostarsi con infinito
rispetto e grande timore. Per ora, bimba mia,
tu non devi cedere alle sue attrattive, se non
per amarla; amarla umilmente, vivamente, e
senza vanità, senza egoismo. Io sono convinta
che nell'arte vera è una funzione educativa
permanente.
In Inghilterra Carlyle, Ruskin non sono con-
siderati solo come scrittori, come artisti, ma
anche e sovrattutto come insigni maestri della
vita, come ispiratori di nobili ideali nella con-
dotta individuale e nazionale.
Sta alla donna, lasciamelo dire ancora una
volta, sta alla donna di amare questi maestri,
di farli conoscere intorno a sé, di restituire la
vera poesia alla umanità, che oggi affonda nel
positivismo. La vita per molti è ormai un dimen-
ticare la esistenza della propria anima, di
questa stella, che vien di lontano, e che avrà
altrove il suo pieno fulgore. Oblioso di questa
stella, avido di molte cose malsane, l'uomo sta
/
9 — L'intima gioia
— 130 —
nel mondo come un carcerato sul quale le
ombre si addensano; ombre di cupidigia, di
menzogna, di neghittosità. Dio voglia che qualche
anima, che ancora qualche anima di sposa, di
madre, di sorella, conservi un po' di lume di
poesia, veda d'onde essa piove, e la colga nella
sua purezza e nella sua forza.
lo non so se con queste parole sia riuscite
nel mio intento.
Riassumerò cosi: Scrivere per intrecciare
fiori di letteratura, è dilettantismo che molte
donne oggi saprebbero fare, volendo. Ma di
questo non abbiamo bisogno. Scrivere bisogna
quando grandi ideali e forti pensieri ci urgono,
fremono dentro di noi, ci fanno forza !
Pochissimi sono i chiamati così. E coloro che
lo sono devono esser ben conscii dell'alta respon-
sabilità che si assumono.
Nel caso tuo, il tempo risolverà la questione
Sei troppo giovane, per ora: hai vissuto troppe
poco, ricordi troppo poco Ma se bisogna andai
cauti nel cedere a certe illusioni e speranze, se
stenterò a lungo nel pronunziarmi per ciò che
ti riguarda, su questo punto, ti dico nondimene
che non esito neanche un minuto ad incorag-
giarti sull'amore e sul culto della vera poesia
LETTERA XIII.
Mariolo a sua Madre,
Cara mamma,
Come mi piace, sempre più, Donna Adriana !
Da qualche tempo Candida è a Roma, presso
una sua zia, ed io, se non esco colla nonna,
faccio in modo di andare dall'amica tua, di
starle insieme il maggior tempo possibile. Presso
di lei cresce a mille doppi il desiderio di lavo-
rare, di adoperarsi pel nostro prossimo.
La sua opera caritatevole prende proporzioni
grandiose; ella s'è data tutta all'azione sociale:
anima e corpo; pensiero, tempo e sostanze.
« Le classi lavoratrici soffrivano », mi diceva
ieri, mentre mi faceva visitare i locali del-
l'Opera, « bisognava consacrarsi ad esse; e,
— 132 —
« dal momento che potevo, non dovevo consacrar
« loro solo qualche ora del mio tempo, ma tutta
« la mia giornata.
« Il femminismo mi fece a lungo studiare,
« mediare ; finalmente lo compresi cosi, per
« conto mio : Riabilitare il lavoro.
« In questo, come in molte altre cose, bisogna
« che l'esempio venga dall'alto. Sta alle donne
« delle classi più elevate l'avere un più nitido
« concetto del loro dovere. Bisogna ritemprare
< la nostra generazione nell'amore del lavoro
< e dell'ordine.
« La salvezza sta qui. E in questo ancora la
« donna deve alla società una espiazione.
«Troppe volte ella è stata un essere nullo
« in mezzo alla famiglia umana. La donna
« moderna e cristiana deve lavorare, dimostrare
« coU'esempio che ella sfugge i pericoli e i danni
« dell'ozio. La vita è un dovere; non vive chi
« non opera, od opera solo per soddisfare il suo
« egoismo e la sua vanità. Ogni essere umano
« è chiamato a studiare gli uomini, le cose, e
« sé stesso ; a uscire un giorno dalla stretta
« cerchia dei suoi interessi personali, per ?er-
< vire Dio e i suoi fratelli con generoso cuore ».
Donna Adriana ha organizzato e dirige due
scuole. Una di giovani operaie: una di signorine
che imparano ciò che devono insegnare.
— 133 —
Ella dice che da troppo tempo la donna, anche
quella sinceramente pia, è un soldato di Dio
pauroso e neghittoso, che si contenta di tacere
e di sospirare, e diserta la huona causa, od
almeno non la difende, non arde di nessun
entusiasmo per farla amare e conoscere.
È stata all'ultimo congresso femminile, e ne
ritornò colla convinzione che la donna catto-
lica ha bisogno di molto studiare e lavorare.
Ci sono delle forze nuove, fuori della nostra
cerchia, forze più o meno disciplinate, ma indi-
scutibili.
Ci sono donne armate di parola facile, agile
e chiara, donne che hanno molto studiato, tutto
letto e tutto veduto, che hanno più volte affron-
tato cimenti di cui la donna cattolica non ha
più nessuna idea
La nonna è in letto da qualche giorno; nulla di
grave, proprio nulla, dice il dottore, ma io sono
molto turbata dalle nuove e difficili incombenze,
faccende, responsabilità, che mi sono piombate
addosso !
E anche più abbiamo da fare insieme, più
trovo diffìcile di contentare la povera nonna.
Io sono forse stata assuefatta troppo bene
— 134 —
0 troppo male ! La tua bontà, il tuo modo largo
e generoso di interpretare le cose e me stessa,
la tua avversione per tutto ciò che anche lon-
tanamente somiglia al convenzionalismo, alla
pedanteria, la tua indulgenza che non era
però debolezza! mi hanno fatto male in questo
senso, che io diffìcilmente mi piego a certa
rigidità di forma. Per giunta, tu sei cosi poco
egoista, mamma, pensi sempre tanto agli altri
e cosi poco a te stessa, che, quasi senza avve-
dertene, ti addossavi tutte le faccende più noiose
della casa, a me non lasciavi che le più facili,
le più leggere, ed ora che mi tocca surrogare
la nonna in tante cose, mi trovo impacciata,
infastidita; più volte non la contento, né essa
fa molti giri di parole per dirmelo! Onde, da
parte mia, piccoli scatti d'impazienza, qualche
volta pianti, nel segreto della mia camera
Vi sono dei momenti in cui più nulla mi
va a versi. Ieri V altro la zia Celine aveva
a pranzo il grande F. Io ero seduta proprio
in faccia al nobile vecchio scrittore. Tu che
conosci la mia grande ammirazione per lui, tu
sola puoi immaginare la mia gioia commossa !
Durante tutto il tempo del pranzo non feci che
dire e ripetere in cuor mio le parole colle quali,
— 135 —
appena la zia mi avrebbe condotta a lui, io gli
avrei manifestato il mio animo riconoscente;
osi, così riconoscente verso colui che tante vie
mi dischiuse nel regno del pensiero.
Ah! ma se tu credi che io sia poi venuta a
apo di proferire una sola di quelle parole è
segno che tu non conosci ancora bene, ancora
iutta la tua Marida.
Vedo, vedo ancora i piccoli, profondi, stanchi
)cchi di quel pensatore, posarsi su di me con
ma specie di muta interrogazione. Che cosa
iTolevo? Perchè la zia m'aveva condotta a lui,
;e poi io nulla avevo a dirgli? a rispon-
lergli, anzi, poiché egli mi parlò a più riprese,
;on quella sua voce lenta, chiara e pene-
rante, piena di affabile bontà verso la mia
giovinezza.
Ma io, mai nulla, mai nulla pareva che
1 mio cervello fosse vuoto. Avrà capito, mamma,
^vrà saputo attribuire a timidezza, anziché ad
mbecillità, il mio silenzio, le mie poche parole
)albettate a stento? Egli é proprio l'uomo che
mmaginavo dai suoi scritti. Ogni sua parola
■acchiude qualcosa che fa pensare, ha una into-
lazione speciale, un che di raccolto e di buono,
kla egli non contentò molto la zia Celine, che
0 aveva invitato pel grande desiderio che ha
— 136 —
di aprire una strada a suo marito nel mondo
letterario-politico, di mettere un po' in evidenza,
come ella dice, quel povero zio Marco, che è
troppo orso. Egli è uno studioso di storia let-
teraria; egli pubblica qualche volta (ma rara-
mente, troppo raramente, secondo la zia) i suoi
lavori, e non sa far quattrini, a quanto pare.
Ella vorrebbe vincere quella specie di ritrosia,
di lentezza, e lo spinge, lo trascina a serate, a
ritrovi ed adunanze ; per amore di lui e della
famiglia, credendo di far bene proclama ella.
Ora, Celine sperava che il poeta F. avrebbe
saputo indurre lo zio ad accettare queste idee,
che dovrebbero assicurare un successo più sicuro
e pronto — « Il mondo è di chi se lo piglia »
— ella spesso dice.
Ma pare, così almeno mi narrò la zia Celine,
che quando tutti gli altri invitati se ne furono
andati, il grande scrittoi^e abbia parlato in beu
altro modo. Con molta cortesia, con qualche
leggero sorriso, che ella interpretò di compa-
timento, il poeta manifestò idee opposte a quelle
della zia; cioè che i clamori sono inutili, che
la celebrità non s'acquista andando in giro pei
salotti e nelle feste, e nei pranzi, dove si fanne
brindisi: che l'uomo veramente amante delle
studio aborre con ragione ogni chiassosità;
— 137 —
che Tunica opera di valore è quella nata spon-
taneamente, elaborata con lentezza, manifestata
non per amore della gloria e del guadagno,
ma per amore delTidea; che finalmente nessun
merito è vero e durevole, se non cresce nel
silenzio e nella solitudine.
Buoni pensieri, nevvero ? che non piacquero,
come dissi, alla zia Celine, ma che piaceranno
certo a te.
Ora io volli discorrere di tutte queste cose
colla nonna: ma pareva ella non mi com-
prendesse.
A proposito della mia timidezza, mi disse, un
po' bruscamente, che essa è sempre figlia di
un troppo raffinato desiderio di piacere ; mi
raccomandò di fantasticare meno, di andare
anche un po' meno fuori, da donna Adriana,
alle conferenze, ecc., e di pensare di più alle
faccende di casa, che per ora ella non può
sbrigare
LETTERA XIV.
Donna Cristiana Graneri a Mariola,
Bisogna dunque ch'io sgridi la mia piccola,
grande Mariola? Che è mai questa specie di
malcontento dal quale ti lasci cogliere ? Bimba,
non esser triste, sai! La tristezza è una brutta,
una gretta, un'arida uosa, che, quando penetra
nel cuore, fa tanto male. Bisogna liberarsene
subito, perchè è una specie d'intossicamento
che entra in tutte le vene. Quando si è triste,
non si desidera nulla di buono e di bello, si è
come ridotti alla incapacità.
Adempiere il nostro dovere? Adoperarsi per
far piacere ai nostri cari? Impossibile! Siam
tristi! Ai tristi non bisogna nulla domandare,
né per sé, né per gli altri, né per Dio.
— 140 —
Ieri avrei voluto rispondere subito alla nonna,
che mi scrisse, ed anche a te, ma dovetti accom-
pagnare Alfredo a San Pietro. Pioveva, nevi-
cava, la povera Grigia afibndava nel fango
sino ai ginocchi, prendemmo un gran freddo,
tornammo a casa tutti fradici, tutti stanchi ed
affamati; il babbo ci aspettava nel suo grande
studio, accanto a un bel fuoco, col the pronto,
ed ho pensato che qualche volta è davvero
bene l'andarsene da casa, anche solo per avere
poi il gran piacere di ritornare !
Ritornerai anche tu, Mariola mia ; ma, frat-
tanto, all'opera con buona volontà !
Vedi come la vita s'incarica qualche volta di
ammaestrare? Eri andata via di qui con uno
scopo un po' egoista, io stessa non avevo avuto
altro pensiero che questo: fornirti il modo di
conoscere la gente e le Usanze cittadine, di
istruirti piacevolmente.
Ora, ecco la nonna si ammala, e, secondo
ella stessa mi scrisse, e poi il dottore confermò,
occorre che qualcuno si dedichi a lei con affetto,
stia con lei, la sollevi dalle cure della casa,
finché ella sia ben rimessa.
Questo qualcuno tuo padre desidera che sia
la sua Mariola, ed è ben giusto.
Ma dalla tua ultima lettera m'accorgo che
— 141 —
tu hai ancora bisogno che io ti dica qualche
verità pratica, di quelle che appunto il babbo
definisce verità a un soldo Vuna,
Si, a un soldo Tuna, finché si Yuole, ma indi-
spensabili a noi donne.
Dunque, tutt'a un tratto Mariola deve fare
la padrona di casa; ordinare il pranzo e la
colazione, vigilare i domestici, qualche volta
ammonirli; ricevere per la nonna, tenere in
ordine la sua casa, i suoi conti. Lo scoglio più
grave, da quanto posso arguire, sta nel fatto
che tu non trovi tempo a far tante cose, eppure
non vorresti trascurarne nessuna.
Il rimedio qui è vecchio, ma è sempre effi-
cace. Metti ordine nella tua giornata, non perder
tempo, e, sovrattutto, alzati presto il mattino.
Più volte già fece capolino nelle tue lettere
questa grave questione del tempo.
Già era difficile prima, di attendere a tutto;
ma ora^ continuare ad uscire colla zia Celine,
frequentare i corsi e le conferenze, passare
qualche ora con donna Adriana e con Candida,
e poi curare la nonna, dirigere la sua casa
come si fa?
Te lo ripeto, bisogna mettere un ordine chiaro
nella nostra vita giornaliera; non dirò un
— 142 —
orario, come in una scuola, ma un disegno di
vita, un regolamento, si, è indispensabile.
Finora io ti guidai ; ma viene il momento in
cui bisogna, in un certo modo, prender possesso
della nostra esistenza. Tu devi trovare il tempo
da dare a Dio, quello da dare al prossimo, e
quello da consacrare a te stessa, ai bisogni
del tuo spirito.
Alzati dunque per tempo il mattino, e impara
sin d'ora ad essere una laboriosa, un'attenta,
una coscienziosa padrona di casa; curane l'or-
dine, la pulizia e le spese. Vedrai che, compiuti
subito questi primi doveri, tutto il rimanente
della tua giornata si svolgerà meglio, vedrai
che troverai tempo a fare tutto il resto. C'è,
nell'adempimento di ogni dovere immediato,
come una forza centrale, dalla quale sgorgano
le forze innumerevoli che devono sostenerci a
traverso tutta la giornata, forse potrei dire a
traverso tutto il viaggio della vita. Ora, che
uno dei primi doveri di noi donne sia quello
di reggere e sorvegliare la casa, non può esser
messo in dubbio. Nel caso che un giorno tu
avessi a essere madre di famiglia, sappi che
la radice di questa parola « madre » in tutte
le lingue conosciute significa: misurare, mode-
rare, regolare. Sarà felice e prospera solo quella
>- 143 —
società in seno alla quale la famiglia sia felice
e prospera, e mai non potrà esser tale la
famiglia, in cui la donna che ne è a capo non
sappia reggerla con saviezza, renderla cara ai
suoi abitanti, farne un asilo di ordine e di pace.
Trattando ora con inferiori, dovendo comin-
ciare a comandarli, ricordati di mettere in
cima a tutti i tuoi pensieri, a tutti i tuoi atti,
questa massima: « Essi sono i miei fratelli ».
Giustizia, bontà, dolcezza dunque, in tutto
quanto comandi e richiedi; ma poi, quando si
tratti di far rispettare l'ordine, non scordare
neanche mai quest'avvertimento di Massimo
d'Azeglio: Il governo debole è il peggiore di
tutti.
Saper bene ciò che vogliamo, volere solo ciò
che è retto e ragionevole; ma, una volta sta-
bilita una regola, espresso un comando, non
permettere che essi vengan trasgrediti, senza
un giusto motivo. Vedrai che la cosa non è
difficile. Vedrai ora che le persone di servizio,
più tardi anche vedrai che i bambini, amano
di esser guidati con fermezza.
Tra la saccente di Molière, mia cara Mariola,
la saccente che ha un sorriso di commisera-
zione pour toutes ces misères che sono le fac-
cende di casa e quell'altro tipo di donna,
— 144 —
forse altrettanto odioso e tedioso, ch'è la pic-
cola massaia corta di mente, sprovvista d'ogni
coltura, piccina di cuore, la donna che non
vede luce oltre Forizzonte della sua dispensa,
e col pretesto delFordine e del risparmio rovina
la pace e l'allegria di tutta la famiglia, non
lascia respirare né il marito, nò i figliuoli, né i
domestici, non sa discorrere se non della ^?'a^a
che sono oggi giorno appunto i domestici, o del
rincaro del vitto ; tra questi due brutti esemplari
di donna, c'è posto per una donna veramente
educata, vigile e colta, la quale è venuta man
mano ampliando nel suo cuore l'idea che ella
può fare un gran bene, nel curare la sua casa,
nel procurare che in essa ognuno si trovi con-
tento e ritorni volentieri.
Questa donna sarà anche venuta fortificando
il suo spirito di quelle nozioni d'igiene, di eco-
nomia domestica, su cui ora la scienza dà avver-
timenti preziosi. Conoscere quanti germi maligni
possono svilupparsi nella mancanza d'aria, di
nettezza nella casa; conoscere i cibi migliori e
più nutrienti, quelli più adatti agli infermi, ai
bimbi, ai vecchi; sapersi render ragione dei più
importanti fatti economici dei nostri tempi, da
essi trar profitto per la regola della nostra
casa, per quella dei nostri rapporti colla gente
— 145 — •
salariata, avere un giusto concetto del danaro,
cosi da non cadere né in avarizia né in prodi-
galità ; ecco tutta una scienza moderna che fa
buoni passi, e che la giovane donna non deve
trascurare di seguire.
Quante donne credono di occuparsi a dovere
della loro casa, perché ad essa consacrano tutto
il loro tempo, e invece riescono solo a far pren-
dere in uggia Fordine, il risparmio e persino la
pulizia; quante credono di essere buone eco-
nome e sono invece grette calcolatrici e abusano
della loro condizione di padrone, per tormen-
tare, avvilire i domestici, che trattano a priori
come tanti ladri, dai quali si difendono a furia
di giri di chiavi, e dai quali assai spesso esse
sono, poi, ripagate con frodi, tanto più facil-
mente commesse in quanto alla tentazione che
talvolta induce i servi a rubare, s'aggiunge il
gusto matto di farla a chi li sospetta e li mal-
tratta.
Quante volte la donna che entra nel matri-
monio senz'avere un'idea chiara del valore del
danaro, delle esigenze della vita, ed anche di
tutto ciò che la vita moderna, così mancante di
semplicità, ha creato di bisogni fìttizii, quante
volte la donna ignorante — diciamo la parola —
riesce ad essere la rovina della sua casa, a
10 - Z'itatiraa giaki
— 146 —
cagionare grandi amarezze al marito, solo
perchè, senza aver mai saputo rendersi un
conto esatto di ciò che poteva spendere, andava
avanti col dire: « Questo bisogna farlo, è il
puro necessario ».
Il necessario è elastico: una donna provvida
e intelligente lo accorcia o lo allunga, secondo
la possibilità, secondo i mezzi di cui può disporre.
Fui interrotta dalla contadina, che veniva a
pigliar gli ordini per la spesa di domani
quando si dice predicare coir esempio!! Ebbene,
si, questo lo spero, Marida mia; io sempre pro-
curai di fare il meglio che potevo, come mas-
saia; anche vincendo le mie tendenze più
spiccate. Ci sono riuscita a darti il buon esempio?
Si dice che solo col camminar diritto noi, s'in-
segna agli altri a procedere dirittamente; dunque
spererò !
Io amo ed ho sempre amato le cose dello, spi-
rito, leggere, scrivere, lasciar fluire l'anima mia
in un'anima amica ; ma, non tralasciando mai,
ogni mattina, di far subito tutto quanto occoi
reva fare come padrona di casa, posso dire che
dopo, in questa mia casa, disposta con ordine,
nella pace che vedevo riflessa sui volti dei miei
cari, mi tornavano più graditi e profondi i
piaceri spirituali che mi concedevo.
— 147 —
La vita umana è molteplice nelle sue forme :
Disegna imparare, fin dalla tua età, a viverla
Dene, tutta. Vita del corpo, vita della intelli-
genza, vita dell'anima: noi non abbiamo il
liritto di lederne nessuna ; né possiamo sempre
icinderle ; ma dobbiamo viverle tutte e tre in
ina santa e bella armonia.
Per questo bisogna fuggir l'ozio.
< Siate laboriose, » andava continuamente
icendo Ruskin alle fanciulle del suo paese:
credetemi, quali si siano i vostri difetti, uno
n realtà ha unHmportanza capitale: Vozio.
Iddio non ama gli oziosi, il suo grande pre-
etto è: « Lavorate mentre avete la luce ».
Alzati, Mariola, alzati e lavora, mentre hai
a luce, la forza, la salute. Alzati e lavora, non
erder tempo. Vedrai il miracolo!
La donna alacre e laboriosa acquista a poco
poco tali abitudini di destrezza, di semplicità
di ordine, che essa riesce a tutto compiere;
pera prodigi nella economia del tempo, per
lodo che finisce persino col non avere, od
Imene, col non parere di aver fretta ; a quel
lodo medesimo che chi è ordinato nelle sue
,pese non pare povero, anche se non è ricco.
Certo l'adempimento di tutti i doveri dome-
tici, fra i quali molti sono piccini, umili, qualche
olta grossolani, diverrà grande solo ad un patto:
— 148 —
quando la buona massaia sia la donna amorosa
e la buona cristiana. Ogni cosa bisogna fare
rivolgendo tratto tratto gli occhi oltre il nostre
basso orizzonte, e allora più nulla sarà piccine
0 volgare; — la religione a tutte queste cose sia
sole — disse il Tommaseo — e tutte n'avrannt
calore, splendore, movimento.
Molti giorni trascorsero senza ch'io potess
mai ritornare qua nel mio cantuccio, dove pensc
a te, ti scrivo, lavoro in qualche modo in ispiritc
con te. E tu neanche non m'hai più scritto
Ma non ti sgriderò, immagino che anche a t(
sarà mancato il tempo. Il babbo è stato nelh
impossibilità di leggere, per alcuni giorni,
causa di un leggero mal d'occhi, che ora, pei
fortuna, è scomparso; e io leggevo, scrivev(
per lui, discorrevo con lui. Alfredo non e
lasciava quasi mai: la fiamma del camino fi
pensare e ricordare, invita alle confidenze,
allora nascono le lunghe e buone conversazioni
Queste piacciono anche a te, non è vero?
Si discusse a fondo sull'avvenire di Alfredo
sul suo lavoro futuro. Egli vorrebbe poter la
vorare in campagna. E tuo padre lo approva; gì
consiglia di fissare la sua dimora a San Pietre
dove egli ha i suoi terreni, la sua casa, e dov(
in questo momento si stanno iniziando molt
— 149 — •
lavori, dei quali egli potrebbe assumere una
parte di direzione. Il babbo gli consiglia di star
qui, sovrattutto perchè egli nutre per Alfredo
il desiderio che, col tempo, egli possa fare del
bene al suo paese, anche politicamente.
Da troppo tempo — dice il babbo — s'insegna
tlla gioventù a lavorare solo pei proprii inte-
essi individuali, o per quelli della piccola fa-
niglia. È ora, invece, che s'insegni ai figliuoli
i non rifuggire dalle cariche pubbliche; non
}er ambizione, ma per fare del bene quanto
3iù si può, e per evitare ai male intenzionati
li nuocere, di trafficare a loro prò. Un uomo
'etto, al potere, può essere propugnatore dei
giusti diritti degli umili, giudice equo delle con-
ese di parte, metter fine agli abusi, riparare
bile ingiustizie, opporsi alle prepotenze, ottenere
lobili vittorie contro le pedanterie, i soprusi
urocratici, i loschi compromessi, le ignavie di
anti.
Chi non ha un immediato bisogno di procac-
iarsi da vivere dovrebbe sentire questo dovere
i lavorare pel proprio paese, non essere indif-
arente del Governo. Nelle nazioni più prospere,
j a Inghilterra, per esempio, chi è ricco, si occupa
i politica, è cosa che va da sé. E noi donne
ovremmo comprenderla questa necessità, non
ià, lo ripeto, per ambizione, non già per in-
— 150 —
citare gli uomini ad emergere, a raggiungere
un posto lucroso In questo lo scrittore F. ha
pienamente ragione contro la zia Celine: —
tirare al guadagno, pensare che il mondo è di
chi se lo piglia, ecco la rovina morale della
nostra società; e dalla quale anche noi donne
dovremmo lavorare a risollevarci, smettendo
appunto di gridare, in casa, ai nostri mariti
ai nostri figliuoli, ai nostri fratelli : « Sbriga-
tevi! assicuratevi un posto, sacrificando ideal
e fedi, pur di giungerlo! — Noi d6vremm(
invece ricordare le madri dei nostri miglior
e più illustri uomini di Stato, le donne di cas^
Alfieri, di casa d'Azeglio, e non già anfaneg
giare a vuoto in un falso patriottismo, ma pre
parare, nei giovani, deg li uomini futuri, integr
e saldi, e ispirar loro un sacro disgusto pe
tutti quei procaccianti che nella cosa pubblio;
vedono un mestiere, un guadagno. ^
Di casa Alfieri, delle sue donne, ci giunse ap
punto un bellissimo libro, or sono pochi giorn
Le lettere di queste donne ai loro figli, ai lor
mariti, ci fan rivivere nel passato, hanno un
vividezza mirabile di particolari. Noi slam
nelle loro case, nei loro salotti, fra i lor
amici ; udiamo le loro voci. E da queste lettor
spira una tal forza di abnegazione, risoluta
femminea insieme, esse mostrano tale una con
— 151 —
pattezza morale, una cosi intima fusione di
sentimenti religiosi, famigliari, e patriottici, da
commuovere l'animo di rimpianto, quasi! da
far esclamare, appunto come esclama qualche
volta la nonna — « allora si viveva! »
Io mi sono anche domandato, leggendo quel
libro, quali esempi abbia da opporre la nostra
società moderna a quelle granitiche formazioni
di virtù e di sacrifizio.
Dio sa ch'io non sono una dispregiatrice dei
tempi nuovi, ch'io, anzi, credo nel cammino
delle idee, nel loro inarrestabile cammino;
credo nel progresso della umanità: ma spesso
anche giova di volgere uno sguardo indietro,
per meglio andare avanti, per meglio renderci
conto di ciò che sia la gioia intima della vita.
La gioia intima, Mariola mia, ecco, sovrattutto,
ciò che possedevano quelle donne di fede ; ecco
ciò che si può sempre trovare, anche in mezzo
alle più grandi traversie e tribolazioni. Vorrei
che tu la conoscessi, questa gioia, e che mai più
essa ti abbandonasse. Essa ci viene dal fondo
della coscienza, quando sentiamo di vivere per
qualcosa di più alto di noi, alFinfuori di noi,
del nostro egoismo.
L'egoista non vive; poiché vivere vuol dire
svilupparsi, agire, ascendere, ingrandirsi; e
— 152 -^
l'egoista sta tutto racchiuso in sé, finché si
rimpicciolisce, si rattrappisce.
In quest'attività, Mariola, che spinge a uscir
fuori dal nostro io, in questo desiderio di ser-
vire, di far del bene agli altri, si prova a poco
a poco una tale consolazione che più nulla e
nessuno può rapirci. E cosi vivendo, così oprando
e vibrando, poco importa se il lavoro sarà
umile, in gran parte; se molte ore della tua
giornata scorreranno nel disbrigo di faccende
materiali : la luce del tuo cuore, Vintima gioia,
le farà belle.
Quel santo che stava rigovernando in cucina,
quando gli andarono ad offrire il cappello car-
dinalizio, disse che l'avevano disturbato mentre
il suo cuore cantava tanto bene proprio come
un rivoletto nel marzo, quando il sole ne scioglie
il gelo ^
La vita é bella o brutta, a seconda di ciò
che sappiamo metterci dentro.
Ma é l'eterna vicenda : bisogna saper morire,
per vivere ! Morire al nostro io, ai nostri me-
schini desiderii personali.
La felicità passa velata accanto a noi, ci
sflora col fruscio dei suoi veli, e noi non ce ne
accorgiamo.
Ci passa d'accanto, additandoci qualche bene
da compiere, qualche cima da giungere, lascian-
— 153 —
doci cadere in fondo all'anima un suono nuovo,
un germe d^idea; e noi la lasciamo sfuggire
quando non sappiamo oprare quel bene, non
sappiamo avviarci su per l'erta, non sappiamo,
da quel suono, da quel germe, far sbocciare
nessun fiore di carità e di poesia.
Pensavo cosi, un giorno, tornando da San
Pietro, dove son giunti alcuni calabresi e sici-
liani. Il gran convento dei frati è vuoto: vi
hanno ricoverati quei disgraziati. Ebbene, da
ogni banda del paese si era accorsi a visitarli,
a soccorrerli. Ma poi, quasi tutti uscivan di là
col medesimo sorriso di disprezzo sulle labbra :
— « Si sa son meridionali »
È cosi. Si diedero per loro, da tutta Italia,
da tutto il mondo, montagne di danaro.
Il paese per loro s'è smunto, s'è esaurito;
sì, si, vero, verissimo! Ma, nei nostri salotti,
tra noi, a quattr'occhi, la parola è sempre
questa: < Son meridionali ! » Cioè, non c'è nulla
da sperare, son fannulloni, accattoni, poltroni
Non abbiamo vergogna di parlar cosi dei nostri
fratelli!
Poiché, ci pensiamo? Sono i nostri fratelli.
Una sciagura grande, immensa, ma una scia-
gura materiale, doveva sopraggiungere, a due
riprese in breve spazio di tempo, per sve-
gliarci ; la miseria morale di quegli italiani,
— 154 —
che durava da tanto, ci aveva lasciati sempre
freddi, muti e sterili. Non pensavamo, forse
fingevamo d'ignorare che laggiù, in quelle de-
liziose regioni abbandonate avevamo fratelli da
istruire, da incivilire. Ora si spera per tutti,
pei malvagi, pei delinquenti; si spera che tutti
siano capaci di migliorare, di rialzarsi e il
nostro cuore mai non s'era aperto all'ideale
di far conoscere più bontà, più luce a quegli
italiani che giacevano nella ignoranza!
Ah ! non è lavoro di un giorno, né d'un mese,
né d'un anno, lo so ! Ma noi dobbiamo lavorare,
ora che abbiam cominciato un poco ! dobbiamo
continuare a lavorare con tutto il nostro cuore
e tutta la nostra intelligenza, per quei disgra-
ziati : dobbiamo ascoltare la voce nuova che
s'è fatta sentire in noi, non lasciarla affie-
volire, intenderla tutta, e non dimenticare pi(i
la grande parola di M. d'Azeglio: Ora che
l'Italia è fatta bisogna fare gli Italiani,
Vedi, Marida, mentre ti scrivo, l'idea della
patria par che riviva più giovanilmente, più
vigorosamente in me. Guai alla nazione che
lascia spegnere nelle sue vene la luce di certe
parole: ve ne sono di quelle che, quasi senza
fermarsi nell'intelletto, scendono diritto al cuore,,
e lo infiammano, lo esaltano.
Tali sono le parole: onore, patria!
— 165 —
L'amore del paese nel quale Iddio ci ha posti
per operare, amare, soffrire, e sperare è nel-
l'ordine ideale della natura umana: nell'idea
della patria terrestre è il presentimento della
patria celeste: quest'amore può e deve esten-
dersi, purificarsi, spiritualizzarsi, a traverso i
secoli, ma non mai morire negli uomini.
Amiamo adunque la nostra Italia benedetta,
irradiata già dall'amore di tanti suoi figli che
per la sua salvezza, la sua unità, sopportarono
le angustie dell'esilio, furono alle prese col
bisogno, subirono le aspre tanaglie della oppres-
sione, della tortura, e diedero per lei la vita.
Bada, ti accadrà più volte, se mostrerai di
accenderti di entusiasmo, ti accadrà di scorgere
un sorriso di compassione, quasi di scherno, sul
volto di certe persone.
Ma non importa! Tu sii accesa, sii pura, sii '"
giovane davvero ! Intorno a chi ama la luce e
la bellezza si riuniscono molti nemici, molti
BARBARI, come li chiama un acuto spirito mo-
derno. È il destino di chi entra nel mondo con
qualche ideale nel cuore, di vedersi schernito
e osteggiato dagli arrivisti, dagli opportunisti,
da tutti coloro che ambiscono solo a star comodi,
che amano il quieto vivere.
Da questi opportunisti facilmente udrai pa-
--. 166 —
role disanimate e disamorate d'ogni cosa Per
loro la libertà è una maschera, la conquista
delle idee una illusione, al posto dell'entu-
siasmo pongono il vile espediente, al posto del-
l'amore del vero e del bello, l'amore delle ric-
chezze; e smarriscono ogni senso superiore della
vita
Manifestati certi miei pensieri a tuo padre,
egli, l'uomo delle risoluzioni pratiche, mi con-
sigliò di ascoltare subito quelle voci che m'erano
passate nel cuore. Tra quelle famiglie Calabre
e sicule, vi sono molti ragazzi ; è bene pensare
ad istruirli, dedicar loro ogni giorno qualche ora.
E cosi ho cominciato a fare. Son da capo
maestra, come quando tu e Alfredo eravate
ragazzi; io del resto ho sempre avuto una incli-
nazione speciale per questa umile professione;
insegno volentieri anche ai bambini più piccoli.
Ora vado laggiù nella grande stanza squallida
dove son riuniti i miei allievi, e mi pare che
cominciamo ad intenderci, forse, un giorno, chi
sa? tornando nei loro paesi, queste creature
porteranno seco qualche seme di forza, di buona
volontà, che darà frutti? Dio lo voglia!
(9©©©©©©©©©©®©
LETTERA XV.
Mariolo a sua Madre.
Grandi cose si sono passate, mamma, nella
camera in penombra della nonna! Ma, anzi-
tutto, il miglioramento di cui già facevo cenno
al babbo, ya sempre più accentuandosi, sono lieta
tanto di poterlo constatare! La nonna dice che
ha però sempre grande bisogno di me, e comincio
a crederlo, poiché comincio a impratichirmi un
poco in tante cose, e posso meglio servirla, ma
ma se la mia compagnia le piace, se desidera
ch'io stia con lei, perchè poi questa cara nonna
ha fatto quel che ha fatto?
Ha* voluto cercare di accasarmi, come dice lei.
Sicuro! Stammi a sentire:
Da alcuni giorni venivano per casa due signore
che non conoscevo: qualche volta colla zia
Còline, qualche volta accompagnate dalla vecchia
— 158 —
signora L., cugina della nonna: una signora
amata, accarezzata da tutte le mamme che
han figliuole da marito, perchè ha fama di saper
combinare dei matrimonii, e d'avere la mano
felice, come dice la nonna. Seppi poi che quelle
altre signore erano due zie del come lo chia-
merò? Mio pretendente?
Intanto la nonna veniva preparando terreno.
Discorreva delle grandi difficoltà che vi sono
oggigiorno ad accasare bene una figliuola
della necessità che le signorine, giunte sui
vent'anni, mettan giudizio, non sognino cose
impossibili un coeur et une chaumière.
— Ma che bisogno c'è di prender marito —
rispondevo io — a meno che (questo a meno
che lo spiegherò poi più volentieri a te che alla
nonna, o mia dolce Mammina !).
— Brava ! — stringeva la nonna — ma non
sai che i genitori non vivono eternamente? Che
la donna, tranne il caso in cui abbia la voca-
zione religiosa, non può affrontare da sola la
vita, che ella è un essere debole per natura?
Dicasi pure il contrario quanto si vuole, è così!
La donna ha bisogno di appoggio, di aiuto.
— Mi pare, non so che la mamma non
abbia in tutto queste idee; ma, ad ogni modo,
e il rimedio, nonna?
— 169 —
— I parenti hanno il dovere di pensare ad
accasare la fanciulla, mia cara.
— Trovarle un marito? oh meglio lasciarlo
venire se deve venire.
— È uno sbaglio, bimba mia, uno sbaglio che
ora la gioventù fa troppo spesso. E mi spiego.
Bisogna, se un matrimonio ha da riuscir bene,
bisogna far le cose con riflessione, con giudizio,
con quella esperienza, che reca l'età: dunque
bisogna saper combinare il matrimonio. Com-
binarlo, considerando molte cose, e non ultime,
diciamolo pure, le sostanze, il danaro, insomma!
Una gran cosa che è impossibile disprezzare
È inutile dissimularselo. Nella casa di due
sposi, nella quale le risorse pecuniarie siano
troppo scarse, la poesia non vai più nulla. L'al-
loggio meschino, in una brutta strada, l'uccide,
la poesia! Il momento di pagar le note ai
fornitori diventa un dramma da teatro
Privazioni, umiliazioni, timori, spettri di ro-
vina finale credi, non c'è infelicità peggiore!
È dunque savio fare non un matrimonio di
capriccio, suggerito dal caso, da un incontro;
ma un matrimonio di convenienza
E qui seguiva la descrizione della miserabile
fine fatta da quelle ragazze, che non vollero
dar retta ai più vecchi, sposarsi quando una
— 160 —
buona occasione si presentò lasciatala sfuggire
una volta, è miracolo se si presenta una seconda,
la buona occasione! La ragazza di vent'anni,
diventa di venticinque, di ventotto, di trenta
sente venire il vento dell'autunno, conosce il
fremito della tristezza e della solitudine
E la questione si fa grave, poiché non è sol-
tanto (insisteva la nonna), non è soltanto la
rinunzia alle gioie della vita, che deve consi-
derare quella donna, la quale non si sposa, ma
la rinunzia a tutto quanto facilita e qualche
volta assicura la vita.
Quante ragazze (parla sempre la nonna) che
credettero di poter bastare a sé stesse, provve-
dere al loro decoro, e invece si trovarono impi-
gliate in una tragica situazione, sopportata
silenziosamente, dissimulata persino, ma non
meno terribile, per chi seppe vedere sotto il
velo dei sorrisi forzati
La conclusione fu che ieri, tutt'a un tratto,
la nonna mi annunziò che, sentendosi meglio,
avrebbe ricevuto nella serata alcuni amici ; pen-
sassi a far preparare ogni cosa in casa, e a
vestirmi poi con un certo vestito rosa, scelto
dalla zia Celine. Io feci mostra di nulla inten-
dere, obbedii, mi dimostrai lieta sovrattutto di
quella novità che la nonna potesse ritornare
— 161 —
in sala, ma già dapprima mi sentivo come
dirò? un po' ribelle alla situazione.
E dopo? Ah! dopo fu peggio, peggio assai ! Mi
presentarono un signore un po' calvo, un po'
miope, un po' grosso, né giovane né vecchio,
né bello né brutto, che mi parlò seriamente,
di molte cose che a me parvero molto futili
Quando tutti se ne furono andati, la nonna
mi disse chiaro di che si trattava, ed aggiunse
che, per quanto riguardava gli affari d'interesse,
tutto era bene avviato da lei. Quel signore
sapeva quali erano le mie condizioni finanziarie,
ed aveva buone intenzioni. Era persona stima-
bile sotto ogni rapporto; se dunque io
Ah! quella, mamma, avrebbe dunque dovuto
essere l'occasione, la mia occasione unica di feli-
cità? Grazie, grazie, preferisco star così!
Dissi subito alla nonna, il domani mattina,
che non stesse a pensarci, non stesse a scri-
verti t'avrei scritto io.
Ora viene la primavera. Dovrei sentirla giun-
gere con gioia: é sempre così bello vedere il
cielo che si rischiara, e tutto che rinasce.
Ma io invece sono assalita da una malinconia
strana. C'è poca gente che ti somigli, mamma,
h difficile raggiungere le altezze a cui tu miri !
11 — L'intima gioia.
— 162 —
La vita di noi fanciulle è molto vana, l'occa-
sione di far del bene, di vivere intensamente,
generosamente, per qualche ideale, è rara! Mi
pare che in tutte queste voci di primavera
troppe cose vi siano a cui non so rispondere
Mille volte al giorno, anche dalle persone
migliori, mi sento offendere intimamente. Mi
offendono una Carmen, una Silvia, così ridan-
ciane e spesso schernitrici : mi offendono tutte
queste signore amiche della nonna, che paiono
considerare la vita della giovane come orien-
tata verso un'unica meta: il marito.
Ma, e se non viene? e se non lo troviamo,
l'uomo che possa davvero darci la felicità,
neanche lasciarcela presentire da lontano
quale osiamo sognarla in fondo al cuore? La
nostra vita sarà dunque una bancarotta?
I
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E
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^^^2^_^i/^^^.=.^^\
LETTERA XVI.
Donna Cristiana Graneri a Mariola.
la questione del matrimonio
fa sempre più complicata, tu stessa ormai
puoi comprendere. Gli uomini ci pensano,
pensano parecchio ad assumersi il peso d'una
oglie, d'una famiglia.
E che abbian torto, che non siano da com-
itire, questi poveri signori uomini, nessuno
erebbe dirlo.
È facile, a tutta prima, e sovrattutto ad una
ente di vent'anni, il trovar gretto, meschino,
nza entusiasmo, l'uomo capace di rimaner
— 164 —
freddo ragionatore dinnanzi alle più squisit
e leggiadre doti femminili, se a queste no:
s'accompagna una dote discreta. Ma bisogn
riflettere, e concedere anche a quest'uomo, eh
sarà, supponiamo, ufficiale, magistrato, inge
gnere, di riflettere.
È un diritto e anche un dovere il saper
premunire nei passi diffìcili. Egli, col suo st
pendio e con quel tanto che avrà di suo, y'n
decorosamente, vive bene.
Ora, se la fanciulla che gli piacerebbe, è cn
scinta come lui, in una condizione agiata, nati
ralmente essa non è assuefatta a far privazioD
a trovarsi nelle strettezze. Se dunque ella pui
non ha una certa sostanza (e succede frequei
temente che la signorina educata e cresciui
negli agi, perchè figliuola, ad esempio, d'u
uomo che abbia qualche carica lucrosa, non s
poi ella in grado di contribuire a costituire ur
rendita nella nuova famiglia, proporzionata al
sue esigenze), se dunque 1^ ragazza è pover
è giusto che Tuomo non si arrischi a metti
su casa.
La vita si complica ogni giorno di più; e
che una volta era lusso, ora pare sia il sempli<
necessario, V indispensabile. Pare non sia p
permesso di non esser ricchi.
i\
— 165 —
Nel viaggio a treno lampo della vita bisogna
Raggiare in prima classe a tutti i costi, e chi
lon fa presto a procacciarsi un biglietto è
tupido, è inetto.
E l'uomo si piega, si conforma, a questa vita
i moto perpetuo, di ambizione, l'accetta cosi
om'è, tutta tramata di lotte e di rivalità, e
idea del matrimonio d'amore, in questa corsa
ertiginosa, è abbandonata alla prima stazione
sui vent'anni ogni uomo forse l'accarezza un
lomento !).
In questa condizione di cose possono più
icilmente avvenire o il matrimonio di conve-
ienza o il matrimonio di capriccio. Nel primo
aso l'uomo che è già quasi arrivato, cerca una
ompagna che abbia una sostanza proporzionata
Ha sua, sia uguale a lui anche nella sua posi-
one sociale, abbia tendenze e gusti simili ai
loi. È inutile negarlo, questo matrimonio di
)nvenienza, quasi sempre comUnato dai pa-
3nti, dà spesso buoni risultati, li dà sempre
ligliori del matrimonio di capriccio. Accade
(laiche volta che in questo viaggio precipitoso
cui accennavo dianzi, un uomo e una donna
incontrino, si piacciano, perchè giovani e belli
itti e due, perchè tutti e due si trovano in una
Lsposizione speciale di eccitamento, quasi di
-^ 166 —
ebbrezza Essi non sostano a riflettere: ne
Tuno né l'altro non si domandano se oltre
quello sguardo acceso, quel sorriso affascinante,
vi siano quei doni del cuore e delFanima
quella forza di volontà, quella sincerità di virtù
che assicurano la felicità vera, la pace d'une
famiglia cedono alla passione, al capriccio....
e si sposano.
La tua intelligenza e il tuo sentimento devonc
dirti che questo non è un matrimonio d'amore
mia cara Marida, ci vuol altro!
Ora è questo per l'appunto il matrimoni!
che la nonna e gli amici suoi condannano, <
con ragione.
Ma neanche il matrimonio combinato, com<
si suol dire, non ti va, non ti sorride?
Eh Marida, io non desidero che ti sorrida
Allora ?
Allora quale sarà lo stato d'animo d'un
ragazza che abbia quattro o cinqu'anni pi
di te, quale sarà il tuo stato d'animo se, fr
quattro o cinque anni, non avendo trovato
sposarti secondo le aspirazioni del tuo cuore
sarai zitella?
E quale sorte aspetta la ragazza di condizion
civile, ben educata, ma non ricca?
Dal momento che l'uomo della sua stess
sii
— 167 —
condizione commetterebbe uno sbaglio sposan-
dola, che sarà di essa? Una nullità?.... una
povera naufraga?
Qui risulta chiaro il dovere, per parte dei
genitori, di dare alle loro figliuole il modo di
vivere indipendenti : lasciar loro, cioè, o una
sostanza bastevole, o una professione.
Sarebbe un errore che ogni ragazza, per sfug-
gire quella specie di febbre che coglie (e, dicia-
molo, coglie assai più spesso i parenti che non
a ragazza stessa) di fare un buon matrimonio,
di essere indipendente, pensasse a prendere una
professione. Se la ragazza di civile condizione
ha mezzi per vivere, sia pure modestamente,
asci la professione a chi ne ha bisogno appunto
per vivere. Ma ogni ragazza ritenga ch'è un
io vere il tirar profìtto della istruzione che
['iceve, un profitto veramente solido, tale che
all'occorrenza possa salvarla dalla triste neces-
sità di dipendere da altri, di essere un peso per
yìì altri. Ogni ragazza poi che scopra in se
gualche tendenza speciale, per la musica, pel
iisegno, pei lavori d'ago (anche l'umile ago può
3ompiere cose leggiadre e abbastanza lucrose)
sappia rivolgere queste tendenze a uno studio
continuato, coscienzioso, per modo che, in un
3aso di necessità, ella possa ricavare un van-
^^aggio dalla sua arte.
— 168 —
E questo, per il lato pratico della vita, per
non trovarsi un giorno avvolta nella mischia
della lotta sociale, senz'armi, senza forze
poiché è vano ormai andar dicendo in tono
melodrammatico :
« La donna non è fatta per combattere e per
vincere; ma per amare e lasciarsi guidare,
sorreggere ».
È vano! l'uomo stesso riconosce che, nelle
contingente attuali della vita, egli ha bisogno
d'una collaboratrice, e non d'un peso, o d'una
liana parassita
Ma poi viene il lato morale.
E qui:
« Per correr miglior acqua alza le velo
Ornai la navicella del mio ingegno ».
Mariola cara, nessuno che abbia cuore e
intelligenza potrà mai pensare a lungo, quale
si sia la sua condizione sociale : a chi, a che cosa
servo? Il pensiero più amaro ch'io conosca, e
solo per avertelo veduto fuggevolmente nel
cuore, non so dirti quanto me ne senta preoc
cupata. Ebbi la tua ultima lettera per via.
mentre scendevo alla vecchia abbazia di San
Pietro, dove il parroco diceva una messa per
tempo, alle sei.
— 169 —
Sai che mi piace pregare nelle ore mattutine,
insieme col sole che si leva, colle allodole che
esultano nei raggi e nell'azzurro. Hai ragione,
la primavera viene ; la primavera è venuta !
Lessi la tua lettera in quel giardinetto soli-
tario, presso la chiesa. Ciò che in essa è di
tristezza nuova mi riempi il cuore di commo-
zione, senza meravigliarmi. In me era come
se avessi sentito scaturire una corrente di dolci
pensieri, ora sussurranti quasi a fior d'anima,
ora sperduti nella sua profondità. Cara, non
mi pareva molto lontano il tempo in cui, di
primavera appunto..... Sì, si, avevo vent'anni
anch'io, nuovamente vent'anni; l'amore ma-
terno fa di questi miracoli !
Pensavo a te, ed ecco svegliarsi, ascendere,
spandersi con una sovrumana soavità, la malia
della primavera entro il cuore. Meravigliosi
fiori, ghirlande di fiori, mi allacciavano; e le
erhe, le corolle, avevano nuovamente il pro-
fumo di quei di, e il prato, il bosco, coperti di
rugiada mattutina, ridevano e piangevano come
a quei dì, e nuovamente provavo il dolore di
non poter manifestare certi desiderii acuti e
vaghi ad un tempo, certi intimi sogni.
I vent'anni conoscono turbamenti profondi,
agitazioni oscure, impeti repressi ; intravedono
— 170 —
cose impossibili e sacre alla impossibilità.
A un tratto s'apre agli occhi tuoi, Mariola,
bimba mia, dojce amica, s'apre agli occhi estatici
della tua giovinezza un cielo di gioie scerete,
e nondimeno il tuo cuore soffre, par quasi che
voglia liberarsi d'un'ambascia che le labbra
mai non sapranno proferire, e, nell'ardore della
tua immaginazione, tutte le cose hanno una
smisurata grandezza ideale, e un'aspirazione
ti coglie di trascendere il limite di ciò che
vedi e conosci
Io sedetti sul murello del sagrato, e là, sotto
un cielo, la cui serica bellezza azzurra mi parve
come percorsa da fremiti, accanto al vecchio,
altissimo pino, che aveva, anch'esso, delle vel-
leità giovanili, era tutto canoro di uccelli,
aveva degli sprazzi di verde tenero sulla sua
gran veste verde cupo, là, in quella quiete,
io ebbi per te quei desiderii fervidi di bene che
sono preghiere.
Nessuna esistenza è senza scopo e senza
perchè, o mia Mariola. Siamo tutti al centro
d'uno stesso mondo, e tutto ciò che succede è
grande, se in noi è grandezza di pensiero e di
proposito.
Chi ha mente e cuore e libertà di spirito,
trova sempre sul suo cammino un ideale cui
^ 171 —
tendere. Ogni vita, se nobile, deve essere un
plauso a qualche ideale. Quello più naturale,
più spontaneo, in noi donne, lo so, è l'ideale di
una famiglia; amare, e farsi amare da uno
sposo, avere dei figliuoli. Ma, lo abbiamo veduto,
mille circostanze, esterne e interiori, rendono
ormai il matrimonio una cosa difficile; non
tutte le donne son destinate ad essere spose e
madri, e dovranno perciò, queste fanciulle che
non hanno ancora trovato, che forse non trove-
ranno marito, disamorarsi della vita, lasciarsi
cogliere dal tedio e dalla malinconia?
No, no ! Lavorare, operare, servire agli altri,
non per servire al volere altrui, ma per ub-
bidire al dovere ; renderci migliori, palpitare
pel bello e pel vero, vibrare nel donarsi a chi
soffre, a chi è debole, povero, ignorante: tutto
ciò è possibile a tutti, a chiunque abbia forza
e volontà di andare avanti, di ascendere
Anche alla fanciulla che non sia ricca è pos-
sibile questo. Munita di studii, addestrata a
qualche arte, a qualche professione, la fanciulla
senza dote, appare tutta mutata. Ella è qualcuno,
la sua personalità si rivela ; ella segue alacre-
mente la sua via, si sente indipendente, al
sicuro ; si sente salva dall'avvilimento di dover
accettare il matrimonio per aver pane e tetto,
— 172 —
pure essendo sempre pronta a deporre le sue
più pesanti armi di combattente nella vita,
quando un uomo degno di lei si presenti e la
faccia sua compagna.
La fanciulla ha in sé una grande potenza,
che in molta parte ignora, o di cui abusa —
l'immaginazione.
Io non la vorrei soffocata, ma indirizzata al
bene, ma educata in modo che dia forza e
varietà al giudizio, gli dia ali da poter oltre-
passare la stretta cerchia dei suoi interessi per-
sonali, e giungere a scorgere tutte le belle e
nobili cose che sono di là da quella cerchia.
Il pericolo maggiore della immaginazione sta
nel non averla temprata, irrobustita a tempo,
e i peggiori danni si riscontrano sempre in
quelle fanciulle che, rinchiuse, obbligate a fan-
tasticare nella inerzia e nell'ignoranza, si soffer-
mano alle piccole cose, s'abbandonano a frivoli
affetti e diletti.
Le fanciulle, invece, assuefatte all'aria ed
alla luce delle pure vette, se anche talvolta
si accasciano, si smarriscono, ben presto si
rialzano, si spingono sempre più forti e più
sicure su per l'erta via del bene.
Una immaginazione ben coltivata mi pare
possa paragonarsi ad una pianta alla quale il
— 173 —
buon giardiniere abbia tagliato via i tralci
inutili; quelli superstiti prendono maggior
vigore. Tagliate via che s'abbiano dalla imma-
ginazione le vane fantasticherie, il sentimen-
talismo, le leziosaggini oziose, cresceranno
vigorosi il sentimento del bello e del grande,
le buone aspirazioni, l'idea del sacrifizio e del-
l'amore. L'immaginazione della donna troppe
volte diventa morbosa, perchè adescata dalle
mollezze, dagli errori di studii superficiali.
Sorga la fanciulla moderna ad amare il
lavoro, lo studio sincero, l'arte sana, la scienza
di beneficare, si nutra d'un cibo intellettuale
sostanzioso, e allora, senza abbellire il male,
senza sospirare verso beni maggiori del vero,
ma profondamente innamorata del vero e del
bello, tendendo sempre più alla unità, alla in-
tegrità del suo essere morale, ella diverrà una
creatura non inutile a sé stessa, e capace di
influire beneficamente sugli altri.
E conoscerà, anche nelle più umili condizioni
di vita, conoscerà la gioia. Un'anima vera-
mente pura è bella come un giglio intelli-
gente; essa godrà di tutto: del cielo sereno,
dell'aria viva, dei grandi astri luminosi e delle
piccole fonti nascoste.
Gl'incatenamenti della gioia, cosi intesa, sono
— 174 —
infiniti. E il bello spesso non è in ciò che si
cerca, ma in ciò che s'incontra qualche volta
può bastare un fuggevole raggio a far dischiu-
dere i buoni pensieri in un intelletto denso di
germi.
Cosicché nella vita più semplice e monotona
in apparenza può essere un'intima e conti-
nuata letizia.
— « Si je pouvais croire au honheur — disse
Chateaubriand — je leplacerais dans VhaUtude,
l'uniforme habitude qui He au jour le jour ».
È questa una profonda parola che forse non
subito comprenderai : ma prova a vivere questa
parola, e mi darai ragione. Cioè prova a fare
della tua vita giornaliera un concatenamento
di doveri sempre compiuti coscienziosamente:
un'armonia profonda ne scaturirà.
È poi un errore il dire : — « Io non ho mai
occasione di poter dispiegare le mie attitudini,
le mie facoltà »
Ad un cuore aperto, ad uno spirito desto e
vigile tutto è argomento di pensiero e di
azione.
Ti scrivo come spinta da una forza interna,
che si agita in me quasi alla mia insaputa.
Quando parlo o scrivo a chi ho molto caro,
sento spesso questa forza occulta. Amiamo la
— 175 —
vita, Mariola! Apprezziamola, ripetiamo col
poeta: — « Far del bene, pensare, leggere,
guardar crescere le biade, sbocciare i fiori,
ecco ciò che rende l'anima felice ! » (Ruskin).
Si dice che col trascorrer degli anni le dif-
ficoltà, le contraddizioni, le sofferenze si mol-
tiplicano sul cammino. È vero, io non te lo
negherò.
Ma per le anime valorose la difficoltà è sprone
a proseguire il cammino.
Di solito si risguardano diversamente i con-
trasti che provengono dalle cose, da quelli che
provengono dalle persone : accettiamo più facil-
mente i primi che i secondi, cioè sempre ci
ribelliamo contro ciò che siam soliti definire la
« malevolenza degli uomini ». Questo è un
errore.
Perchè quei calcoli, quei desiderii, che con-
trariano i nostri, quelle difficoltà, quegli
ostacoli, sono suscitati da mani visibili, dovremo
noi conchiudere che tutto ciò non si opera per
la volontà di Dio?
Se meditiamo bene questo pensiero — e te
lo raccomando in ispecial modo, come quello
che potrà avere una influenza su tutta la tua
vita morale — allora noi accetteremo ogni con-
trasto senza ribellarci, e procederemo sempre.
— 176 —
in qualsiasi circostanza, con bontà e senza pes-
simismo, senz'acredine verso i nostri simili.
Colla bontà bisogna vincere ! e la bontà,
specie in noi donne, non sarà mai completa-
mente efficace, se non sarà serena. Chi vive in
famiglia non può dubitare di questa verità. Solo
quando una forza di volontà serena perduri, e
vinca le piccine dispute e contraddizioni e riva-
lità, solo allora noi potremo dirci veramente
buoni, di quella bontà intelligente e consa-
pevole di sé stessa, che prepara ad una superior
vita futura.
Molte volte le nature impazienti, violente,
mutevoli d'umore, quelle persone che non sanno
moderare gl'impeti della collera, gli scatti della
voce, del gesto, i lampi dello sguardo, le espres-
sioni beffarde del volto, molte volte queste
persone, anche quando sono in fondo giuste
ed oneste, scompigliano quella delicata com-
pagine di che è fatta la pace famigliare.
San Francesco di Sales disse : En famille mieux
vaudrait taire une verità, que la dire avec
mauvaise grdce,
È molto necessario che la donna sia convinta
di questo, che la sua virtù deve essere serena,
ed allora, solo nell'abitare colla sua famiglia,
nel vivere presso i genitori, i fratelli, la donna.
— 177 —
specie quaudo è giovane, può far scaturire
intorno a sé mille fonti di consolazione.
La giovane che non abbia disperse le sue
energie in una vita disarmonica, eccitante e
mondana, sa vivere in compagnia di sé stessa,
non ha bisogno di crearsi ogni giorno qualche
briga, non ha bisogno che succeda qualcosa
ogni giorno per trovar pregio alla vita. È dal-
l'amore dei suoi cari, dal suo lavoro, dalle sue
letture, che sa trarre l'alimento pei suoi pen-
sieri, è nell'ordine della sua vita interiore che
«^a trovare un sollievo ad ogni sua cura; il
tratto di cielo che scopre dalla sua finestra
è per lei una pagina sempre nuova, e le invia
parole vive, e ne riceve da lei.
Chi potrebbe dire tutti i mali che dilaniano
n questo momento la nostra società senza
deali e senza fede?
Gli uomini hanno sete di verità, di pace, di
ìmore ; e delusi, ingannati, feriti in tutti i loro
sogni, snervati, oppressi, essi trascinano la vita,
3he per loro altro non è se non un grande
nluppo d'ingiustizie e di forze cieche
Dove li sospinge essa?
Che cos'è questo lamento universale?
Perché tante dispute vane tra gli uomini?
3erchè questo dilaniarsi a vicenda?
12 — L'intima gioia.
— 178 —
Oh! Mariola, una giovane di fede, di cuore
generoso, di mente illuminata, come potrà
vedere tutte queste tristezze, udire tutte queste
voci disperate, e non sentirsi spinta a far
qualcosa, a oprare, a entrare nella vita colle
sue idee buone? Ciò che occorre è di averle
davvero queste idee, di averle chiare e forti;
ciò che occorre è di sapersi prefìggere uno
scopo di bene : e poi i gradini per raggiungerlo
sorgeranno naturalmente, uno dopo l'altro.
Sempre aspettare, per vivere di più e meglio,
che le circostanze si mutino intorno a noi,
è vano. Operare, bisogna, mentre v'è la luce,
sempre, ogni giorno, ogni ora, con fiducia ar-
dente nella efficacia del nostro lavoro, per
umile che esso sia.
Per vincere la miseria della vita, ai lampi
che ci inviano nell'anima il bello, il vero, il
bene, occorre saper far seguire la tenacità del
volere.
Mariola, amica mia, che cosa ti attende nel
futuro ? Dio solo lo sa ! Ma dovunque conduca
il tuo sentiero, quale si sia la tua missione,
non smarrire l'anima tua; che ogni tua gior
nata sia piena di azione personale; dipende
da noi il far che la vita sia una cosa grande,
0 piccina.
— 179 —
La giovane che si sposa va incontro ad una
nobile, altissima esplicazione di vita; ma quella
che non si sposa ha dinnanzi a sé certi sen-
tieri, che, se da principio paiono meno chia-
ramente tracciati, possono condurre a vette
inesplorate: ella può essere una pioniera nel-
Farduo, progressivo cammino- della vita, a tra-
verso le regioni della Poesia, dell'Arte, della
Scienza, della Virtù e della Carità.
r^^^^^^^^^^'^^^^^'^'^^^
LETTEEA XVII.
Mopjo/o a sua Madre.
Sì, è vero, fui un po' indi-
sposta, ma ora sto meglio, e non devi impen-
sierirti per me. Solo, il cielo delFanima mia
oggi è pallido e un po' languido, come un
volto dopo la febbre, come queste giornate di
maggio, dopo il temporale: questo insieme di
fiori che sbocciano e di fiori gualciti, recisi al
suolo, di sorrisi e di lagrime, quest'aria di
pioggia e quest'aria di primavera, fanno qual-
cosa di strano, di ombrato, di luminoso, di
rorido, che mi piace!
Stamane sono uscita, dopo quasi una setti-
mana che stavo tappata in casa. La nonna
— 182 —
stessa mi impose di andare a fare una pas-
seggiata. È curioso che a furia di volersi ap-
plicare, si finisce col non esser più capaci di
venir a capo di nulla. È proprio vero che in
ogni sorta di lavoro bisogna saper dire : basta !
Fuori, all'aria libera, mi sentii rinascere : le
membra più elastiche, il respiro più libero,
godevo di tutto quel verde, e la natura pri-
maverile mi addolciva l'anima, me la disponeva
a qualche felicità prossima. < Impossibile —
pensavo mentre passeggiavo colla cameriera
— impossibile che stamane, rincasando, non
trovi qualcosa di buono ». Lo dissi persino colla
vecchia Carlotta, la quale mi rispose seria
seria :
— « Non si ricorda? Per mezzogiorno ha
ordinato la torta col ripieno di fragole ».
Altro che la torta e le fragole a casa
trovai Alfredo, che mi portava la tua lettera !
Grazie, mamma!
E che buon sorriso riconciliato aveva Alfredo!
Grazie anche di questo, a te. Egli mi disse
che sono la sua sorellina cara, che mi vuol bene
sempre, anche quando mi fa disperare!
Monello !
Le tue parole, mamma cara, mi cadono, a
goccia a goccia nell'anima, mi fortificano.
— 183 —
Scrivimi spesso: ho bisogno molte volte di
mettere la mia anima incerta a contatto della
tua, dalla quale sgorgano pensieri così alti e
sicuri.
Non so se riescirò mai a spiegar bene ciò
che provo. Talvolta mi sento una dormiente,
nella vita ; nel mio cuore è come se tutto fosse
muto ; le tue parole lo svegliano, a poco a poco
il mio cuore ha più palpiti, il mio cervello
più idee.
Hai ragione, la nonna ha bisogno di me, la
sua casa richiede il mio tempo, una parte
almeno del mio tempo, perchè, se fin dal mattino
mi alzo risoluta a fare, ora per ora, il mio
dovere, riesco a mettere insieme, a conciliare
molte cose
Candida è tornata: essa mi è sempre più
cara, abbiamo mille aspirazioni, mille desiderii
che si somigliano : andiamo insieme da Donna
Adriana, che promise di darci da lavorare a
tutt'e due. Abbiamo anche stabilito di leggere
insieme, di dedicare qualche ora della settimana
a queste letture. Vorremmo libri buoni e belli,
mamma, di quelli che il babbo battezza colla
piccola parola possente: Est
Di quei libri che si possono non solo am-
—. 184 —
mirare, ma amare. Consigliaci, mamma, consi-
gliaci alcuni di quei divini morti, coi quali
possiamo ragionare a lungo.
Candida è tornata da Roma piena di vita
e di pensieri nuovi, più affettuosi, più poetici,
più religiosi ancora, direi.
Essa mi fece vedere una leggiadra stampa
del Dùrer, che scovò in un magazzino di an-
tichità, nella vecchia città Leonina. Sono due
figure che paiono avventurarsi in alto, portate
da qualche soffio misterioso. Mi disse che in
questa immagine ella ha veduto il simbolo
della vera amicizia.
Quelle due figure, forse di sante, cosi libere,
mentre vanno insieme, le davano idea di certe
affinità misteriose che possono unire due esseri
senza distrùggere mai la loro personalità.
Quando vado da lei ritorno sempre a casa
più contenta. Ci sono alcuni volti — il tuo,
quello del babbo, questo di Candida — che mi
basta di evocare dentro il mio cuore, nei mo-
menti più difficili 0 meno lieti, per affermarmi
in una risoluzione, chiarirmi in una idea, vol-
germi verso una meta.
Alfredo vorrebbe sempre portarmi fuori, dice
che sto un po' troppo in casa, che per questo
ho spesso l'emicrania.
— 185 —
Ora son di ritorno appunto da una lunga
passeggiata. Non avevo mai visto Porta Palazzo.
Andammo al mercato: io comprai molti fiori,
poi ci fermammo anche noi davanti alle giostre e
ai òaracconL C'erano dei ragazzi, delle donne,
degli uomini, persino dei vecchi, che discorre-
vano, urlavano, ridevano, gestivano, pareva
avessero bisogno di smaltire cosi la gioia pro-
vata sui cavallini di legno o sulle montagne
russe. Ed ho pensato che in fondo è sempre
lo stesso motore che spinge l'umanità — poveri
stracciati e sudici, giovanotti e signorine snob
Un bisogno di gioco, di gioia fisica, nella quale
le forze si rinnovano, si rinfrancano: forse
anche, sfuggire un poco alla realtà delle cose,
entrare nel sogno?
E ci sono vari modi, eletti e volgari, costosi
ed a buon prezzo, di gustare questo piacere :
gioie grosse e gioie sottili! Dissi ad Alfredo:
— Ecco, vedi, i signori han bisogno, per star
bene, di divorare lo spazio in automobile, di
fare 100, 120 chilometri all'ora Questi pove-
retti si contentano della scossa che si può pro-
vare, fendendo l'aria sull'altalena, od avventu-
randosi sulle montagne russe.
Alfredo, l'incorreggibile Alfredo, mi guardò
sorridendo: presto m'avvidi che un pensiero
~ 186 —
monello faceva capolino nei suoi occhi : — « Di-
venti molto riflessiva — mi rispose — fai certe
osservazioni veramente psicologiche Ma ri-
cordati che Lessing diceva : preferisco un uomo
che s' imbelletti ad una donna che pensi ». — Ah !
ma ora anch'io ho capito, caro signor Alfredo !
Una volta mi stuzzicavi, mi facevi indispettire
tirandomi le treccie, disfacendomi il nodo della
sciarpa: ora ci provi lo stesso gusto, pigliandomi
in giro con certe frasi : ma.... non attecchiscon
più. Risi anch'io, ed accondiscesi di buon grado
alla sua proposta di salire s'un tram che doveva
portarci fino al ponte Isabella, lungo i viali.
S'andava a traverso regioni quasi campestri :
le erbe dei prati, gli alberi, i fiori, tutto era
giovane, tutto aveva quella tenera trasparenza
che solo ha il maggio.
Una pallida ragazza, seduta in tram di fronte
a noi, disse ad una vecchia signora che l'accom-
pagnava, guardando tutto quel verde nascente:
— « Quest'estate verremo qui anche noi, e ci
fermeremo, e sederemo sulle panche, nevvero? »
Poverina ! Il suo sogno non andava più lon-
tano! Eccone un'altra che s'accontentava di
poco. Forse abitava nella vecchia Torino, laggiù,
in quelle scure viuzze intorno alla Consolata, e
quel pezzetto di campagna, di pseudo-campagna.
— 187 —
rappresentava per lei lo spazio, la freschezza,
la gioia dei prati ! E noi ora vogliamo la Sviz-
zera, i ghiacciai, la Norvegia
Ma stavolta più non dissi il mio pensiero ad
Alfredo. Del resto m'avvedo che egli non è
insensibile a tante cose che mi piacciono e
m'inteneriscono, che non per nulla egli è anche
un po' il tuo figliuolo: la sua anima è desta
a mille suoni generosi
In casa della zia Celine, ai suoi five o' clock,
convengono due o tre ufflcialetti di cavalleria
che sono, da un lato, divertentissimi. Escono
ora dalla scuola di Pinerolo, e paiono già stucchi
e ristucchi di tutto, persino dei loro cavalli e
dei loro exploits sportivi, dei loro salti, delle
loro corse sebbene, quando discorrono di ciò
che sanno fare, pare che descrivano le gesta
di UD centauro. Ma ormai, ah ! ormai sono
stanchi, e se tengono cavalli da corsa vogliono
anche il trainer. — « Io mi ci secco a montare
Papillon tutti i giorni ! » — diceva uno di essi.
E arrotano tutti la erre, e parlano l'italiano
come se fossero tanti inglesi, a denti stretti, e
stanno sempre nelle vicinanze del tavolino del
whisky and soda, e bevono brillantemente!
~ 188 —
lersera, non so come, forse aprendo un gior-
nale, qualcuno esclamò:
— « Pare che avrem la guerra »
Allora tutti manifestarono le loro idee, alcune
fiduciose, alcune audaci, alcune scettiche oh !
ma le più scettiche, le più sfiduciate e umi-
lianti, le più scevre d'ogni entusiasmo, furon
le idee di quegli uffìcialetti dai baffi spuntati
— « L'Italia si trova in pessime acque, non
ha nulla di nulla noi non possiamo sperar
nulla, non siamo capaci di nulla > . . . .
Ma a questo punto parlò anche Alfredo, il
quale era sempre stato ad ascoltare. Sai che
egli è pacato, che non si esalta, che può dire
ciò che vuol dire senza offendere inutilmente,
senza che l'eccitazione gii annehhii le idee e gli
mozzi le parole in gola. Disse adunque che noi
siamo figli di coloro che passarono attraverso
le più dolorose vicende con sublime fede nel
cuore, si travagliarono, si spesero tutti per
l'ideale della patria unita Solo pel ricordo
di questi nostri padri noi non dobbiamo dispe-
rare delle nostre sorti, dobbiamo saperci innal-
zare a più commossi e fiduciosi pensieri
« l'Italia, l'Italia! ma l'Italia è fatta di italiani,
« e ogni italiano che serbi gloriose tradizioni
« nella memoria, che ami davvero, non per
— 189 —
< calcoli personali, il suo paese, ogni italiano
« amante così, diventa una forza. Anche a noi
< dovrebbero bastare le parole proferite dal
« Nelson prima della battagia di Trafalgar:
« — Il paese aspetta che ciascun uomo faccia
« il suo dovere — per renderci tutti forti e
« coraggiosi, tutti soldati nel momento del peri-
re colo Non dimentichiamo che camminiamo
« s'una terra intrisa ancora del sangue di
< tanti eroi ! »
Bravo, Alfredo ! Che te ne pare, mamma ?
^5
LETTERA XVIII.
Donna Cristiana Graneri a sua figlia
Brava anche a te, figliuola cara; vedo che
cominci a comprendere l'intima gioia di tutte
le cose che sono in noi e intorno a noi. Ma,
anzi tutto! traspare dalla tua ultima lettera
che non stai molto hene di salute e che
troppo poco ti preoccupi di star meglio: mi
diventi un po' stanca, un po' languida, mi dai
l'idea della giovine donna che comincia a subire
i cattivi risultati del surménage intellettuale.
Per carità, Marida, non bisogna mai trascu-
rare l'igiene, ma alla tua età sovrattutto le cure
fisiche hanno una importanza capitale: la salute
del corpo è un coefficiente d'intima gioia. In
— 192 —
generale alla tua età si disprezza quasi la buona
salute; molte ragazze si fanno un vanto di tra-
scurarla: Che noia — dicono — dover pensare
a ciò che fa bene, a ciò che fa male... Lascia-
mole ai vecchi, queste preoccupazioni ! — Grande
sbaglio; quando la gioventù è trascorsa, molti
danni sono irreparabili.
Queste ragazze non pensano che esse, per
quanto piccine cose, sono nondimeno cose di
Dio, sono state messe quaggiù a completare il
Suo disegno. Ogni essere umano è un valore.
Ogni giovane ha il dovere di domandarsi : « Che
cosa valgo per me stessa, per la mia famiglia,
per la società, nella quale sto per entrare? ».
Quaggiù noi non siamo, come disse un grande
filosofo, non siamo né un'anima, né un corpo ;
siamo un essere, e quest'essere ha l'obbligo di
raggiungere il grado di vita più perfetto pos-
sibile. La vita è il vigore, la liberazione d'ogni
malattia, l'elasticità delle membra, il godimento
di mille piaceri innocenti e puri. La vita è
il progresso, e questo progresso è attuabile
soltanto se nel tempo della nostra giovinezza
avremo avuto la prudenza di conservare e anche
di farci una buona salute.
Chi non ha salute è un debole, e il debole
non può educarsi alla scuola della vita; chi
— 193 —
ha salute, invece, non teme nessuna lotta in
cui debba provarsi la resistenza della sua
tempra, la energia della sua volontà.
La gioventù deve adunque dedicare un po'
di tempo, sempre, in campagna come in città,
al moto, all'esercizio fisico, ai giuochi all'aria
libera; pur senza concedere il meglio di sé
stessa allo sporta intendiamoci! Esagerazioni in
nulla.
La salute dipende anche moltissimo dalla
temperanza nei cibi e in qualsiasi bevanda;
nel sonno misurato, nella pulizia... ah! si! in
madonna acqua, non lasciamola mai scarseg-
giare. Dipende poi anche dai pensieri buoni,
dai nobili divisamenti, perseguiti con perseve-
ranza e con allegria, con brio. In America le
università femminili son poste in mezzo alla
campagna ridente, tra i boschi di pini e di
larici.
Le signorine che frequentano queste univer-
sità, pure studiando il latino (la lingua che più
forza lo spirito alla riflessione), amano la vita
all'aria libera, trovan tempo di scendere ai
laghi, ai fiumi, per andare in barca e vogare
allegramente.
Riprendendo il discorso troncato nella mia
ultima lettera, ti dirò che alla giovine avente
13 — L'intima gioia.
— 194 —
una mente sana in corpo sano, io vedo aprirsi
un futuro davvero vastissimo: altro che con-
siderarla una naufraga della vita, se oltre-
passati i vent' anni, non avrà trovato ancorg
marito !
Anzitutto, la mente si può, colla volontà e
coll'esercizio, fortificare e ingrandire. Le vari(
parti del cervello umano sono suscettibili d
grande sviluppo.
È noto, per darti un esempio, che l'uomo i
quale si dedica alla musica, esercitando il su(
udito, giunge a percepire suoni che gli altr
non odono, e riesce cosi ad accrescere il nu-
mero delle cellule cerebrali nella regione
auditiva.
Mi ricordo di averti già detto, a proposito d
quegli anni della mia prima giovinezza tras-
corsi in Firenze, che, mediante lo studio e l'ap-
plicazione, io mi sentivo aumentare l'intelli-
genza. Troppo spesso i pensieri di noi donne
non sono diretti ad uno scopo fìsso, errano d
qua e di là come tante farfalline.
Già Bacone aveva detto che l'ingegno è fatte
per una metà di ispirazione, e per l'altra meti
di applicazione, e Buffon: Le talent n'est qu'um
grande aptitude à la patience, (Ma qui, inten-
diamoci: Vaptitude à la patience di cui parls
— 195 —
Buffon è una forza eccezionale nell'esercizio
del pensiero).
Quale missione, quella della parola scritta o
parlata, quando è sentita davvero, quando è
data da Dio! E quanta felicità del cuore si può
trovare, in questa missione, se adempiuta coscien-
zosamente e senza vanità. Ricordo di aver cono-
sciuto, quando tu eri ancora bambina, la illustre
scrittrice francese. Mademoiselle ***. Ella un
giorno mi narrò parte della sua vita. Fin sui
vent'anni era stata una bellezza; e ancora le
si poteva credere, guardando solo in quei suoi
occhi scuri e .vellutati. Ma solo a quelli... che
il rimanente del volto era una specie di rovina.
Aveva avuto il vaiolo, un terribile vaiolo, pas-
sato sulla sua persona come un soffio che brucia
e che devasta. Non sarò forse mai capace di
ridire le parole colle quali ella rendeva la sua
disperazione di quei primi tempi, dopo la dolo-
rosa scoperta.
Ma ella aveva, per fortuna sua, sempre amato
lo studio. Vi si consacrò completamente : cominciò
a scrivere, così, per sé stessa, a lasciar sgor-
gare tutta l'anima sua piena di dolore... ma
anche di speranze nuove: e un giorno — «mi
parve — ella diceva — d'aver fatto un libro >.
Amici savi e competenti la consigliarono di
^ 196 —
pubblicarlo; e tu l'hai letto quel libro di made-
moiselle **% è il suo Journal, quello di cui ella
ancora soggiungeva: « Di tutti i miei lavori,
è quello che mi diede le migliori consolazioni:
rispondenze intime, comunicazioni con anime
che non avrei mai conosciute; anime simpatiche,
che la mia voce destò, e che mi sorsero d'at-
torno, che mi incoraggiarono >.
C'è una generazione sempre rinnovellantesi
di intelligenze e di cuori affettuosi; un perpetue
divenire di impressioni e di sentimenti, nel
mondo delle anime. Quante confidenze, rivela-
zioni speciali di situazioni, di circostanze, di
affetti, di speranze e di dolori, che non si fareb-
bero a viso scoperto ! Lo scrittore diventa in
molti casi l'amico ; diventa, dal fondo della sua
solitudine, il consolatore invisibile di tutti questi
spiriti in ansietà.
Ecco, secondo me, quale dovrebbe essere spe-
cialmente l'ideale della donna nel campo della
intelligenza e della letteratura. Sollevare gli
spiriti! Mettersi in comunicazione con quella
numerosa schiera di anime che giungono di
giorno in giorno, di ora in ora, nel cuore della
vita attiva con quella purezza di aspirazioni,
quegli slanci verso il bello, quelle ribellioni
verso il male, quel complesso di passioni gene-
— 197 —
rose, che fanno sperare sempre, e contro tutti
gli scettici, nel miglioramento della umanità.
Ma questo, il campo intellettuale, temo di non
ripetertelo mai abbastanza, è tal campo nel
quale pochi possono essere ammessi, e sulFin-
gresso del quale, secondo disse un acuto e spi-
ritoso artista, gioverebbe scrivere: «Chi vuole
più di ciò che può, è un dilettante. Chi vuole
ciò che può è un ingegno. Chi può più di ciò
che vuole, è un genio ».
Medita bene le verità nascoste sotto il velame
delti versi strani:,.
Più accessibile, di solito, alla donna è il campo
della carità.
Nel dramma dello Schiller, 1 Masnadieri, un
nomo zufola, e dalle profondità della selva, dalle
cavità d'ogni roccia, d'ogni tronco d'albero,
scono creature armate di tutto punto che
:'ispondono all'appello, e vengono ad offrire la
oro opera, la loro vita. Nella società trava-
liata e dolente ch'è la nostra, la donna mo-
lerna, conscia della sua missione d'amore e di
)ace, deve far udire il suo appello, al quale,
lon dubitiamone, migliaia di cuori inquieti,
rementi nell'ombra, risponderanno. La nostra
locietà soffre: il senso sociale deve svegliarsi
— 198 —
nella donna, e già io lo vidi, più d'una volta,
svegliarsi in te, grazie a Dio. Ma nel cuore della
donna cristiana questo senso deve prendere una
particolare forma. Per fervente che sia l'opera
femminile accanto al focolare domestico, ora essa
non basta più. La donna deve, specie se non ha
marito, né figliuoli, estenderla più lontano,
verso tutti coloro che soffrono. Vi sono, pur
troppo, delle classi nelle quali la famiglia non
esiste più, ossia lo spirito di essa più non esiste.
Voglia Iddio che la mente della donna cristiana
penetri sino in fondo a certi problemi sociali...
Una moltitudine immensa, nella quale la povera
donna si esaurisce quanto e forse più delFuomo,
una moltitudine spinta, assillata dal bisogno,
sobillata anche dall' odio di gente utilitaria e
malvagia, si avanza, piena di minaccia. A questa
generazione nuova bisogna (già te lo disse Donna
Adriana), bisogna donare tutte le nostre forze.
« Amatevi gli uni gli altri ».
Intravedi tu l'intima gioia che scaturisce da
questo precetto messo in pratica da una giovine
donna ben equilibrata, forte e ardente di fede?
la giovane che sia veramente Tessere dotato di
una più delicata sensibilità, di una dolcezza più
spontanea, di una percezione più sottile, di una
grazia che vinca tutte le suscettibilità, tutte le
— 199 --
diffidenze e tutti i timori, così facili a germo-
gliare nel cuore degli infelici?
Abbiamo letto con piacere, il babbo ed io,
quella tua pagina dove ci riferisci le belle parole
di Alfredo.
È sempre la vecchia storia... troppo spesso
ora nei giovani manca l'entusiasmo, mancano
a fede e la carità di patria. Ciò è triste, tanto
3iù che non è neanche giusto il dire che sia
frutto generale dei tempi: e che allo spirito
3atriottico vada sostituendosi quello umanitario.
Se noi parliamo con francesi, con inglesi, con
tedeschi, subito ci avvediamo che essi amano
)rofondamente la loro patria, e per noi è sovrat-
;utto umiliante quel senso di orgoglio, di supe-
riorità, che dimostrano in quest'amore, quasi
3he essi molto avessero, nella patria, da amare,
la venerare, da apprezzare, e noi più nulla!
Ah! in questa vergognosa lacuna della edu-
3azione italiana molti avranno colpa, e qui non
^iova indagare, ma certissimo è che, anche in
juesto campo, la donna può recare una influenza
salutare e riparatrice.
Essa è che dovrebbe parlare all'infanzia, ai
giovanetti, di questo nostro fulgido paese, culla
ì'ogni civiltà, d'ogni eroismo e d'ogni poesia.
— 200 — .
E poiché non può accendere, se non chi è
acceso, ogni donna dovrebbe farsi un dovere
di conoscere le nostre glorie patrie, di conoscere
questo tesoro ch'è la nostra lingua, questa ere-
dità sacra trasmessa a noi da generazioni illustri,
le quali per tanto tempo seppero imporre anche
oltr'Alpe le nostre tradizioni.
Se i nostri figliuoli, fin dalla età più tenera,
avessero nella madre, nelle sorelle maggiori,
una guida nella storia e nelle glorie del paese,
quanto bene potrebbe derivarne in avvenire!
Di tanto in tanto il ragazzo si soffermerebbe
a pensare, a sorridere di gioia e di santa alte-
rezza, qualche volta anche a piangere ma
sarebbero sempre lagrime feconde d'amore e
d'eroismo.
Legga la donna le storie del Vasari, del Mu-
ratori, del Botta, legga i libri di Cesare Balbo,
del Tommaseo, del Rosmini, di Gino Capponi,
di Alessandro Manzoni, di Massimo d'Azeglio,
gli scritti vari del Pellico, del Giusti, del Leopardi
(quando parla della patria egli è sempre gran-
dissimo), legga l'Antologia compilata dal Car-
ducci, e riuscirà, la donna nutrita di questi
forti pensieri, a trasfonderli nell'animo di chi
l'ascolta.
Io so per prova, cioè per la esperienza fatta con
— 201 —
Alfredo, che l'anima del giovanetto si schiude
prestissimo a questi sensi patriottici, e li beve
come rugiada che fecondi. E in un'anima cosi
preparata a sentire generosamente metterà
radici più profonde tutto ciò che, in avvenire,
la vita le offrirà di grande e di nobile. Mentre
il giovine, nel quale non sia stato destato l'amor
patrio, rimarrà sempre uno spirito freddo, chiuso
a tutte le fedi, a tutti gl'ideali: avrà un sor-
riso di scherno per tutto ciò che è slancio,
sacrifìcio, rinuncia personale ; cose che egli defi-
nirà con una sola parola, sacrilegamente :
Poesia!
Poesia quanto gli costerebbe fatica, e non gli
tornerebbe di vantaggio pratico ; poesia il saper
mettere in seconda linea il guadagno e la pro-
sperità propria ; poesia l'amare il vero, l'onesto,
il grande, fino a dare la vita per essi ! . . .
Indicarti dei buoni libri?
Come vedi, in parte, quasi senz'avvedermene,
già risposi più su alla tua richiesta. Ora, se vuoi,
continueremo.
Alla buona prosa che già t'indicai, dovrai
aggiungere quella del Galileo Galilei, e dal
Galileo medesimo imparerai a non arrestarti al
Galileo, né a tutto il seicento, né al settecento;
— 202 —
sentirai insieme con lui di avere in te una
potenza indomabile, che mai non si quota,
fuorché nel vero, che l'anima dello scrivere bene
è il pensar bene, retto e distinto. Gusterai meglio
il Foscolo, nelle sue « Lettere » e nei suoi
« Discorsi », il Monti, l'Alfieri, nella sua « Vita »
scritta da esso medesimo, il Giordani, il Set-
tembrini e il De-Sanctis, il Niccolini, il Lam-
bruschini (1).
E non dimenticare i nostri grandi poeti: leg-
gili spesso. Generalmente essi si studiano un
poco durante gli anni della scuola; poi non si
aprono quasi più, quei mirabili volumi. Quante
giovani donne leggono la Divina Commedia^
Pochissime, per non dir nessuna. E ciò è gran
peccato, poiché molte di esse, se la leggessero
dopo i vent'anni, la intenderebbero nel solo
modo che riesca profittevole: dandovi una inter-
pretazione personale.
Io non dico già che tutti i veli onde si copre
quel divino poema cadrebbero: ma il mistero
fluttua, direi, intorno a certi confini, che possono
essere allontanati, sempre più. Le parole della
prosa rappresentano cose dai contorni ben defi-
niti. La poesia ha invece il privilegio di susci-
(1) Di questi autori vi sono edizioni compilate per la gioventù.
— 203 —
tare in noi aspirazioni, immagini vaghissime.
Ogni parola racchiusa in un verso non ha sol-
tanto il significato suo proprio, quello solo che
il poeta volle darle: ma ha la possibilità di
suggerire un numero grande di pensieri sempre
nuovi in chi legge; pensieri che fiammeggiano,
the germogliano gli uni dagli altri, e si diffon-
dono all'infinito, e ci dischiudono Tlnfinito.
Dopo aver gustato questi nostri grandi, potrai
spingerti più lontano nel passato, e leggere con
profitto le migliori opere greche e latine; ne
abbiamo delle buone traduzioni, e saranno
come un cibo sostanzioso che ti conferirà forza
contro la frivolezza di certa letteratura mo-
derna.
Se poi entriamo nel campo religioso, e vo-
gliamo libri che ci aiutino a progredire pratica-
mente nel bene, qui, fatte poche eccezioni, con-
vien dare la preferenza a scrittori stranieri. I
francesi Bossuet, Fénélon, Bourdaloue, più mo-
dernamente Lacordaire, Dupanloup, Bougaud,
Gratry, poi gli inglesi e gli americani Wiseman,
Newman, Manning, Spalding hanno pagine tali
da poter dire che, quando si ignorano, tutto un
mondo è chiuso ancora al nostro spirito.
Quanto ai^ romanzi io non li bandisco tutti,
senza eccezione. Ma di italiani, buoni, e all'in-
^ 204 -™
fuori di quelli scritti dagli autori che già conosci,
ne abbiamo pochi.
Non bandisco tutti i romanzi, perchè penso
come Madame Swetchine che: la fiction ne doit
pas se dèfier de la rèalitè: e' est là où elle doit
puiser sa force. Bn lisant les bons romanciers
je leur ai plus d'une fois appliquée la fobie
d'AnthèCy touchant la terre pour reprendre a la
fois courage et vigueur.
Nel romanzo, in altre parole, molte verità,
che in un libro di filosofia sarebbero aride e
infeconde, diventan cose vive: la gioia e il do-
lore; la rettitudine e la frode, la bontà e la
malizia, tutto ciò prende un'anima, riesce a
farci fremere, ad accenderci di sdegno o di
ammirazione.
Siamo nel mio salotto-studio. Sai che amo i
libri, e ne ho sempre un bel numero sparsi qua
e là. Entra un'amica.
— Hai qualche bel libro da imprestarmi,
qualche novità?
— Ecco, cara, scegli.
L'amica prende quasi avidamente i volumi
che le porgo, e, leggendo i titoli :
— Italiani? No....r piuttosto questi, fran-
cesi
— 205 —
Questa piccola scena, quando abitavo ancora
Torino, si ripeteva spesso^ poiché mi piaceva
questa specie di referendum tra signore. Su
cinque, quattro almeno preferivano i libri fran-
cesi; parlo sempre di novità, s'intende, e di
letteratura amena.
E perchè?
Intanto molte signore mi hanno risposto
questo:
« Nei romanzi italiani troppo spesso siamo
trasportati in un ambiente che non è il nostro,
e quando poi i romanzieri vogliono descrivere
le cose, i luoghi e le persone tra le quali noi
ci moviamo, quasi sempre (ci sono le ecce-
zioni, questo s'intende) notiamo che manca il
vero senso della signorilità. Il linguaggio non
è abbastanza schietto, fluido e immediato; dentro
quei libri non ci sentiamo vivere noi, proprio
noi, coi nostri difetti e i nostri pregi, i nostri
gusti, le nostre tendenze e il grande contrasto
delle nostre passioni. Ora, in generale, chi legge
ama ritrovare nel libro un po' di se stesso. Ciò
che più vivamente si chiede al romanziere
è che sappia strapparci il grande piccolo grido:
« Ecco, ecco ciò che mi stava chiuso nell'anima
e che non sapevo dire! »
Si è tanto chiacchierato contro il remanti-
— 206 —
cismo e per il verismo, ma il vero, nei nostri
scritti d'invenzione, com'è ancora raro! Fu detto
che i romantici mai non seppero far altro che
descrivere se stessi; ma il difetto loro stava in
questo : che di sé stessi dipingevano ciò che era
straordinario, stravagante, esorbitante ; che, del
resto, dal momento che la sola anima e la sola
vita che possiamo conoscere davvero, sino in
fondo, sono le nostre, io ti confesso che tutte le
mie simpatie artistiche vanno allo scrittore che
mi dà il libro nel quale egli stesso mi appare
schiettamente, come un amico che mi somiglia,
in ciò che ho di più vivo, di migliore.
Per me il prototipo dei romanzieri è Carlo
Dickens, nel David Copperfìeld. In lui, come nel
nostro Manzoni e anche in alcuni romanzi del
Fogazzaro, la fantasia è una forza potente, ma
non mai prepotente, essa è sempre penetrata
di ragione, cosi come la realtà è sempre pene-
trata di fede. Quale abisso tra lui e certi autori
pagani dei nostri tempi, nei quali autori Vio
smarrisce ogni senso di misura, e confida al
pubblico molti, troppi secreti intimi del suo or-
goglio, della sua vanità... Esseri febbricitanti,
che scrivono per esaltare sé stessi in una specie
di vertigine
Ma è inutile io mi dilunghi su questo punto.
Tu ami i buoni libri. Buoni dunque, e anche
— 207 —
non troppi. Guardati dal diventare una di quelle
lettrici che sfiorano moltissimi libri, senza assa-
porarne nessuno, e non domandano alla lettura
che un passatempo, una scossa emotiva.
Leggi bene, cioè adagio, pigliando appunti,
meditando, rendendoti ragione delle impressioni
che ricevi.
Certe donne si lasciano prendere da una
specie di avidità nella lettura, e nella confusione
dei molti volumi sfogliati finiscono più spesso
collo smarrire i concetti che col fissarli; finiscono
coll'essere assai meno rischiarate e fortificate,
dopo la lettura che prima: sentendosi il cuore
meno riposato, la mente più incerta I libri
che sono la nostra consolazione, la patria del
nostro spirito, non possono essere tanti; e ve
ne sono invece molti che possono avvelenare
le fonti migliori delle nostre forze.
A qualsiasi età, Mariola mia, quando ti av-
vedrai che un libro nuoce ai tuoi principii,
offende la tua purezza, tu dovrai chiuderlo
suiristante.
Un grande filosofo disse: un uomo è meno
superiore agli altri uomini per l'ingegno suo,
che per l'impiego ch'egli sa farne.
Ecco perchè nella letteratura dobbiamo cer-
care non solo il bello, ma anche il buono. La
— 208 —
meta di ogni spirito deve essere: sapere, per
maggiormente valere.
In generale, Mariola, qualsiasi libro in cui
direttamente o indirettamente non ti giunga
un soffio dal di là, è libro vano e facilmente
nocivo.
Leggevo ieri e ti trascrivo:
« Quattr'anni sono, in un giorno di prima-
« vera, all'uscire da una di quelle refezioni nelle
« quali il caro Theuriet usava riunire a Bourg-
« la-Reine intorno alla sua mensa ospitale alcuni
« collaboratori ed amici, noi andammo insieme
<< con Francesco Coppée, a traverso quei giar-
« dini imbalsamati, sotto la verzura novella,
« dare a Sully (che non poteva più uscire da
« Chàtenay) un affettuoso buon giorno.
« Quali fossero gli orrori delle sue sofferenze
« fisiche si potevan facilmente conoscere dalle
« espressioni di spasimo che passavano sul suo
« nobile volto, dalFagitarsi continuato del suo
« corpo infermo, dalle contrazioni dei suoi piedi,
« dalla lentezza della sua parola ansante. Ma,
« più del corpo, l'anima sembrava misera-
« bile. Per quanti sforzi noi si facesse per avviare
« la conversazione verso argomenti che altre
« volte lo attraevano, egli tornava continua-
— 209 —
< mente a parlare della morte e del di là dalla
€ morte.
« Diceva come si fosse riposato nella fede
« cristiana, come vi avesse trovato le più con-
< solanti promesse come se ne fosse allonta-
« nato un giorno, e come da quel giorno egli
« avesse errato sul cammino del dubbio, senza
« riuscire a incontrar più, in nessun luogo, una
« certezza che appagasse in ugual modo la sua
« immaginazione e la sua ragione.
€ Interrogava, stringeva, urgeva, volendo
« sapere se nel nostro cuore fosse la stessa
< ferita.
« E quando Francesco Coppée, che fino a quel
« momento, nel salotto senz'aria, s'era fatto uno
« studio di parlar gaio, per distrarre e sollevare
« Sully, diventato improvvisamente molto serio,
«rispose con affermazione convinta:
« — Io credo! — Egli, Sully, voltandosi con
« una specie di invidiosa ammirazione negli
« occhi, e sollevando le povere mani, disse
« soltanto:
« — Ah ! Coppée ! Se sapeste come siete
« felice! »
Sii dunque gelosa di questa felicità che hai
tu pure, figliuola mia, e non metterla in peri-
colo con letture cattive.
14 — L'intima aioia.
— 210 --
Ci sono uomini insigni che scelsero a maestri
della propria vita alcuni libri, dai quali non si
separarono mai, si fecero accompagnare a tra-
verso tutto il viaggio della vita. Abramo Lincoln
— Vonesto Àbramo, come fu chiamato — aveva
scelto a compagni così fatti : la « Bibbia » ; la
« Vita di Washington » e il « Cemento alla
Costituzione», dal che si potrebbe trarre esempio,
e arguire che abbiamo tutti bisogno di un libro
di fede, d'uno che ci rispecchi la vita di qualche
essere superiore, avente con noi speciale affi-
nità; e finalmente di un libro che sia come la
norma della nostra vita attiva e pratica . .
LETTEEA XIX.
Moviola a sua Madre.
Hai ragione, è un secolo che non
scrivo, ma ho le mie buone scuse.
Quante cose, quali avvenimenti tristi e lieti
sono seguiti! In parte già li sai dalla nonna...
quale ha sofferto assai di più del triste mu-
bmento avvenuto nella vita della zia Celine,
le non del lieto avvenuto in quella di Carmen.
Ora la zia Còline è qui con noi, pare un po'
ù tranquilla i ragazzi sono in collegio
a io mi domando mille volte al giorno 'perchè
lei due non sono più andati d'accordo, non
mno più potuto vivere insieme, hanno voluto
— 212 —
dividersi, disfare la loro casa, essi, che soL
pochi anni or sono si sposarono con tanta gioia
Io me ne ricordo, di quel tempo, ricordo
rallegramenti di tutti i parenti e gli amici, I
feste, le poesie pubblicate in quell'occasione d;
un compagno dello zio Marco, nelle quali era]
cantate le dolcezze che dovevano scaturire d
una unione come quella, in cui bellezza, gio
vinezza, intelligenza, tutto splendeva e promet
teva di splendere sempre di più. Pareva eh
per quei due sposi dovesse cominciare il paradis
in terra. E poi mi ricordo dei primi tempi, dop
il matrimonio, quando la zia Celine veniva
vederci e appariva così felice davvero.
— Marco mi adora ! — diceva tante volte.
Ora, fin dai primi giorni in cui ritornai i
quella casa un po' fredda della zia, dove
ragazzi erano cosi spesso soli, dove si sentiv
in mille modi che la padrona di casa abban
donava ogni cura ai servi, subito compresi eh
le cose non andavano bene. La nonna me n
parlava anche, si sfogava con me, ogni giorn
un po' di più, a misura che mi conoscev
meno bambina, più donna di quanto appariss
Molte volte poi, inaspettatamente, mentre era
vamo a colazione, a pranzo, giungeva la zi^
pallida, nervosa, cogli occhi lucenti, le palpebr
— 213 —
irrossate, e diceva con apparente disinvoltura,
lavanti ai domestici:
— Mamma, mi dai un po' di pranzo? Marco
iggi doveva assentarsi, e i ragazzi hanno già
nangiato colla honne.
Ma, come appena si rimaneva sole, la zia Celine
ncominciava a piangere, a lagnarsi, a narrare di
erti alterchi avvenuti con suo marito, per ragioni
he parevan futili, veramente: ora lo zio non
;veva voluto accompagnarla ad un concerto, ad
n ricevimento: altra volta egli aveva sgridato
roppo severamente i ragazzi, era stato impa-
iente, intollerante, collerico; aveva fatto nascere
na tragedia perchè ella aveva tardato a rinca-
are per l'ora del pranzo
Secondo Còline, Marco diventava impossibile,
isomma ! Sempre chiuso nel suo studio, non
eleva essere disturbato, si lagnava quando ella
iceveva; la questione delle spese poi diventava
3mpre più complicata: tutte quelle che voleva
ir lei erano inutili, solo quelle di lui erano
ivie ; e infine non era giunto a dirle, beffar-
amente, che la smettesse di farsi eleggere
residente di tanti comitati di beneficenza, che
icesse prima a lui il bene di starsene tran-
uilla in casa?
Io mi avvedevo che la nonna non disappro-
— 214 —
vava in tutto lo zio Marco; per conto mio, v
erano dei momenti, quando Celine piangeva, s
disperava, in cui propendevo per lei; ma se pò
giungeva lo zio Marco, all'insaputa di lei, egl
mi appariva un uomo così stanco, per il qual(
la famiglia era diventata un tal peso, il sogni
della pace domestica un tal disinganno, chi
provavo una gran pena anche per lui, e finiv*
col conchiudere che quei due erano proprii
disgraziati Disgraziatissima poi era la nonna
che badava a ripetere, a Celine, di diventar-
più savia, di rinunciare a quella vita un pc
vanitosa, un po' troppo agitata e dissipata; <
poi raccomandava al genero di non esser tant
rigido e severo, di trattare con maggior dol
cozza, di voler comprendere le esigenze de
tempi, della società in cui viviamo, e si per
suadesse che Celine in fondo era buona^ e gì
voleva bene e voleva bene ai suoi figliuoli...
Ma le cose, invece di accomodarsi, in quesi
ultimi tempi si arruffavano sempre di più
Quasi ogni giorno, dal telefono, la zia chiamavi
la nonna : « Vieni subito! Mi sento male ! Marc-
è stato terribile ! Non ho neanche più la forz;
di reggermi, di scendere le scale »
Ah ! quelle scampanellate del telefono com«
ci facevano sussultare, ormai. La nonna, pove
— 215 —
retta, che aveva ancora un po' d'influenza, un po'
di febbre tutte le sere, mi pregava di accompa-
gnarla; io l'aiutavo a vestirsi, a salire in car-
rozza, a fare le scale di quella triste casa. Credo
che non passerò mai più in via Assietta senza
provare uno stringimento di cuore, mamma !
Cominciavano a venirci incontro i ragazzi,
tutti pallidi e tremanti; poi entravamo nella
camera semi-buia della zia, dove un fatuo e
nauseante odore di etere mi soffocava, dove
Celine, buttata sul letto, coi capelli disciolti, il
volto esasperato, gli occhi minacciosi, singhioz-
zava, gemeva verso sua madre : « Questo è un
inferno, non ne posso più, portami via! ».
Quasi sempre era poi un gran chiasso per
nulla, sai ; guai che si sarebbero potuti evitare
con poca difficoltà, se da una parte e dall'altra
ci fosse stato un po' di tolleranza, di pazienza.
Ma incompatibilità d'idee, di tendenze, di
gusti, ecco il piccolo, terribile tarlo, che rovi-
nava tutto l'edifizio !
Il risultato fu che la. nonna, credo sovrat-
tutto per i ragazzi, i quali in quella casa della
discordia intristivano, si riprese la figliuola. I
ragazzi, come ti dissi, sono in collegio. Lo zio
Marco viaggia. La zia Celine, la cui salute era
molto scossa, ormai, dice che torna a respirare, e
pare realmente che si quoti, che stia meglio cosi.
— 216 —
Ma tutto ciò è triste, e mi rende pensosa .
Intanto Carmen, la nostra bionda, snella ed
elegante Carmen, s' è fidanzata, s' è sposata.
Appena due mesi è rimasta promessa.
« Non potreste aspettare un po' di più? anche
un anno, per aver campo a conoscervi bene?»,
domandava la nonna, ormai molto ostile alle
cose fatte in fretta
Ma tutti i parenti ridevano! Aspettarsi un
anno? perchè? Il matrimonio — dicevano — è
sempre una carta che si gioca. Tanto vale un
mese quanto un anno! Bel resto, colla diffi-
coltà che c'è oggi a trovar marito, Carmen poteva
stimarsi fortunata, fortunatissima. Sposava un
uomo per bene, con un bel nome, e molto ricco.
A lui non piaceva di fare il fidanzato a lungo!
Tanto meglio... le cose lunghe diventan serpi.
Dal giorno delle promesse, Carmen mi parve
fosse entrata in un turbine — visite, ricevimenti,
lunghe sedute dalle sarte, dalle modiste: ella
non poteva se non andare, andare
Il lunedì, giorno in cui stava in casa, nella
sua sala era un continuo andirivieni di signore
vecchie e giovani, che giungevano tutte col loro
piccolo ricordo, ed era un vocio continuato di :
«Mi rallegro!» « Come sei fortunata! » « Che bei
regali ! »
— 217 —
Tutte le vecchie signore anche tra loro ripe-
tevano:
« Carmen s'è dimostrata una ragazza di molto
buon senso ». « Sua madre l'ha educata molto
bene ».
Intanto Carmen aveva il suo daffare a mo-
strare le gioie, le trine, le pelliccio, il corredo,
che era stato esposto in camera sua
E sabato scorso ebbe luogo il gran matri-
monio.
Che bellezza, che sogno fiorito e luminoso
e armonioso era la chiesa degli Angeli Custodi !
Lo sposo era calmo e sorridente.
Carmen, tutta avvolta in una nuvola di veli
bianchi, pareva raggiante, camminava come chi
ha vinto qualche gran premio — non saprei
definire diversamente l'impressione che mi dava
— stringeva le mani degli uomini, baciava in
volto le signore che, all'uscir di chiesa, si assie-
pavano sul suo cammino.
Appena saliti nel coupé dai vivaci cavalli in-
fiorati di bianco agli orecchi, gli sposi partirono,
senz'aspettar nessuno. Le carrozze e le auto-
mobili che avrebbero portato i numerosi invi-
tati dXV Hotel d'Europe, dovevano giungere
qualche ora dopo, pel lunch, E giunsero, tutti
colmi di dame eleganti, festose, fiorite; in ogni
— 218 —
via di Torino quel giorno fu come una scia di
profumi e di splendori nuziali.
« Che idee eleganti ha lo sposo ! » — udii
esclamare da molte signore invitate.
E dopo la refezione, nelF arder bianco di
quella sala convertita in un vero boschetto di
azalee e di lillà candidi, raccolsi, tra la gente,
di questi discorsi:
« Lo sposo è conosciutissimo, a Torino, per i
suoi cavalli e le sue automobili.
«Che uomo è? serio?
« Pare di sì. Ha un castello nel Canavese, una
palazzina qui a Torino, e un train de maison
ben ordinato. E poi le sue sostanze non sono
di quelle che oggi possono esserci, e domani
non esserci più No, no, è un solido e buon
patrimonio
« Anche Carmen ha una dote discreta sì,
per questo è un matrimonio riuscito. Potranno
vivere comodamente, largamente... »
Io intanto guardavo Carmen, e pensavo, pen-
savo a tante cose che non saprei dire; e in
mezzo a tutte quelle risate, quei fiori, quella
gioia, mi sentivo piena di malinconia.
I giorni nei quali non sono turbata da pen-
sieri mesti diventano più rari, mamma!
— 219 —
Sono troppo impressionabile ? Forse troppo
esigente? Sogno qualcosa che non esiste?
Non sgridarmi, mamma; mi fa bene di dirti
tutto ciò che succede nell'anima mia ciò che
succede all'esterno forse non ha valore, se
non per la sua ripercussione appunto nel mio
cuore ?
Solo quando scrivo a te mi pare di pensare
davvero; e questo pensare con te mi prova
che vivo. Io ti vedo, tu mi ascolti, e rispondi
persino a quelle cose che si dicono con l'anima,
senza parlare
LETTERA XX.
Donna Cristiana Graneri a sua figlia.
Si, cara, io ti risponderò! Con tutta la mia
anima risponderò alla tua.
Hai vent'anni, hai un cuore molto vivo, una
mente molto desta, ti guardi d'attorno, e vedi
una donna che spezza, od almeno rallenta i
vincoli del matrimonio, già contratto con tanta
gioia: vedi un'altra donna che li accetta ridendo,
senza riflettere, come ebbra, solo perchè questi
vincoli sono dorati; vedi questa donna ammi-
rata, applaudita, invidiata, come se avesse rag-
giunta la vetta suprema della felicità, e tu allora
ti domandi:
« Ma è dunque una illusione tutto ciò che
io immaginavo? Illusioni, tutte le mie aspira-
zioni migliori?
— 222 -~
A questo punto, io non esito a dirti : Vieni,
Mariola, ascendiamo a claritate in claritatem,
io ti parlerò dell'amore,- di quello vero, di quello
buono e grande, del solo degno del nome.
Lo incontrerai tu nella vita?
Iddio solamente lo sa.
Ma non sarebbe giusto, potrebbe nuocerti il
lasciarti credere che sia una chimera ciò che
invece è un raggio divino.
Succede raramente, ma succede, che due
esseri capaci di amarsi fortemente e per sempre,
d'intendersi nel vero e nel bene, s'incontrino,
e possano unirsi. Ma tale incontro non può
avvenire se le vie non sono preparate in noi,
se il cuore non è generoso, e la mente non è
pura, se la vanità, la cupidigia, la menzogna
mondane non sono scacciate lontane, e odiate.
Molti non credono all'amore perchè non lo
conoscono, ossia non conoscono che il suo
simulacro.
Vi fu chi scrisse: « L'amore è la maggiore
delle frodi e delle tristezze: perchè esso è lo
sforzo supremo che l'uomo fa (invano) per isfug-
gire alla solitudine del suo essere interiore ».
Amare parole di chi non ha fede nella virtù.
Chi ne ha, non le proferirà mai: neanche
se non gli sarà stato concesso di conoscere
— 223 —
la rispondenza che avrebbe appagato per sempre
il suo cuore.
Ma, nell'amore, guai all'egoista. Chi cerca
l'amore per avere più piacere, più festosità,
più plauso, più vittorie nella vita, quegli, fin
da principio, è uno sfruttatore di quel nobile
sentimento.
L'amore non è sinonimo di felicità, nel senso
volgare che si dà alla felicità.
L'amore vero nasce e perdura nel cuore che
si sente spinto a sacrificarsi per chi ama, a
soffrire contraddizioni, traversie, lotte: a donare
tutto quanto esso di meglio possiede, a fare
del suo proprio soffio di vita un soffio più largo
e possente, entro il quale sollevare in alto
l'essere amato.
Dammi una donna casta e accesa in pari
tempo: laboriosa e paziente e perseverante nel
bene : pronta a camminare ogni giorno e ogni
ora lungo gli ardui sentieri della vita pratica,
ma non dimentica mai dell'infinito cielo azzurro
che le sta sopra : con un cuore aperto a tutte
le gioie e a tutti i dolori che palpitano intorno
a lei : con una volontà retta e ferma, ma con
una limpida coscienza del rispetto e della obbe-
dienza che deve al suo sposo; dammi final-
mente che tutte queste doti si rispecchino in
^ 224 —
un corpo cresciuto sano e libero, cresciuto
bello di quella bellezza che si dischiude nella
luce del vero e nel movimento della vita labo-
riosa, in un'aria moralmente e fisicamente pura.
Dall'altra parte, dammi un uomo che abbia
saputo conservare integre tutte le sue forze
affettive, volitive e intellettive, che abbia saputo
conservare sempre il dominio di sé stesso: e
senta fortemente di non doverlo smarrire mai
(egli che è un uomo !). Un uomo forte, ma in-
capace di abusare della sua forza : non autori-
tario per gusto e per capriccio, ma autorevole per
bontà e per esperienza : capace di farsi rispet-
tare, ma rispettoso a sua volta della donna
che gli fu affidata da Dio : un uomo non asse-
tato di pronti guadagni e di gloria, ma giusto
estimatore della pace famigliare : dammi una
donna e un uomo cosi, Marida, e poi dimmi
se, sposandosi, essi non dardeggieranno l'idea
più luminosa dell'amore. Tale incontro, tale
unione, è rara, è difficile ? Rarissima e diffici-
lissima, si, ma ripeto, non impossibile : e sempre
meno impossibile di mano in mano che l'uma-
nità diverrà più conscia dei suoi alti destini,
diverrà più perfettamente cristiana « una
umanità forte, pacifica e pura: in cui le madri
alle figlie, nate libere e cresciute virtuose; in
— 226 —
cui i poeti (perchè allora ci saranno vera-
mente poeti) sapranno indicare le vie della
bellezza, della verità e della luce ».
Un esempio di unione, un esempio luminoso
e indimenticabile, già lo diedero al mondo,
del resto, Roberto e Elisabetta Browning, due
sposi che, a contraddire i miscredenti della
poesia, furono veramente poeti.
Ma sinora quante unioni somigliano a questa?
Ahimè ! Sinora, in generale, Tuomo e la donna
si uniscono per mettere insieme più ricchezze
e più miserie! cioè, bramosia di piaceri, di
onori, di prevalenza in mezzo alla gente: di
piccine soddisfazioni e di materiali conquiste :
si uniscono cedendo spesso al calcolo positivo
e, qualche volta, agli impulsi, agli istinti della
passione, che forse scambiano per la voce del
cuore
E per questo vediamo tanti naufragi: o se
i naufragi non avvengono, vediamo nondimeno
tanti sposi che vanno insieme senza gioia, senza
coraggio, senza fede. Paiono viandanti esausti,
dal sorriso amaro e dallo sguardo spento : delusi
e disamorati di tutto. E vediamo, cosa forse
anche più dolorosa, vediamo i loro figliuoli
avanzarsi con volti simili a quelli dei genitori !
15 — L'intima gioia.
— 226 —
Questi giovani già son stanchi, già son mesti,
e non sanno perchè.
Ah ! ma noi lo sappiamo il perchè !
Perchè intorno a quei focolari, ove più non
arde nessuna fiamma, sparsi di. cenere, le ore
si seguono senza luce e senza speranza. Perchè
la discordia. Tira, l'odio sono giunti fino a quei
giovani, perchè essi ne han veduti i sinistri
bagliori sui volti stessi del padre, della madre,
e allora han sentito che s'appassivano, prima
che si schiudessero, i fiori più dolci della loro
primavera.
Triste spettacolo davvero, Marida : ma ap-
punto perchè esso è così triste noi dobbiamo
sorgere colla nostra fede, porgere un orecchio
vigile a questo gran suono di dolore, indagare
con occhio fermo e pietoso la grande piaga
che si spande.
La società soffre e deperisce, perchè la fa-
miglia è malata, è anemica, è soffocata dalla
vanità e dall'egoismo.
L'amore, al quale ti esorto a credere, deve
avere le sue radici nell'anima. È lo scetticismo
che spoglia l'amore d'ogni sua forza e bellezza.
Lo scetticismo costringe la umanità a tenere
continuamente gli occhi rivolti a terra, la fa
crescere ricercatrice solo e sempre del piacere
— 227 -^
materiale. Senza la fede, senza la virtù, colla
sola misura del piacere per valutare la vita,
Siam forzati di riconoscere che Tamore vai
poco dal momento che l'amore non è, e non
può essere, se non dedizione, rinuncia personale.
Non c'è via di mezzo: o l'uomo respinge
da sé l'amore, per abbandonarsi ai soli istinti
del piacere, o l'uomo, accettando l'amore, ac-
cetta il sacrifizio, e accettando il sacrifizio crede
alla virtù, al perfezionamento della vita, alla
sua perfezione completa nella luce imperitura
che sta oltre la vita terrena : crede che l'amore
ha un orizzonte infinito, ha speranze immortali.
Ma, insisto su questo punto, se dalla mia
fede nell'amore tu venissi alla conclusione che
quando due esseri virtuosi e intelligenti, avendo
avuto la fortuna d'incontrarsi e d'intendersi
e la possibilità di sposarsi, perchè uniti, entrino
nella regione delle delizie perpetue, sbaglieresti.
Questa vita fugace è l'occasione unica che noi
abbiamo per meritarci la vita eterna, questa vita
non può dunque essere un viaggio di piacere per
nessuno. Anzi, il matrimonio crea maggiori
difficoltà, maggiori doveri, rende spesso più
scabrosa la via per giungere alla meta finale.
Crea maggior possibilità di soffrire. Chi ama
15* — L'intima gioia.
— 228 —
fortemente diventa più sensibile a qualsiasi
dolore, ma sovrattutto diventa sensibile al dolore
dell'essere amato. Ecco una fonte inesauribile
di ansietà, di ambascie e di lagrime.
Ma che importa? Siam qui per servire a
qualcosa, per dare tutte le nostre forze a
qualche nobile causa, e nulla v'ha di più nobile
che affrontare la battaglia per chi amiamo e
con chi amiamo.
Battaglie nascono spesso nel seno della fa-
miglia, non giova negarlo, né dissimularlo.
Le cure quotidiane, le preoccupazioni d'ogni
genere che pesano su chi è a capo d'una fa-
miglia, le improvvise rivincite che nei migliori
degli esseri pigliano, mille volte al giorno,
gl'impulsi dell'orgoglio, dell'egoismo: quello
strano, inspiegabile, ma invincibile antagonismo
che sorge talvolta tra l'uomo e la donna : e poi,
dal di fuori, le mille opposizioni e contrarietà,
le deficienze di danaro, le imposizioni che ci fa
subire la società in cui viviamo, le numerose
tentazioni del lusso : finalmente le malattie, le
stanchezze della vita, tutto ciò che nella vita
è tedioso, è volgare, è triste: ecco, Marida,
molti argomenti di contrasto nella famiglia :
e, a sormontarli, a vincerli, non tanto giova
ciò che possono insegnarci gli altri, quanto
— 229 —
riova quella facoltà benedetta che è Tintui-
;ione d'amore.
Né basta non cercare soltanto nell'amore
a propria emozione, la dolcezza di essere amati,
liutati e protetti, bisogna che Tamore purifichi
)gni pensiero, che metta nel cuore lo sdegno
entro ogni debolezza, lo prepari ad una vita
uperiore, lo muova al bene, lo accenda al
rrande.
Alteramente io ti parlo di quest'amore, o mia
dianola.
Ecco un ricordo che io conservo nel mio
ìuore, reso più prezioso dall'aroma di molte
agrime.
Il giorno nel quale tuo padre mi tornò a casa,
convinto di essere un infermo per tutta la
dta eran tre mesi che non lo vedevo : egli
tveva, dapprima, voluto viaggiare da solo, udire
la solo la sentenza dei dottori.
Pareva invecchiato di molti anni, pareva
he sul volto smorto e scarno i fili dei nervi gli
A contraessero nel dolore. Egli che ajnava
;anto la vita, e della vita tutto ciò che è movi-
nento, arditezza, gioventù, egli doveva dunque
'inunciare per sempre ad ogni attività virile,
loveva entrare nel buio e nel silenzio d'una
amera d'infermo?
— 230 —
Oh ! Con quanta tenerezza nuova,
più forte, più ansiosa, più reverente, io me lo
strinsi allora sul cuore! E mi parve di stringere
fra le mie braccia un essere ancora tutto fre-
mente del fragore delle armi, lasciate cadere
al suolo!
Ciò che egli soffrì, Iddio e tua madre soltanto
lo seppero.
Ma se quel momento di dolore fu sublime
di soavità, nella intesa profonda dei nostri
due cuori, più tardi, quando ci ritirammo
quassù, e per lui sorsero le preoccupazioni con-
tinuate della sua salute, le privazioni imposte
dalla igiene, le umiliazioni che gli uomini sof-
frono in particolar modo nel doversi riconoscere
stanchi e deboli e sorsero per me tutte le
piccole torture delle strettezze pecuniarie, e
anche sorse la novità di vedere quella indole
già così serena alle prese colla malinconia,
l'irritazione, allora, Marida, cominciò vera-
mente la prova del nostro amore. Fu qui, tra
queste battaglie quotidiane, che esso prese una
luce pacata ed augusta. Noi ci amammo di più
e meglio^ dopo di aver fatto insieme il viaggio
nell'interno della vita. Colla esperienza, col
dolore, col lavoro, e colla pazienza, si fortificò
il nostro amore.
— 231 —
Venne anche il giorno in cui io ebbi la gioia
di schiudere a tuo padre un nuovo orizzonte.
Dissi a me stessa: « Curarlo, usargli dolcezza
io devo; ma questo non basta! Non basta ch'io
muova vigile e destra intorno a lui, che gli
rischiari la stanza solitaria: un compito ben più
alto mi spetta. Io devo mantenere in equilibrio
le sue forze; nell'urto delle difficoltà materiali,
negli ostacoli che il male accumula sul suo
cammino, io devo esser valorosa anche per lui.
Egli deve comprendere, a traverso il mio amore,
che nulla di buono si compie quaggiù senza
dolore e senza lotte, che nessuna energia del
cuore e della mente può andar perduta. Devo
amarlo, intenderlo e compatirlo senza smar-
rirmi in lui, nondimeno. Guai se ciò avvenisse.
Egli non avrebbe più in me una compagna di
viaggio solerte e intelligente, ma un peso. No,
no! I miei occhi devono volgersi non solo dove
egli guarda, ma qualche volta più in alto. Cioè
io devo essere, in pari tempo, donna pratica e
spirito libero; più poetico, più religioso, più saldo
nella fede, a misura che le difficoltà d'ogni
natura aumentano ».
Amandolo cosi, consacrandomi a lui, io ti
amai di più, o mia bambina cara, e potei anche
— 232 —
meglio consacrarmi a te. Fu in quel tempo che
rimasi colpita dalla bellezza di queste parole:
« Donna che non convive coi figli suoi, che da
loro non attinge la vita che infuse in essi, non
vivo.
Più volte già te lo dissi, Mariola, la vita non
solo reca grandi dolori che atterrano : ma reca
ancora, ogni momento, mille picele fitte che
logorano.
La vita conturba, la vita stanca e avvilisce,
lo riconobbero anche i Santi! Ebbene, cara,
quando tu fiorivi bambina così lieta nella nostra
casa silenziosa, in qualsiasi momento di turba-
mento, di dubbio, di tristezza, io mi rivolgessi
a te, non ricordo di aver cercata la luce pura
dei tuoi occhi infantili, la limpidezza del tuo
volto, il cristallino e vivace scrosciare del tuo
riso, senz'avervi trovato un ristoro immediato.
Cessava l'uggia, cessava la pena; l'anima mia
si riaccendeva, si sentiva pronta a tutto, piena
d'amore, di gioia, e di vita.
Ma se il bambino è l'anello luminoso che
ricongiunge l'umanità all'innocenza primitiva,
è un dono quasi di Paradiso che Iddio fa ai
genitori, la missione loro non sempre è cosi
dolce, cosi alata, coll'andar del tempo. Essa ha
poi i suoi periodi scabrosi.
— 233 —
I bambini crescono, vanno soggetti a molte
malattie, esposti a molti pericoli; diventano
esseri che destano gravi apprensioni, esseri nei
quali si sviluppano qualità cattive, frammiste
alle buone. Bisogna educarli, e, per educarli,
bisogna sacrificarsi a loro, per loro rinunciare
a mille nostri gusti, a mille nostre tendenze
individuali.
Insomma, la famiglia, anche quando sia fon-
data sull'amore, crea doveri molteplici e diffi-
cili da compiere ; per compierli bisogna essere
forti nella gioia come nel dolore, puri nella
prosperità come nell'avversità; attendere co-
scienziosamente a perfezionarsi; proseguire per
la nostra via, anche quando essa si fa più fati-
cosa, proseguire col desiderio, il proposito fermo,
di dare un significato sempre più chiaro ed
intenso alla nostra vita.
La famiglia ha un grande ufficio nella società:
tutelare, accrescere le forze umane, forzare la
natura a dare il suo meglio. Ogni grande amore
è creatore; ogni famiglia, nel seno dell'amore
e della pace, dovrebbe creare energie buone;
in lei ogni suo membro dovrebbe trovare le
armi meglio temprate e più valide per afi*ron-
tare la vita.
Allora, allora soltanto si potrebbe giungere
— 234 —
a conoscere la gioia ormai tu m'intendi, io
parlo di quella gioia che è sinonimo di azione
e di perfezionamento; più l'uomo si evolve, più
aggiunge forza a sé stesso, e più la sua gioia
diventa reale; egli attrae a sé la vita e la
proclama al di fuori.
The Ufe's Joy is doing — disse W. Shake-
speare; cioè: « La gioia della vita è l'operare »,
Operare il bene più vastamente e generosa-
mente possibile; operarlo, obbedendo alla legge
interiore che Iddio ha posto in ognuno di noi,
cioè secondo le nostre forze, le nostre attitudini
migliori, le nostre ispirazioni; cioè con tutta la
nostra anima libera, poiché libertà altro non
vuol dire se non ubbidire appunto a quella legge
interiore.
E solo chi è libero così, opera nella intima
gioia dell'esser suo.
Prezzo Lire SE
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Connecticut
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